Mentre scriviamo sta per avere inizio al Cairo la manifestazione di protesta indetta per protestare contro la violenta repressione dei tumulti scoppiati nei giorni scorsi, i quali hanno avuto ancora una volta come epicentro piazza Tahrir a Mohammed Mahmoud Street, a ridosso del Ministero degli interni. Fonti ufficiali parlano di 20 manifestanti uccisi dalla polizia (sostenuta dalle squadracce mubarakiane) e 425 feriti. Fonti diverse parlano di 40 morti e di circa duemila feriti. Quello che è accaduto dopo venerdì è stata una vera sollevazione popolare, la cui forza motrice sono stati in larga parte i giovani. Manifestazioni ci sono state sabato e domenica anche ad Alessandria, Suez e Assuan e nelle più grandi città egiziane.

L’obbiettivo dichiarato dei manifestanti sono le dimissioni del governo fantoccio di Essam Sharaf, un paravento dei militari, che in effetti detengono tutte le leve del potere e manovrano il processo elettorale, in combutta con i vecchi notabili. Lunedì 28 novembre dovrebbe infatti svolgersi la prima delle tre tornate elettorali previste, che tutti temono saranno manipolate dall’Esercito e dal Supremo Consiglio delle Forze Armate (SCFA) militare che sta guidando la “transizione” verso la democrazia. Democrazia e libertà, passaggio dei poteri ai civili, garanzie certe sulla correttezza del processo elettorale (il rischio di brogli è altissimo), è infatti quanto chiedevano i manifestanti nei giorni scorsi, attaccati pesantemente dalla polizia malgrado il carattere pacifico delle proteste. Il vero obbiettivo dei dimostranti è quindi il Generale Tantawi, capo dell’esercito e garante per gli americani (e per i sionisti israeliani) per cui nulla di sostanziale debba cambiare in questo paese, anzitutto il suo posizionamento geopolitico filo-occidentale. La gente ieri (lunedì), dopo aver ripreso Piazza Tahrir, affermava che nessuno avrebbe mollato fino a quando Tantawi non se ne fosse andato.

In questi mesi gli uomini in divisa hanno esercitato il potere, anche in forme sfrontate, prendendo decisioni decisive, adottando decreti e chiedendo al governo di porre un formale sigillo. Hanno ad esempio deciso che il 40% dei cento membri della “Commissione costituzionale” sarà scelto fra i deputati eletti, mentre tutti gli altri saranno scelti da Tantawi, che, ricordiamolo, è stato Ministro della Deifesa per ben vent’anni. Uomo di assoluta fiducia di Mubarak, degli americani e dei sionisti. Da sottolineare infine che non è stata mantenuta la promessa di portare alla sbarra gli ufficiali e i poliziotti responsabili dei massacri del gennaio scorso.

Non c’erano solo militanti e simpatizzanti di sinistra a battersi per le strade. C’erano anche nazionalisti, nasseriani, borghesi-liberali, cristiani copti e anche tanti musulmani. La Fratellanza (Partito della Libertà e della Giustizia) aveva infatti aderito alla prima manifestazione di venerdì scorso, per poi chiedere ai suoi militanti di restare a casa una volta scoppiati gli incidenti e nelle giornate di sabato e domenica.

La manifestazione di oggi è stata indetta da una ampia coalizione di forze che raggruppa circa 35 tra movimenti, associazioni e partiti laici democratici, ma ha aderito anche il Fronte dei musulmani salafiti, che contrariamente alla Fratellanza, non sostiene in alcun modo la Giunta militare. Quella in corso è stata chiamata dai promotori la manifestazione del milione. Ci auguriamo che siano tantissimi. Gli osservatori fanno notare che ciò è possibile perché vi parteciperanno molto musulmani che pur essendo vicini alla Fratellanza, non ubbidiranno ai loro dirigenti. Il segretario generale della Fratellanza, Saad al-Katany ha infatti rifiutato di aderire alla manifestazione di oggi, accettando la richiesta dei militari, di avviare un tavolo per il dialogo e la riconciliazione.

Mentre scriviamo si vocifera che la Giunta militare avrebbe accettato le dimissioni del primo ministro attuale Sharaf per dare l’incarico a formare il nuovo governo a el-Baradei, una figura ben vista dalle opposizioni laiche, nazionaliste e di sinistra che sono il motore della protesta. Il classico tentativo di mettere un fantoccio gradito alla folla per evitare il peggio. Staremo a vedere.