«Eccocelo qua il vero figlio spirituale della illustre concittadina Fallaci Oriana, quella cui vogliono dedicare una via»

La giornata nera di Santa Lucia nel commento di un fiorentino

Da piazza Dalmazia ci passo una volta al giorno, come tutti i fiorentini. Al mercato di San Lorenzo ci ero sabato scorso a comprarmi una camicia a poco prezzo. San Lorenzo, quello del degrado, dell’insihurezza e degli abusivi; quello dei quadrilateri della paura tanto amati dalla Nazione, da Repubblica e dall’altra carta da culo quotidiana di questa città. Leggo qua e là, altrove, che non bisognerebbe “cavalcare l’episodio di cronaca” e altre cose del genere, ma questo non è un “episodio di cronaca”.

Quello che è successo oggi a Firenze è il risultato perfetto di anni e anni di odio, di razzismo, di gruzzoletti e di carriere guadagnati attizzando in tutti i modi possibili gli istinti più bassi e più beceri e più stupidi della cosiddetta gente. E’ il risultato dei “reportages”, dei “comitati dei cittadini”, delle leghe, delle fiaccolate, delle legalità e di quant’altro. Eccocelo qua, finalmente, il nostro Breivik: Gianluca Casseri, da Pistoia, “tipo solitario”, fascista simpatizzante di Casapound, descritto come “intellettuale”; eccocelo qua il vero figlio spirituale della illustre concittadina Fallaci Oriana, quella cui vogliono dedicare una via.

Eccome che ci cavalco sopra, in piena coscienza e ancor più piena rabbia. Senza nessuna remora. Senza nessun ripensamento. In questi frangenti, “cavalcare” dev’essere ricondotto ad una funzione assai elementare: quella di salvare delle vite umane. Nulla mi convince che non ce ne siano pronti molti altri, di Breivik o di Casseri. Sono stati nutriti, ingrassati di odio razziale, blanditi; è stata data loro voce. E’ stato permesso divulgare ogni giorno tonnellate di menzogne e di veleni. Sono stati costruiti facilissimi consensi con le ordinanze, con i sindaci e gli assessori sceriffi, con gli sgomberi. Il Casseri da Pistoia, i’ Breivìcche, ha sublimato tutto questo.

Ora ci stiamo accorgendo a cosa siamo arrivati; a uno che, una mattina vicino a Natale, con tutti gli addobbi, impugna un’arma e compie un raid di morte, a casaccio. Ammazza e ferisce persone per il solo fatto che sono di un altro colore. Ci piaceva tanto pensare che fossero cose lontane, ci piaceva pensare al Ku-Klux-Klan; e invece ora abbiamo un cammino diritto che ci lega all’isola di Utøya. Contenti? Soddisfatti? Probabilmente parecchi lo saranno pure. Non rimarrei esterrefatto se qualcuno, stasera, davanti alla pastasciutta e alla televisione giustificasse il Casseri, e forse addirittura gli alzasse un bicchiere; e non importa certo che sia un adepto dello Stormfront, un nazista, e nemmeno un simpatizzante di Casapound.

Tempo fa ero su un autobus strapieno. C’era la Coop di quartiere chiusa, e la direzione aveva organizzato una navetta per il supermercato aperto più vicino. Nei pressi di quest’ultimo passò una ragazza rom con in braccio un bambino piccolo; stava semplicemente camminando per una strada. Come la videro, alcuni bravi passeggeri, ometti, signore anziane, non si peritarono nemmeno un attimo di invitare l’autista dell’autobus, a voce alta, di schiacciare madre e figlio. “Passa a diritto sulla zìngara!”; e giù risate. Tra di loro e il Casseri c’è una sola differenza, almeno finora: il Casseri ha preso la pistola e ha sparato. Ha individuato i nemici della razza. Quelli che rubano il lavoro, perché tutti noi – è notorio – andremmo a vendere stracci nei mercatini. Ha dietro di sé un retroterra ben preciso.

E’ quindi necessario “cavalcare”, e farlo in modo deciso. Tirarsi indietro in nome di chissà quale correttezza, nascondersi dietro i soliti stupidi non bisogna generalizzare, ora come ora è da soavi vigliacchetti da quattro soldi. Così come lo è dedicarsi alle solite “analisi”, alle originalità, agli sdegnosi silenzi, al parlare ostentatamente d’altro. Torino pochi giorni fa, Firenze oggi; ripeto, questa non è più “cronaca”; questa è la quotidianità di ciò che è stato fatto diventare questo paese.

Non è “follia”, come peraltro verrà certamente presentata perché il “pazzo” rassicura. Breivik non è pazzo. Il Casseri non è pazzo. Sono persone che sono passate conseguentemente all’azione. Sono persone che hanno ricevuto tutti gli strumenti, teorici e pratici, per passarvi. Ed è inutile che, ad esempio, i signorini di Casapound si scherniscano dichiarando di non essere soliti chiedere a nessuno il certificato di sanità mentale. Prima di tutto perché un simile “certificato” non esiste, e poi perché sono tra quelli – assieme a tanti altri – che forniscono tutto l’humus richiesto.

E’ una giornata nera questa Santa Lucia, per Firenze. Nera in tutti i sensi. Nera la pelle delle vittime innocenti del primo raid razzista pianificato e portato a termine con lucidità. Nero il suo autore. E nera la coscienza di tutti, nessuno escluso. Nera quella di chi è precipitato nell’odio razziale anche conversando al bar o dal pizzicagnolo. Nera quella di chi ha fomentato tutto questo. Nera quella di chi ha lasciato perdere, per motivi che vanno dal “quieto vivere” all’opportunismo, dal voltarsi dall’altra parte al sostegno più o meno aperto. E nera anche quella di chi non si è opposto abbastanza, preferendo magari gettarsi in sterili “discussioni”, in “dibattiti”, in sofismi tanto “documentati” o “argomentati”. Nerissima quella dei “io non sono razzista, però…”

E’ il momento di dire basta, perché i Breivik e i Casseri non indietreggiano; sono pronti a tutto. Anche a spararti se ti metti nel mezzo, come è successo stamani all’edicolante di Piazza Dalmazia: “fossi in te ci penserei“, o qualcosa del genere, gli ha detto puntandogli addosso la pistola. Da oggi, da subito, cominciamo a smantellare tutto questo. Non permettiamo più che prosperi, ma per non permetterlo non si può più invocare pace e bene; per queste cose abbiamo perso definitivamente il treno, consentendo che diventassero soltanto un comodo rifugio per tenersi al riparo con la coscienza pulita. Non sono tempi gentili, e non si può essere gentili. Bisogna segare alle gambe questa gente, e segarla definitivamente. Non si può più sottostare ai fabbricanti di Breivik, di ragazzotti torinesi e di Casseri, perché questi bruciano e ammazzano in mezzo a tutti noi. E basta anche dare la colpa alla “crisi”, perché non c’entra un cazzo di niente; quei ragazzi che muoiono nei nostri mercatini vengono da paesi dove non c’è nemmeno da mangiare, generalmente.

Altrimenti, non c’è che da aspettare il prossimo Casseri Gianluca, da Pistoia. Figlio dell’odio, della paura fabbricata in serie, del capitalismo, del lezzume politicante e giornalistico, e dell’indifferenza. Attenti a andare al bar e a commentare, magari, con un “sì, era pazzo, però…”; ne potrebbe entrare un altro, mentre si reca al mercatino dietro casa a ripulire il mondo dai nemici che gli hanno offerto per il loro lurido gioco. E non venitemi a dire, ora, che li “piangete”, quei ragazzi senegalesi senza nome; non li “piangete” affatto come non avreste pianto gli zingari di Torino, se il raid fosse andato davvero a buon fine: “Ma ci sono bambini! E che importa…bruciamo anche loro!“.

Il Casseri, fascista di merda, il nome ce l’ha avuto immediatamente. I nomi di chi l’ha prodotto li sappiamo benissimo. Le sedi di Casapound sono state aperte coi soldi pubblici, magari di quegli stessi Comuni che smantellano i servizi essenziali. Nel frattempo, i giornaletti schifosi e servili continuano a chiamare quei ragazzi vu’ cumprà, a questo punto potrebbero chiamarli tranquillamente vu’ crepà. E le “forze dell’ordine” che fanno? Non vanno mica a perquisire le tane di quei ratti, caricano il corteo dei senegalesi disperati e furenti. E il “prefetto”, cosa fa? Se la prende coi “centri sociali che fomentano“. Capito? Già annuncia l’ennesima stretta repressiva. E la magistratura? Manda a processo delle persone accusandole di avere fatto fare a una sede di Casapound la fine che merita. Fatto successo alcun tempo fa, e a Pistoia. La città d’i’ Breivìcche. Tout se tient.

 

da http://ekbloggethi.blogspot.com/