Verso l’assemblea del 4-5 febbraio

«Per piacere, cancellatemi dalla vostra mailing-list. Credo che in un paese con circa quaranta partiti alle precedenti politiche, l’ultima cosa di cui si sente bisogno è un nuovo partito (o movimento, come più vi aggrada). Auguri. Antonio C.»

Il messaggio secco e perentorio di cui sopra, esprime bene il pessimismo generale verso la possibilità di cambiare alle radici il nostro paese e quindi di aperta ostilità verso la militanza politica. Non è nuovo, questo scoramento. Esso segue sempre una disfatta delle forze antagoniste.
L’effetto euforico per la defenestrazione di Berlusconi, come ci aspettavamo, è già svanito, poiché ognuno sa che l’ascesa di Monti non è una vittoria ma l’ennesima sconfitta. L’effetto primario che quest’ascesa ha prodotto è così un rafforzamento della corrente del pessimismo, un ulteriore fuga dall’impegno.

A noi non piace affatto andare “contro corrente”, nel caso, non lo facciamo nè per gusto, nè per ambizione personale, lo facciamo solo perché convinti della necessità storica di impegnarci in prima persona in questa difficile fase politica e perché sempre più che mai determinati nel dare seguito a quanto promesso: il 4 e 5 febbraio ci troveremo a Chianciano Terme per dare vita al Movimento Popolare di Liberazione.

La gran parte di noi viene dalla diaspora della sinistra. Chi in un partito politico, chi in un movimento sociale, tutti abbiamo speso anni, alcuni di noi decenni della loro vita, mossi dall’ideale di liberarci dal capitalismo e di gettare le fondamenta di una nuova società socialista. E questo lo abbiamo fatto a partire dagli anni 60′ e ’70, periodo in cui il sistema appariva solido, l’economia bene o male tirava, e la classe dominante, anzi i suoi settori peggiori, godevano di un consenso popolare senza precedenti.

Si è trattato di una lunga lotta di resistenza, spesso anche contro le sinistre istituzionali, i cui gruppi dirigenti, travolti dall’irrefrenabile smania di protagonismo, di celebrità e di potere, hanno fatto da apripista, tappa dopo tappa, al peggio che è venuto. Non siamo tra coloro che pensano che la “colpa” era tutta dei “dirigenti cattivi” mentre “la base era buona”. Questa era solo un’illusione consolatoria per non prendere atto di due fenomeni, paralleli ma distinti: che il marciume era generale, in alto e in basso, e che il vecchio movimento operaio, in ogni sua variante, aveva fallito, accettando supinamente il sistema consumistico proposto dal capitalismo anche nella sua versione globalizzata.

Ma è giunta la crisi storico-sistemica del capitalismo, frutto di condizioni e meccanismi oggettivi che non lasciano scampo, nemmeno alle classi dominanti. C’era chi si aspettava che questa crisi avrebbe automaticamente risvegliato “le masse” e spinto i “compagni” a farla finita coi piagnistei e a gettarsi di nuovo nella mischia. Non è stato così.

Gli stessi lampi del 14 dicembre 2010 e del 15 ottobre 2011 non hanno apparentemente sedimentato nulla, non sembrano essere capaci di invertire la rotta, nonostante la grande vittoria referendaria dei movimento dell’acqua e quelle di resistenza sociale sui beni primari e contro le grandi opere. Così, mentre il regime capitalistico, italiano in primis, barcolla, le forze di alternativa non sono mai state così deboli e smarrite. Siamo quindi dentro una situazione nuova e pericolosa: la crisi doppia e parallela di chi sta sopra e di chi sta sotto. Crisi doppia dalla quale, se non invertiamo la rotta, potremmo uscirne, dopo lunghi tormenti, con una svolta reazionaria radicale di cui a farne le spese saranno ancora una volta coloro che vivono del proprio lavoro.

«E voi vi mettete a fare un altro partito?»
Sì, noi ci mettiamo a fare un altro “partito”!

E sapete perché? Per cinque ragioni fondamentali.
La prima: per la prima volta dopo il periodo succeduto alla prima guerra mondiale, non solo il sistema capitalistico collassa su se stesso, ma si apre una fase di mutamenti profondi, epocali, che rimettono all’ordine del giorno la possibilità di edificare una nuova società socialista.
La seconda: la crisi sistemica, per le drammatiche conseguenze sociali che produrrà, metterà comunque in moto larghe masse, spingendole all’azione, liberando così immense forze di cambiamento.
La terza: i sentimenti di scoramento a sinistra saranno spazzati via, non solo i sentimenti, forse saranno spazzati via i portatori stessi del virus funereo che tutti paralizza. Il che è un gran bene.
La quarta, perdonateci la presunzione: pensiamo di avere le idee chiare, una piattaforma per uscire dal marasma. Non stiamo parlando di questa o quella base ideologica o identitaria. Stiamo parlando delle misure politiche, economiche e sociali per salvare (come minimo) il nostro paese dall’ecatombe in cui è destinato a precipitare se non avremo un cambio di sistema. (vedi il nostro Manifesto).
La quinta ragione è che le idee forti non bastano. Ci vuole un’organizzazione per portarle avanti. Senza organizzazione non siamo niente, solo atomi impazziti, senza memoria, che vagano nel cosmo della politica, proprio come ci vuole il sistema.

Per questo, adesso. Perché in verità, questa volta, non siamo noi ad andare contro corrente, ma coloro i quali se ne stanno ancora rinchiusi nei contenitori vuoti della sinistra o, peggio ancora, coloro che mentre tutto il mondo viene giù si piangono addosso davanti allo specchio della loro anima morta. Mentre l’ecosistema va ramengo, le fabbriche chiudono, i lavoratori si suicidano e il paese va verso la rovina economica, sociale e culturale.

Dunque: sì, proprio adesso!

Leggi la bozza di manifesto del MPL

L’assemblea costituente del MPL si svolgerà a Chianciano Terme, presso il Grande albergo le Fonti. Viale della libertà 523. Per chi vuole pernottare e usufruire dei pasti — costo della pensione completa dalla cena del sabato al pranzo della domenica: € 40,00. € 48,00 in camera singola. Si raccomanda la prenotazione, inviando una mail a:
movimentopopolarediliberazione@gmail.com, con la dizione «Prenotazione».
E’ ovviamente possibile partecipare all’ASSEMBLEA NAZIONALE sia per chi voglia arrangiarsi per fatti suoi, che per i pendolari.

da Sollevazione