Brevi considerazioni sparse sulla deriva di un continente
Oggi, 20 gennaio, avrebbe dovuto essere la giornata dell’incontro romano tra Monti, Merkel e Sarkozy. Dopo tanti vertici inutili, un vertice annullato. Sul perché della cancellazione si sa solo che è stata richiesta dall’Eliseo.
Strana questa Europa. Nata a 6, cresciuta a 9, poi a 15, fino ad arrivare a 27. Per Prodi, un pensionato di lusso dell’UE che qualcuno vorrebbe come presidente della repubblica, sarebbe dovuta arrivare a Vladivostock… E invece ora, nel momento della verità, si è ridotta a 3, con l’Italia del professor Quisling cooptata non per il suo peso ma per i suoi debiti… Ma anche i 3 procedono in ordine sparso.
Si è parlato, nei mesi scorsi, di un asse carolingio Parigi-Berlino. Esiste ancora questo asse? Vediamo: «L’egoismo dei tedeschi è criminale» (20 luglio); «Ai tedeschi interessa solo difendere i loro interessi» (16 novembre); «La Merkel ci crea un gran caos in Europa. Tutto diventa complicato. Ci fa andare di corsa verso la catastrofe» (30 novembre).
A chi appartiene questo europeissimo fraseggio? Secondo il ben informato Le Canard Enchainé, le amichevoli dichiarazioni rivolte alla Germania sono uscite – ovviamente in privato – dalla bocca, meglio dal becco, del galletto francese che sa solo guardare alla sua (improbabilissima) rielezione alla presidenza.
Già, le elezioni. Se Parigi deve mostrare in qualche modo i muscoli, specie dopo la perdita della tripla A, a Berlino guardano alle politiche del 2013 badando bene a non dar segni di cedimento su quelli che sono (o almeno sembrano) gli interessi nazionali.
E’ questa l’Europa reale, disvelata dalla crisi finanziaria e dai possibili crack dei debiti pubblici. Ecco, allora, che il signor Wolfgang Franz, principale consigliere economico della Merkel, dice semplicemente che «l’Italia può farcela da sola», suscitando la piccata reazione del governo italiano che precisa di non aver chiesto niente alla Germania.
Ora, lasciando da parte l’ipocrisia tedesca e la menzogna italiana, la questione è questa: se l’Italia può (meglio deve) fare da sola (e così pure la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e magari perfino la Grecia) a cosa serve l’Europa? E se tutto va ben Madama la Marchesa, perché agitarsi tanto?
La verità è che la situazione si sta aggravando. Non lo diciamo noi, così spesso etichettati come catastrofisti. Lo dice espressamente Mario Draghi, mai come in questa occasione bellamente ignorato da politicanti e scribacchini di ogni colore. In Italia poi, dopo aver consumato quantità industriali di inchiostro per convincere sulla bontà dell’Europa e dei suoi massimi dirigenti, il pensiero unico europeista non sa più che pesci prendere.
Ma qual è la natura delle tensioni, meglio degli incomponibili interessi, che paralizzano i vertici dell’UE? Qualcuno, a sinistra – e, quel che è peggio, anche in tempi recentissimi – ha continuato ad immaginare una sorta di disegno imperiale della Germania. Una specie di rivincita sulla Seconda Guerra Mondiale, come se la sconfitta sotto le bombe fosse stata rovesciata con la vittoria a suon di esportazioni targate euro. Un progetto che si completerebbe con il folle disegno di edificare un’Europa a propria immagine e somiglianza, non più attraverso il credo in un’ideologia razzista, bensì con la semplice imposizione di rigide regole di bilancio made in Germany.
Questa visione delle cose, tanto facile da far passare nell’immaginario collettivo grazie alla forza evocativa dei famosi ricorsi storici, è però completamente infondata. Non grandi strateghi abbiamo di fronte, quanto piuttosto miseri ragionieri di quart’ordine. Se la Germania avesse davvero un ambizioso piano imperiale, ben altre mosse avrebbe dovuto fare! Esattamente quelle che gli chiedono i fanatici dell’euro.
Infatti, se la partita fosse di quella natura, le considerazioni sugli interessi immediati passerebbero in secondo piano rispetto alle esigenze geopolitiche ed alla strategia di lungo periodo. In tutta evidenza, le cose non stanno così. Il mostro europeo è ancora in grado di fare immensi danni, ma non si vede davvero quale futuro possa avere. E’ allora normale che l’agonia dell’euro, ben lungi dal suscitare una qualche solidarietà, abbia fatto scattare il più classico dei si salvi chi può.
E’ in quest’ottica piuttosto angusta che va valutato il comportamento tedesco, tutto incentrato sul pervicace rifiuto di pagare il conto al ristorante Euro, dove pure si è gozzovigliato a più non posso.
In Italia, l’idea di una Germania votata alla conquista dell’Europa, ha alimentato (e forse alimenta ancora) due posizioni speculari: quella antitedesca degli ultras del modello americano, quella filo-tedesca della corrente euroasiatista. I primi chiedono un’Europa più americana e sognano gli Stati Uniti d’Europa; i secondi vedono in un’Europa a guida tedesca un elemento di resistenza al dominio americano.
Quanto siano infondate, e fuori dalla realtà, queste due visioni, ce lo dicono i fatti. Sulla seconda in particolare, un fatto: gli Usa non vogliono in alcun modo la fine dell’euro. Non la vogliono per ragioni economiche, non la vogliono per ragioni geopolitiche. Le ragioni economiche stanno nel fatto che il crack dell’euro farebbe sentire i suoi effetti anche sulla finanza d’oltreoceano. Per capire le ragioni geopolitiche basta invece osservare la totale subalternità dell’UE di fronte ai voleri della Casa Bianca, una subalternità che potrebbe venir messa in discussione dagli inevitabili scossoni prodotti dalla fine della gabbia europea.
Certo, come molti osservano, ci sono settori della finanza americana (per non parlare delle agenzie di rating) che speculano sulla crisi europea. Ma è (o almeno dovrebbe) esser noto che così come il capitalismo non ha una direzione strategica a livello globale, neppure quello americano ce l’ha. Ci sono le multinazionali, i colossi della finanza, le cupole della speculazione, ma c’è pure il governo di Washington, che qualcosa conterà ancora… E per quel che è possibile osservare la Casa Bianca vuol salvare l’euro, non affossarlo.
Concludiamo queste brevi note con una notizia di ieri. Secondo le stime degli estremisti del Fondo Monetario Internazionale, la recessione in corso sarà ben più profonda e duratura di quanto annunciato fino ad ora. Per l’Italia si prevede un -2,2% nel 2012 e (ancora più significativo) un -0,6% nel 2013. Eccola la mitica ripresa! Scrivevamo già dall’inizio della scorsa estate che si sarebbe andati verso una gravissima recessione. Allora il governo, ma anche l’UE, prevedevano per il 2012 un +1,5%!
Non era difficile valutare gli effetti nefasti della politica draconiana iniziata da Tremonti e completata da Monti. Non era difficile scorgere i caratteri tipici di quella che abbiamo definito sindrome greca.
Già, la Grecia! E chi ne parla più? In mano agli strozzini dichiarati degli hedge fund e – peggio! – a quelli in guanti bianchi dell’attuale governo guidato da Papademos, il Monti greco, il Paese sta andando a picco. Forse a marzo si avrà la seconda puntata del default finanziario, quel che è certo è che il Pil (costantemente in rosso dal 2008!) sta precipitando. Oh, come è bello l’euro!