Dove va la Fratellanza Musulmana? Quali rapporti va stabilendo con l’occidente? Quali sono i rapporti di forza al suo interno? Quanto pesa il conflitto con l’Iran? Dove porta il partito degli affari e la sua impostazione liberista? Questioni enormi che segneranno il futuro del Medio Oriente.
L’articolo di Sultan al-Qassemi, che potete leggere sotto, affronta in particolare il nodo del rapporto tra la Fratellanza egiziana e le petromonarchie del Golfo.

I Fratelli Musulmani egiziani ricuciranno i rapporti con gli Stati del Golfo?
(di Sultan al-Qassemi)

Mentre i Fratelli Musulmani ascendono al potere in Egitto, rimane l’interrogativo di come questo movimento una volta “messo la bando” gestirà la questione dei rapporti con gli Stati arabi del Golfo.

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono oggi i due Stati del Golfo che mostrano maggiore scetticismo nei confronti dei Fratelli Musulmani. Eppure sono proprio questi i due paesi con i quali la Fratellanza Musulmana in Egitto deve fare del suo meglio per dialogare. L’Arabia Saudita e gli EAU sono, dopotutto, le due maggiori economie del mondo arabo, e i due più grandi investitori in Egitto nonostante quello che sostengono altri paesi del Golfo. Quasi 500 imprese degli EAU operano in Egitto, con investimenti per un valore di 10 miliardi di dollari, lo stesso importo investito dai sauditi. Questi ultimi hanno inoltre promesso di concedere all’Egitto parecchi miliardi di dollari in aiuti. E’ anche interessante notare che un milione e mezzo di egiziani lavorano e vivono in Arabia Saudita, mentre 250.000 sono gli egiziani residenti negli EAU.

I Fratelli Musulmani, tuttavia, godono di uno stato di “semi-riconoscimento” in altri due paesi del Golfo. Ad esempio, sebbene abbia subito una sconfitta elettorale nel precedente parlamento del Bahrein, la Al-Menbar Islamic Society (jam’iyyat al-minbar al-watani al-islami), una ramificazione della Fratellanza Musulmana in Bahrein, aveva precedentemente occupato sei seggi su un totale di 40, oltre alla carica di secondo vicepresidente del parlamento.

In Kuwait, gli islamici hanno ottenuto il mese scorso una schiacciante maggioranza di seggi in parlamento. In particolare, i Fratelli Musulmani kuwaitiani, conosciuti con il nome di Movimento Islamico Costituzionale, hanno ottenuto tutti e quattro i seggi per i quali si erano presentati, in un’assemblea di 50 membri, raddoppiando il numero che avevano ottenuto in precedenza.

Ad oggi, in ogni modo, i rappresentanti dell’Arabia Saudita e degli EAU sono stati i soli, tra i responsabili dei paesi del Golfo, a manifestare il proprio scetticismo nei confronti della Fratellanza Musulmana in Egitto. Un recente editoriale di Tariq al-Homayed – direttore del quotidiano Al-Sharq Al-Awsat con sede a Londra, che è di proprietà del principe saudita Salman bin Abdul Aziz – ha criticato quelli che ha definito “discepoli” che “si esprimono a difesa della Fratellanza Musulmana, agendo come se fossero gli ambasciatori dei Fratelli Musulmani in Arabia Saudita o in altri Stati del Golfo”.

Inoltre, in un’ampiamente diffusa registrazione video di un recente discorso pronunciato in Bahrein dal capo della polizia di Dubai (il quale gode di stretti rapporti con il primo ministro del paese), costui ha messo in guardia contro i Fratelli Musulmani, affermando che rappresenterebbero per la regione una “minaccia” altrettanto grave di quella costituita dall’Iran.

Per di più, in un articolo apparso su Gulf News lo scorso anno avevo illustrato come una petizione sottoscritta da 130 accademici, che chiedeva l’avvio di riforme al governo degli EAU, fallì sul nascere a causa del fatto che alcuni dei firmatari erano affiliati ai Fratelli Musulmani del paese.

Mi è stato detto personalmente dal ministro degli esteri degli EAU, Sheikh Abdullah bin Zayed, che vi sono tre questioni importanti per i paesi arabi del Golfo che i Fratelli Musulmani egiziani devono chiarire affinché si possa aprire una nuova pagina tra le due parti. In primo luogo, questi paesi chiedono garanzie chiare da parte della Fratellanza riguardo al fatto che essa non cercherà di “esportare la rivoluzione” nel Golfo. In secondo luogo, tali paesi chiedono garanzie riguardo al fatto che un eventuale governo sostenuto dalla Fratellanza Musulmana in Egitto non comprometterà la sicurezza del Golfo. Bin Zayed ha infine aggiunto che gli Stati del Golfo volentieri si impegneranno a compiere ulteriori investimenti in Egitto se il governo egiziano adotterà un chiaro piano di sviluppo ed esprimerà una posizione chiara riguardo agli impegni del paese nei confronti dell’FMI e della Banca Mondiale – invece di “fare il difficile”.

Un altro alto funzionario saudita, parlando ad un recente incontro internazionale, ha ammonito i partiti islamici in Egitto e in altre parti del mondo arabo a non “perdere il loro tempo aspettando investimenti dall’Occidente” dal momento che i paesi occidentali stanno soffrendo le conseguenze della crisi finanziaria globale, e li ha invece esortati a costruire legami con gli Stati arabi del Golfo.

La Fratellanza Musulmana, nuovo protagonista della gestione del potere in Egitto insieme ad altri partiti islamici, farebbe bene a prestare attenzione a questo consiglio, proprio perché ha un disperato bisogno di dare una risposta alle rivendicazioni socio-economiche nel paese – una necessità irrinunciabile dopo la rivoluzione.

Inoltre, in un recente articolo apparso sul quotidiano degli Emirati “The National”, l’editorialista Hassan Hassan ha delineato due ulteriori questioni che rendono sospettosi i governi del Golfo nei confronti dell’influenza dei Fratelli Musulmani nei loro paesi. Oltre all’“influenza” dominante della Fratellanza Musulmana sul settore dell’istruzione nel Golfo, l’autore afferma che l’aspetto più problematico è “la richiesta che i membri [della Fratellanza] del Golfo giurino fedeltà ad una figura in Egitto”, vale a dire a Mohamed Badie, l’attuale Guida suprema del gruppo.

Forse il Qatar, mediatore diplomatico la cui influenza è in ascesa nella regione, può giocare un ruolo negli sforzi di colmare il divario tra gli Stati del Golfo e la Fratellanza in Egitto. Il Qatar, dopotutto, ha ospitato importanti figure dei Fratelli Musulmani egiziani per decenni – tra cui Yusuf al-Qaradawi, che ha vissuto a Doha dal 1961 – oltre ad aver promesso 10 miliardi di dollari di investimenti, una volta che la “stabilità” sarà tornata in Egitto.

Ho accennato in un mio precedente articolo su Al-Jazeera all’importanza dell’Egitto per gli Stati arabi del Golfo, in particolare perché esso è l’unico Stato arabo in grado di bilanciare la potenza militare dell’Iran. Inoltre, le ideologie economiche neoliberiste adottate dagli Stati arabi del Golfo e dalla Fratellanza hanno molto in comune. Ciò traspare in maniera evidente dal fatto che molti importanti uomini d’affari sono affiliati ai Fratelli Musulmani, un movimento che appoggia un’economia di libero mercato con un forte settore privato.

I Fratelli Musulmani egiziani prima o poi dovranno affrontare il dilemma di come attrarre gli investimenti (tanto necessari all’Egitto) di regimi ricchi che sono ampiamente sospettosi nei confronti dell’agenda politica del movimento. A differenza dei funzionari occidentali, nessun rappresentante degli Stati del Golfo si è recato in visita presso la sede della Fratellanza in Egitto (sebbene l’emiro del Qatar si sia recato dal feldmaresciallo Hussein Tantawi lo scorso maggio). Né i funzionari del Golfo hanno ricevuto rappresentanti dei Fratelli Musulmani nei loro paesi. I prossimi giorni ci mostreranno se il pragmatismo del movimento egiziano lo porterà a bussare alla porta degli Stati del Golfo.

Sultan al-Qassemi è un commentatore abituale di questioni legate alla penisola araba; risiede negli Emirati Arabi Uniti, dove scrive sul quotidiano The National, ed è non-resident fellow presso la Dubai School of Government
(Traduzione di Roberto Iannuzzi)

da Medarabnews
fonte Egypt Independent
Versione originale: Will Egypt’s Muslim Brotherhood mend ties with Gulf States?