Le due tempeste in arrivo: quella economica e quella sociale
A leggere la home page del Corriere.it di ieri pomeriggio (ore 16:30) non si sapeva se ridere i piangere. Prima notizia: «Crolla il mercato auto, vendite -26,7%. Mai così male da 32 anni. Fiat a -35,6». Seconda notizia: «lavoro, sempre peggio per i giovani. A febbraio 44mila occupati in meno». Terza notizia, e qui viene il bello: «Monti: crisi superata, l’Italia è solida».
Oggi Libero in edicola, a caratteri di scatola, si chiedeva: «Ma Monti c’è o ci fà?». Domanda reorica: Monti ci fa, poiché sa benissimo di mentire.
La prova provata non ha tardato a venire. Il Financial Times di ieri ha reso noto che, in camera caritatis, il recente vertice di Copenaghen dei Ministri economici della Ue, ha discusso della necessità che il governo Monti adotti nuove misure d’austerità. Voci di corridoio? Nient’affatto. Una nuova stangata la chiede la Commissione europea, e ciò sarebbe sacramentato da un vero e proprio Rapporto dedicato (secretato come se si trattasse di questioni di sicurezza nazionale) dal titolo La situazione di bilancio in Italia, il quale recita: «il governo dovrebbe essere pronto a evitare ogni ritardo nell’esecuzione delle misure e intraprendere ulteriori azioni se necessario». [LA STAMPA del 2 aprile 2012]
Monti, in viaggio di questua in Cina (con davvero magri risultati) ha smentito, ma nessuno gli ha creduto. Ma come? Non è stato detto che le misure adottate dal governo Berlusconi prima e da Monti poi (pari a più di 100 miliardi di euro, equivalenti a ben il 7% del Pil) sarebbero state più che sufficienti per ottenere il pareggio di bilancio? Il deficit non è forse sceso al 3,9%, più basso della Germania e come esigevano gli eurocrati?
Il fatto è che, come segnalato da noi e da tutti quelli che non vendono fumo, queste misure di rientro draconiane hanno effetti recessivi devastanti e, tra i loro effetti, hanno quello ovvio di contrarre le entrate fiscali. Il famigerato circolo vizioso: la recessione ha aumentato il deficit, le misure di austerità aggravano la recessione, la quale ultima riduce i tributi, col che deficit e debito aumentano. Il circolo vizioso potrebbe essere tamponato da misure keynesiane di deficit spending, ma queste non sono contemplate dai Trattati europei (la Germania si mette di traverso e col Fiscal compact si è anzi posta una pietra tombale sopra a questa eventualità) mentre il liberista Monti si guarda bene dall’adottarle, visto che è stato nominato l’ultimo guardiano dell’ortodossia rigorista.
Vista l’enorme cazzata sparata da Monti in Cina, Il Sole 24 Ore, Repubblica e Corriere della Sera di oggi, sono giunti in soccorso di Monti, precisando che egli voleva intendere non che l’Italia avesse superato la crisi, ma che l’Unione europea l’avesse superata. Interessante precisazione: la Ue è fuori dalla crisi ma l’Italia no. Solo che anche questa precisazione non racconta la verità. Il cosiddetto rischio di contagio, il rischio che il default della Grecia si estenda a Portogallo, Spagna e Italia travolgendo tutta l’eurozona (col che bye bye euro), è tutto fuorché sventato.
Il vertice dei Ministri economici della Ue svoltosi venerdì 30 marzo a Copenaghen, dal quale tutti si attendevano misure più decise per evitare il rischio di una serie di default a catena, si è concluso con un nulla di fatto. «Chi sperava di vedere sfoderare un bazooka da circa mille miliardi di euro non potrà che essere deluso. (…) Si proclama con una certa fierezza che nel suo insieme la zona euro sta mobilitando uno scudo complessivo di 800 miliardi di euro. Ma è un’affermazione deviante, poiché questa cifra include i 300 miliardi già erogati alla Grecia, l’Irlanda e il Portogallo». [Alessandro Leopold, Il Sole 24 Ore del 1 aprile].
Il famigerato Firewall, lo sbarramento difensivo per evitare lo scoppio di una crisi finanziaria a scala continentale, si riduce quindi a… 500 miliardi di euro, quelli già decisi da tempo per il fondo Esm. Una cifra che i “mercati” (leggi speculatori finanziari), grandi banche d’investimento e stati come la Cina o quelli arabi del Golfo a cui si chiede soccorso, ritengono ampiamente insufficiente per giustificare un loro aiuto. Fanno presto alcuni moralisti borghesi a lamentarsi del cosiddetto “egoismo tedesco”. La netta opposizione germanica a politiche espansive e di riequilibrio delle bilance dei pagamenti indica che, in barba a tutti i proclami di fede europeisti, l’Unione non è solo dis/Unione, ma che la crisi riporta in auge gli stati nazione, con i loro peculiari interessi economici e strategici.
Mostra, come diciamo da tempo, che la tendenza obiettiva è allo sfaldamento dell’Unione europea e non invece quella di un’avanzata unionista. E ci viene francamente da ridere quando alcuni dicono che il porre l’uscita dall’Unione è… “reazionario”. Il che è un po’ come quando certi beoti, siccome dici che siamo dentro una tendenza storica che conduce alla guerra inter-imperialistica, ti rispondono che… porti sfiga. Chi vuole cambiare il mondo ragiona e lavora sulle tendenze obiettive non sui propri desiderata. Per dire che se ci sarà guerra, per quanto si possa cercare di evitarla, occorre prepararvisi, e non impiccarsi alle chimere pacifiste. In attesa dell’Europa del domani, che-chissà-se-mai-ci-sarà, chi ha piedi per terra e testa sulle spalle, deve pensare a salvare il proprio paese. Tutto il resto è fuffa.
E per salvare questo paese occorre cacciare chi lo comanda, occorre anzi demolire il sistema politico che gli consente di comandare, poiché, seconda mortale illusione, è quella di potere mandare a casa chi ha il potere da dentro il sistema. Non è come sostituire un conducente di una vettura. Tra il sistema di potere dei dominanti e i dominanti c’è un rapporto organico, incarnato.
Ma torniamo alla situazione economica italiana. Perché Monti sarà costretto a nuove e pesanti misure draconiane lo dicono i freddi numeri. L’esultanza per la riduzione dello spread tra i rendimenti dei titoli tedeschi e italiani è già acqua passata. E’ vero, nel primo trimestre 2012 il Tesoro ha rimborsato 113 miliardi di titoli in scadenza, lo ha fatto a tassi calanti rispetto a quelli che s’erano fatti avanti dall’estate 2011. Ma, prima ancora che per le misure di macelleria sociale, il default è stato evitato grazie alla potente iniezioni di liquidità (Ltro) della Bce. Le banche italiane, ricevuta in dono tanta liquidità dalla Bce di Draghi hanno fatto man bassa di titoli di stato italiani. Lo hanno fatto ubbidendo a scaltre pulsioni speculative: han preso soldi all’1% per comprare a rendimenti tra il 3 e il 4%.
«Il primo trimestre dell’anno [quello che a fine 2012 noi ritenevamo il trimestre di fuoco, e che non è stato default grazie appunto alla operazione di finanziamento delle banche da parte della Bce — ed è vero che per noi era inattesa] si è svolto tutto in positivo per il tesoro. Le aste sono state coperte prevalentemente sull’importo massimo della forchetta in offerta e i tassi di assegnazione sono calati a picco. E sono stati rimborsati oltre 60 miliardi sul lungo termine. Ma già negli ultimi giorni di marzo, i rendimenti di assegnazione sono calati meno del previsto e sul secondario lo spread Btp-Bund è tornato ad allargarsi». [Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore del 1 aprile 2012]
Ecco dunque il campanello d’allarme. Nonostante i doni della Bce alle banche, malgrado le misure di Monti, la tendenza che vedeva calare gli interessi sui titoli italiani si sta invertendo. Perché questa inversione è sinistra? Perché nel prossimo periodo il tesoro deve collocare, per rimborsare i titoli in scadenza e sostenere la spesa pubblica che eccede le entrate, circa 450 miliardi, con emissioni lorde al ritmo dei 15-20 miliardi ogni due settimane. «Tra aprile e giugno l’Italia si confermerà il più grande emittente di titoli di Stato nell’Eurozona, con 56 miliardi circa sul medio-lungo periodo, seguita da Francia e Germania». [ibidem]
Il secondo trimestre 2012, visto che l’effetto dopante delle misure di sostegno della Bce sarà pressoché esaurito, sarà quindi la prova del fuoco per verificare se i “mercati” getteranno un salvagente a Monti o se lasceranno il debito italiano colare a picco. Provo a sbilanciarmi: solo un nuovo massiccio intervento della Bce (con un nuovo scambio tra moneta sonante alle banche in cambio di altri colletarali-spazzatura, forse proprio gli stessi titoli di recente acquistati) potrà evitare che lo spread risalga ai livelli dell’autunno e al Tesoro di evitare di vendere sì, ma ad interessi tripli o quadrupli di quelli offerti dalla Germania. Insomma, la crisi cosiddetta del “debito sovrano” è tutt’altro che alle spalle. Acconsentirà la Germania ad una terza LTRO? Staremo a vedere.
Né Monti può sperare che giunga in suo soccorso la “crescita”. Se Visco, Governatore di Bankitalia dice che «nel 2013 arriverà la ripresa» [LA STAMPA del 1 aprile 2012], per adesso l’economia è in recessione. Quanto sarà profonda? Il Tesoro stima -0.4% rispetto al 2011. Bankitalia -1,5. Confindustria -1,6. Il Fmi -2,2. Direte: danno i numeri al lotto? Più o meno. Sta di fatto che tra il -0,4% e il -2,2, ci sono di mezzo non numeri, ma cittadini in carne e ossa, la qualità della vita delle persone, milioni di posti di lavoro.
Per capire la drammaticità della situazione sociale poco ci dicono i numeri di previsione, molto più significativi sono quelli che vengono dal corpo sociale. Un indicatore infallibile di quanto il capitalismo sia malato ce la danno altri numeri, quelli dei fallimenti, delle aziende che hanno non solo chiuso ma portato i libri in tribunale.
La Cgia di Mestre ha diffuso il 31 marzo i suoi dati, di norma attendibili. Nel 2011 ci sono stati 11.615 fallimenti. Una crescita (in questo caso sì che il termine crescita è azzeccato) del 4% rispetto al 2010. Del 25% rispetto al 2009. Ogni giorno 31 aziende, soprattutto piccole e medie, sono andate fallite. In testa la Lombardia, Lazio, Veneto e Campania. Quanto tragica sia questa vicenda è dimostrato dalle decine e decine di piccoli imprenditori e lavoratori che si sono suicidati, una ferita lancinante sul corpo sociale. Tre le cause principali dei fallimenti, che la dicono lunga: stretta creditizia (mentre le banche hanno fatto incetta di liquidità dalla Bce), ritardi nei pagamenti (quindi le stesse banche chiudono gli affidamenti) e il forte calo della domanda. Non solo la recessione quindi come causa, ma determinate politiche delle banche e dei governi che le proteggono.
La Cgia ha chiuso il suo rapporto chiedendo una “risposta emergenziale” a questa situazione drammatica. Ma questo governo asservito a banche e finanza non solo non può dare alcuna risposta può solo peggiorare il male. Ma così facendo esso si scava la fossa. Non basteranno per sorreggerlo i suoi sponsor europei, la protezione del golpista Napolitano, il sostegno dei notabili politici di primo, secondo terzo Polo.
Non è solo la tempesta economica in arrivo che Monti deve temere. Essa precederà quella sociale, l’esplosione di rabbia, anonima e tremenda, di centinaia di migliaia di cittadini. Sia la Sollevazione popolare benvenuta!
3 aprile 2012