L’olocausto graduale progettato dal Fondo Monetario Internazionale
L’11 Aprile ultimo scorso, un dispaccio dell’FMI ha chiarito, oltre alla certificazione della recessione e a vari ammonimenti sull’instabilità globale, che la vera spada di Damocle che pende sulla testa del mondo è costituita dall’eccessiva longevità degli anziani nell’Occidente sviluppato.
In pratica, l’età media della popolazione, europea in particolare, sta mettendo a serio rischio la sostenibilità del welfare (quindi dei conti pubblici, quindi della finanza mondiale) e dunque bisogna correre ai ripari: non, come il buon senso ci indurrebbe a pensare, reperendo nuove risorse per il rafforzamento dei modelli di welfare, ma, al contrario, legiferando misure che riducano le prestazioni sociali; in tal modo, l’allungamento della vita nell’occidente, sarebbe contrastato con l’allontanamento progressivo dell’età pensionabile, con la diminuzione degli importi pensionistici, insomma con tutta una serie di norme che, strada facendo, consentano di riportare la vita media sotto standard accettabili: assolutamente non oltre gli 80 anni, così pare di capire.
Ho ascoltato la notizia per radio, mentre tornavo dal lavoro, all’interno di una trasmissione radiofonica della sera, “Tornando a casa”, diretta da una cortese conduttrice, Enrica Bonaccorti, ben nota al pubblico italiano, la quale, complice il suo avvicinarsi alla terza età, non ha resistito e ha sbottato: “Ma che vogliono? ammazzarci tutti?”
In effetti le argomentazioni fornite dall’ FMI, a prescindere dallo scontato suggerimento “tecnico” di demandare la protezione sociale sempre più ai “mercati” e sempre meno al pubblico (parte sostanziale del suo ricettario già fallito miseramente dall’Argentina agli USA e che ha lasciato sul lastrico decine di milioni di pensionati), stimola ben altre riflessioni: gli anziani, come i bambini, gli handycappati, i malati cronici, insomma tutti coloro che sono fuori o ai margini dell’attività lavorativa, costituiscono un vero e proprio peso, la cui sostenibilità, all’interno dei parametri del pensiero unico, è in contraddizione, anzi in opposizione, con gli elementi di competitività e profitto sistemico.
La popolazione non attiva, fatta eccezione per i bambini che costituiscono la futura forza produttiva e per quella che serve alla riproduzione della stessa forza lavorativa (massaie, madri, casalinghe, badanti varie) costituisce un oggettivo elemento di abbassamento dell’efficienza e della competitività. Quindi deve essere ridotta o, se ci fosse la possibilità, gradualmente abolita.
Una sorta di olocausto graduale e universale, insomma riformistico, che evitando possibilmente elementi di reazione popolare, sempre da scongiurare, consenta tuttavia di addivenire all’obiettivo nei tempi medi previsti dalla progettazione sistemica: diciamo entro i prossimi 20-30 anni. Infatti la situazione parossistica citata dall’autorevole organismo internazionale dovrebbe verificarsi intorno al 2050.
Di fronte a questo rischio immane, si può provvedere via legislativa, con una serie di provvedimenti approntati ad hoc dai parlamenti nazionali e di cui, la riforma pensionistica italiana recentemente varata, pare costituire per l’FMI un esempio da perseguire con convinzione, a livello mondiale.
In pratica il suggerimento (già operativo nel nostro paese) è il seguente: durante l’età lavorativa, la singola persona è invitata ad aderire il più possibile ad assicurazioni previdenziali private (la cui redditività si è dimostrata estremamente rischiosa) parallelamente ai versamenti verso il sistema pubblico (che stranamente, non possono e non debbono assolutamente essere eliminati). Ciò consentirà infatti che fiumi di denaro vadano a rimpolpare i deficit “derivati” di banche, assicurazioni, ecc, e così a rimettere in equilibrio la finanza privata, mentre, allo stesso tempo, per la parte di contribuzione pubblica versata, buona parte di quei soldi andranno a sanare, all’occorrenza, l’equilibrio di bilancio dei diversi paesi, garantendo il pagamento degli interessi. A chi? Sempre, rigorosamente, ai mercati, e alle stesse banche e assicurazioni presso cui, grazie ai trattati europei e alla natura dell’Euro (moneta non sovrana), siamo costretti a chiedere prestiti.
Per essere più sicuri che la ricetta funzioni, tuttavia, è opportuno che l’età media della popolazione decresca; ne saranno così alleviati sia i bilanci pubblici, sia quelli dei secondi pilastri contributivi, ovvero sempre e solo dei grandi rentiers della finanza.
Questa architettura degna di un nuovo Hitler più cauto e riformista, va di pari passo con il resto dell’armamentario fatto di pareggio di bilancio in Costituzione, di riforma del mercato del lavoro, ecc. che ingabbierà in una botte di ferro le elites post-capitaliste e neofeudali, mentre 500 milioni di europei di diverse generazioni e nazionalità, chi più chi meno, si troveranno sostanzialmente immersi in una nuova vita, di merda.
Ora, l’uscita dell’FMI, che avevamo già sentito un decennio fa dire le stesse cose in Argentina (fu varata una legge, secondo la quale lo Stato avrebbe pagato le pensioni solo nella misura in cui disponeva di sufficiente denaro, cioè di pesos dollarizzati, vale a dire di una moneta simile all’Euro), rende evidente che il quadretto che hanno in mente lor signori, è propriamente quello di una nuova dittatura tecnocratico-finanziaria continentale (supportata a mo’ di vassallaggio dall’impresa produttiva a cui in cambio si elargisce più precarietà e capacità di licenziare i lavoratori), in cui gli Stati non hanno più il compito di far cresce ed armonizzare il benessere collettivo, ma al contrario di rendere praticabili e sostenibili i loro programmi di lunga durata.
In questo senso, il re non è solo nudo, ma è ridotto all’osso. Come quando si alzano per legge i tassi percentuali di veleni nell’acqua per considerarla potabile anziché provvedere a purificare le fonti, così, si tenta di modificare la biologia e la vita quotidiana di miliardi di persone, pur di mantenere sostenibile e immodificabile il sistema di sfruttamento globale.
Tutto questo conferma anche che siamo ormai entrati in un mondo oggettivamente post democratico e forse, come io penso, anche post capitalistico.
Nel corso della storia tentativi di questa natura si sono ripetuti in forme diverse in diverse occasioni; ma forse è la prima volta che l’esperimento viene ora tentato su scala globale, dopo quello continentale, ancorché in una situazione di relativa arretratezza, attuato in America Latina tra gli anni ’70 e gli anni ‘90.
Il caso italiano, in questo senso, vale ben più della Grecia. L’Italia è un grande paese, la sua risorsa umana è tra le più pregiate, culturalmente e in termini di competenze, al mondo. Purtroppo lo è anche il saper vivere, magari arrangiandosi, magari con la dieta mediterranea, così che l’età media è sconvenientemente lunga.
Se dunque riescono a inglobare l’Italia nel reticolo del loro olocausto programmato, non vi è più alcun limite al loro dominio.
In Argentina, fatta per metà di popolazione di origine italiana, li mandarono via a calci nel sedere definitivamente. Il rigoroso presidente De La Rua, succeduto all’orgiastico e fraudolento Menem, lo andarono a prelevare in elicottero sul tetto de La Casa Rosada per salvarlo dall’insurrezione popolare.
In Italia vedremo se i recenti fasti possano essere replicati. Per il bene dell’umanità, non solo degli italiani.