Mario Monti, da Salvatore a Liquidatore
I conti aggiustati del Def non riescono a nascondere la certezza di una depressione prolungata
Oggi lo spread ha superato di nuovo quota 400. E’ poco, è tanto? Per averne un’idea, basti dire che i conti del Def (Documento di economia e finanza), presentato dal governo mercoledì scorso, si basano su uno spread medio di 250…
Eh già, Monti il tecnico usa gli stessi mezzucci del suo predecessore. Il quale disponeva di un ministro assai originale, che alla fine è però sprofondato nel ridicolo della sua «finanza creativa». Il brutto di certi mestieri è che dopo i preventivi vengono i consuntivi. In tempi normali quasi nessuno si accorge delle differenze. In tempi di crisi, come quelli odierni, la differenza la sentono sulla propria pelle milioni di persone. E dunque il trucco funziona assai meno.
Dove sta questa volta l’imbroglio? Nei conti del Def i trucchi sono 3. Oltre alla sottovalutazione dello spread (e dunque dei tassi sui titoli del debito pubblico), c’è la sottostima della recessione in corso, nonché quella del rapporto debito/Pil furbescamente calcolato al “netto dei sostegni”, cioè dei contributi ai vari fondi europei.
Prevedere l’andamento dei tassi effettivamente non è facile, ma non dovrebbe essere ignoto ai «tecnici» governativi che il calo degli interessi degli ultimi mesi era dovuto esclusivamente (sottolineiamo, esclusivamente) al grazioso finanziamento della Bce alle banche. Terminato l’effetto di questo fiume di denaro i tassi hanno ripreso a salire. Sorpresa? Di certo non per noi, che abbiamo scritto più volte (vedi I conti che non tornano) che le cose sarebbero andate esattamente così.
Veniamo adesso alla stima del Pil. Il Def calcola ora un calo dell’1,2% nel 2012, quando lo stesso governo prevedeva quattro mesi fa soltanto un -0,4%. E tutti ricorderete le promesse sulla «ripresa» nel 2013. Bene, ora questa mitica ripresa è ridotta al +0,5%. Ma sono attendibili questi dati? Ovviamente no. La realtà sarà assai peggiore, basti dire che l’Ocse prevede per l’anno in corso un -2,2% ed il Fondo Monetario Internazionale un -1,9%. E lo stesso Fmi prevede un segno meno (- 0,3%) anche per il 2013.
Numeri pesanti e tuttavia ancora ottimistici, se guardiamo al tracollo della produzione industriale (-5,0% a gennaio, -6,8% a febbraio, rispetto agli stessi mesi del 2011 – fonte Istat), all’aumento del ricorso alla cassa integrazione a febbraio (+ 49,1% sul mese precedente, + 16,8% rispetto a febbraio 2011 – dati Inps), all’incremento della disoccupazione (335mila disoccupati in più in un anno, con un aumento del 16,6% – dati del mese di febbraio, fonte Istat).
E si può continuare con la mortalità delle imprese nel I° trimestre 2012, con 5mila iscrizioni in meno e 12mila cessazioni in più rispetto al trimestre precedente (fonte Centro Studi Unioncamere), oppure con quelli della produzione in fondamentali settori economici, come quello degli autoveicoli (-23,5% nel primo bimestre 2012 – fonte Istat) e dell’edilizia (-20,3% a febbraio sullo stesso mese del 2011- sempre fonte Istat).
La situazione è chiara e non è il caso di insistere. Casomai dovremmo ricordarci che a fronte di questo quadro, il governo del professor Quisling ha pensato bene di portare la pressione fiscale dal 42,5% sul Pil del 2011 al 45,1% del 2012, con la benzina che è aumentata del 18% in anno e con l’elettricità che è cresciuta del 10% in due mesi.
Dopo questa indigestione di numeri, utile comunque alla comprensione del disastro sociale in corso, torniamo ai trucchi del Def. Dopo l’abbellimento delle previsioni su spread e Pil, abbiamo quello del rapporto debito/Pil. Dato particolarmente significativo, visto che il suo abbattimento è l’obiettivo fondamentale del governo Monti. Ora molti penseranno che, dopo le tre manovre lacrime e sangue del 2011, almeno sul debito comincino ad arrivare notizie positive. Ed invece non è così.
In effetti il governo con il Def prova ad imbrogliare le carte. Riconosce un aumento al 120,3% nel 2012, che però dovrebbe rapidamente decrescere di circa il 3% annuo (come esige il Fiscal compact) a partire dal 2013. Peccato che il Fmi non condivida tanto ottimismo. Queste le sue stime: 123,4% nel 2012, 123,8% nel 2013 e solo un lievissimo calo negli anni successivi. A spiegare questa clamorosa discordanza non c’è solo una diversa stima della crescita (meglio, della decrescita), ma anche un pittoresco ed italico trucchetto utilizzato da Monti e dalla sua combriccola.
Costoro non hanno messo nel Def il rapporto debito/Pil reale, bensì il «Debito pubblico al netto dei sostegni», cioè dei soldi versati nei fondi europei Efsf ed Esm. Un trucchetto che vale, secondo le ammissioni del vice ministro dell’Economia Vittorio Grilli, qualcosa di assai vicino al 3% del Pil, diciamo 45 miliardi di euro.
Questi versamenti – ai quali corrisponde comunque l’emissione di una quantità di Btp equivalente – vengono considerati come una «acquisizione di attività finanziarie», quasi si trattasse di un investimento qualsiasi. Il giochino può funzionare a condizione che Grecia, Irlanda e Portogallo siano un giorno in condizione di ripagare il debito, la qual cosa appare come minimo un po’ problematica…
Nonostante questi disinvolti giochi contabili il Def non riesce a nascondere la gravità della situazione. E il professor Quisling non sa più a quale santo votarsi. Con il sostegno della maggioranza ABC (Alfano, Bersani, Casini) ha realizzato la più pesante manovra finanziaria di tutti i tempi, ha fatto le sue amate liberalizzazioni, manderà in porto la legge sulla libertà di licenziamento. Tre sogni del dogma liberista realizzati, cui corrispondono altrettanti incubi per il popolo lavoratore. Ma l’economia sprofonda, e l’unica certezza è il suo progressivo deterioramento. Per questo, non per altro, verrà ricordato il presuntuoso Mario Monti. Cinque mesi fa accolto da molti – certo non da noi – come il Salvatore ed oggi sempre più chiaramente il Liquidatore di questo disgraziato paese.