Lo studente Ezedine Errousi diventa simbolo della protesta dei 27 prigionieri politici in sciopero della fame. E della speranza che il Movimento 20 Febbraio non abbia fatto il suo tempo.

L’articolo che segue è stato pubblicato lo scorso 25 aprile, ma le informazioni sullo sciopero della fame in corso in Marocco non sono invecchiate. Per questo lo proponiamo qui sotto ai nostri lettori.

Ventisette prigionieri politici in sciopero della fame da settimane, alcuni da mesi. Tra loro, uno studente in pericolo di vita, in sciopero dallo scorso dicembre: la lotta per la libertà e il rispetto dei diritti umani nelle carceri marocchine continua. E l’ennesima lettera – questa volta sottoscritta da 17 organizzazioni per i diritti dell’uomo – denuncia i soprusi e chiede l’intervento del primo ministro marocchino. Che, per ora, tace.

Ezedine Errousi è diventato il simbolo del Movimento 20 febbraio e della lotta dei prigionieri politici marocchini. Studente all’università di Taza, arrestato il primo dicembre 2011 perché appartenente al movimento – illegale – d’ispirazione socialista (Union Nationale des Étudiants Marocains) e attivo nelle proteste iniziate il 20 febbraio dello scorso, è in sciopero della fame dal 19 dicembre 2011. Condannato prima a tre, poi a cinque mesi di prigione, ha fatto della sua condanna la voce di una protesta indomita. “Sono stato arrestato all’università da agenti in borghese, torturato fino allo svenimento […]. Mi hanno interrogato lungamente sul movimento di protesta, e di fronte al mio silenzio mi hanno messo una canna di pistola in bocca: “Un solo proiettile e sei finito, gli anni di piombo [gli anni della repressione sotto il re Hassan II, ndr] non sono ancora finiti”- scrive nella sua “Lettera sulla tortura” dal carcere di Taza, riportata dal giornale francese Humanitè. Offerta di borsa di studio permanente, visita del procuratore in persona per chiedere la fine dello sciopero della fame in cambio del ripudio del movimento di protesta e di un posto fisso. Ma dall’ospedale in cui è ricoverato in condizioni critiche, alimentato forzatamente con flebo, Ezzedine fa sapere che non si fermerà “fino al soddisfacimento delle nostre rivendicazioni di studenti e alla liberazione di tutti i prigionieri politici”.

Dal carcere di Ain Kaddous gli fanno eco quattro studenti dell’Università di Fez – Mohamed Ghaloud, Mohamed Fetal, Mohaled Zeghdidi, Ibrahim Saîdi: in carcere perché attivi nel Movimento di contestazione del 20 Febbraio, sono entrati in sciopero della fame il 23 gennaio, chiedendo un miglioramento delle loro condizioni di detenzione, la fine delle torture fisiche e psichiche, il diritto a ricevere visite e libri.

Dopo i ripetuti appelli dell’Associazione marocchina per i Diritti dell’Uomo (AMDH), vicina al partito socialista USFP, un collettivo di 17 ONGs chiede ora l’intervento di Abdelilah Benkirane, eletto a capo del Partito islamista di Giustizia e Sviluppo (PJD) nelle elezioni dello scorso novembre. Obiettivo: allarmare il governo sulle possibili tragiche consequenze di uno sciopero che va avanti da mesi.

Per ora, Benkirane tace. Riportando al centro dell’attenzione il ruolo del Movimento 20 Febbraio nel nuovo paesaggio politico. E lasciando intuire che in quanto a repressione, non ci saranno tante novità rispetto ai governi precedenti. La “sicurezza nazionale” rimane in mano al Makhzen, il cordone di partiti cooptati o creati a puntino dalla monarchia chérifienne di Mohammed VI.
Il partito PJD è stato parte del movimento di protesta del 20 febbraio, ed ha saputo trarne legittimità sufficiente da diventare partito di maggioranza. “Il nostro partito ha vinto le elezioni in parte proprio grazie al Movimento del 20 febbraio (M20)” – viene riportato dal portavoce del Comitato di pianificazione urbana del partito PJD sul portale marocchino Mamfakinch – “e resta convinto che la pressione della strada sia necessaria per il cambiamento”.

Ma il futuro e l’incisività del Movimento 20 febbraio sembra dipendere proprio dalla capacità di costituirsi come alternativa progressista distante dai partiti dell’establishment. Intanto, il partito islamico Giustizia e Benevolenza (Al Adl wa al Ihsan) del defunto sceicco Yassine ha annunciato di abbandonare il Movimento. Secondo l’analista del magazine progressista Tel Quel Karim Boukhari, è una buona notizia per “un riposizionamento più a sinistra e più progressista del M20. In un Paese che appena votato islamista, l’M20 ha la possibilità di diventare un rifugio, un’alternativa”.

da Nena News