Un nostro lettore, a conferma che i media italiani hanno adottato rispetto a Monti il medesimo stile di Minzolini verso Berlusconi, ovvero spacciato il vertice europeo del 28-29 giugno come una “italica salvifica vittoria”, ci fa notare quanto dichiarato da Monti stesso al Washington Post: «Se gli Italiani si scoraggiassero vedendo i loro sforzi vani, ciò potrebbe scatenare forze politiche che diranno “abbandoniamo l’integrazione Europea, abbandoniamo l’euro, che questo o quel grande paese vadano all’inferno”, il che potrebbe essere un disastro per l’intera Unione Europea».
Ecco qua, spiegato a chiare lettere, la ragione di tante bugie, la panoplia di cazzate sulle decisioni assunte dal Vertice europeo del 28 e 29 giugno. Se parliamo di “concessioni” della Merkel l’unica è stata appunto quella di permettere a Monti di tornare in Italia a vendere la sua patacca senza rischio di smentita. Eh sì, perché gli oligarchi se non riusciranno a salvare l’euro dalle imboscate dei mercati finanziari, vogliono almeno salvare l’Unione e se stessi dalla vendetta popolare. I lupi della finanza speculativa non puoi fregarli con le frottole, i sudditi invece sì, devi ingannarli per tenerli in stato di minorità, altrimenti sono guai.
Tabella n° 1
Malgrado i mugugni rispetto alla mia lettura a caldo del vertice (Molto fumo e poco arrosto) come fallimentare, non ritiro una virgola. Quando scrivevo, venerdì scorso, mi basavo sulle primissime notizie filtrate. Ora è noto il testo del protocollo contenente le misure. Abbiamo ascoltato le dichiarazioni dei primi ministri, tra cui la Conferenza stampa di Monti — una conferma lampante di quanto questo grigio cardinale sia mendace: 14 minuti su 17 e mezzo spesi a dire quanto importanti sono le decisioni assunte a favore della crescita, tanto per acquietare i suoi peones italiani, per il resto, sulle “audaci misure salva-spread”, toccata e fuga. E abbiamo anche i commenti, a bocce ferme, degli analisti e degli economisti, i quali non saranno delle cime in economia politica, ma i conti li sanno fare. A due giorni dalla chiusura del vertice la musica è cambiata: dall’euforia si è passati velocemente allo scetticismo ed infine all’inquietudine. Ma andiamo con ordine.
Ad un’analisi più attenta
Tabella n° 2
Due cose di una certa importanza, modificano il quadro rispetto a venerdì scorso. La prima è che in caso di salvataggio di un paese — ovviamente non lo chiamano così, non lo chiamano bailout, visto che se c’è un salvataggio c’è un default, e questa parola non si deve pronunciare — da parte del MES (il Patto di stabilità europea o European Stability Mechanism) non ci sarà, come invece avevo scritto, la supervisione della troika (Fmi, Bce,Ue). Ma questo l’aveva detto Draghi nella notte di venerdì lasciando il Vertice. Evidentemente la cosa è stata rimossa all’ultimo minuto, appunto per salvare la faccia Spagna e Italia, che non vogliono essere equiparati alla Grecia. Tuttavia, pur sempre senza la troika, le condizioni per accedere ai finanziamenti del MES [1] saranno più che mai stringenti, cioè solo a condizione che i paesi sotto attacco speculativo abbiano attuato pienamente le clausole micidiali del Fiscal compact, ovvero applicato alla lettera le cure da cavallo rigoriste. V’è infine un ultimo punto. Il sostantivo “aiuto” è ingannevole. Va bene che il Mes non avrà lo status di “prestatore privilegiato”, ma a quale tasso d’interesse i soldi verranno prestati? A quelli di mercato come sembra? O a tassi di vantaggio? Questo verrà stabilito più avanti, conta dire che la Grecia, con certi “aiuti” è stata definitivamente affossata e spinta nel default di fatto.
Tabella n° 3
La seconda cosa è che il MES potrà devolvere le sue risorse, non solo per il salvataggio delle banche, potrà anche soccorrere, per calmierare gli spread, gli stati indebitati acquistando i loro titoli di Stato, non solo sul secondario ma direttamente nelle aste.
La bomba delle banche
Ma prima di andare a vedere questo aspetto restiamo un attimo alle banche europee, sulla cui disastrosa situazione colpevolmente si sorvola. La Tabella n.2 indica i livelli stratosferici raggiunti dalle passività del sistema bancario. Bombe pronte ad innescare esplosioni a catena, davanti a cui nessuno stato, nemmeno la Germania, potrebbero far fronte.
Tabella n° 4
La tabella n.3 mostra l’incidenza dei derivati in relazione al Pil in alcuni paesi europei. Non ci credete vero? Pensavate forse che i biscazzieri fossero solo gli anglosassoni? Vi sbagliavate. E non pensate che gli svizzeri giochino in proprio, che sono invece il terminale neanche occulto delle banche dell’eurozona, che usano la Svizzera come rifugio offshore. La Tabella n.4, per una definitiva comprensione di quanto enorme sia il peso dei sistemi bancari e della finanza, indica l’incidenza degli strumenti finanziari.
Come potete vedere essa consiste in più del doppio del prodotto interno lordo, mentre le scommesse sui derivati ammontano al 53% del Pil europeo, quasi il doppio di quanto avviene negli USA. La crescita nel 2011 mette poi in luce dove sia finita la messe di “aiuti” forniti dai governi e dalla Bce alle banche già due volte sull’orlo del collasso sistemico.
Il tutto a dimostrare che esplosioni a catena dei sistemi bancari sono altamente probabili, che il problema va ben al di là della Spagna (vedi Tabella n.1), e che il contagio alla sfera dei debiti sovrani sarebbe inevitabile. Per questo la tanto strombazzata “Unione bancaria”, per gli stessi addetti ai lavori, non è più che un titolo: «Il problema è che, oltre alle speranze l’integrazione bancaria non è uscita dal cappello dei leader europei. La soluzione trovata, in realtà, è solo una mezza soluzione: di questo i mercati ne sono consapevoli». [2]
Con ciò torniamo alla questione delle misure decise dal vertice per tenere sotto controllo gli spread tra i titoli di stato ed evitare che i rendimenti di quelli spagnoli, italiani, francesi ecc. schizzino alle stelle.
Lo scudo bucato
Tabella n° 5
Se teniamo presente i due principali fattori di crisi finanzaria, le banche e i debiti degli stati dell’eurozona (praticamente il 100% del Pil: circa 12mila Miliardi), salta agli occhi che le misure adottate dal vertice non sono affatto adeguate a sventare una tempesta.
Non lo sono per tre ragioni. (1) La prima è che le modalità di questi salvataggi (il diavolo si nasconde nei dettagli) [3] non sono state indicate, e quindi i “mercati” vedono bene che la Germania non farà da scudo ai Piigs. (2) La seconda è che gli stati potranno attingere alle risorse del MES non prima del dicembre 2012, a babbo forse già morto — la tempesta finanziaria, come noi riteniamo, potrebbe sopraggiungere prima. (3) La terza è che la dotazione del MES (200 miliardi circa ora disponibili, 348 in futuro) è con ogni evidenza del tutto insufficiente per parare il colpo probabile dell’esplosione combinata della bomba bancaria e di quella dei debiti sovrani. [4]
Passata la sbornia, per farla breve, solo giornalisti servili persistono nel reggere il moccolo finto-ottimista di Monti-zombi. Per quanto ci si giri attorno il vertice è stato, per il governo italiano e i sogni di gloria euristi, un fallimento, e lo è stato perché le tre misure-tampone davvero serie che potevano allontanare l’implosione dell’euro (tagliando con l’accetta, keynesiane) non sono state adottate. [5] I pescecani della grande finanza americana, che questo si attendevano dal Vertice, e che non vogliono “restare col cerino acceso in mano” (ovvero saranno fulminei nel vendere titoli e obbligazioni europee prima che sia troppo tardi scatenando l’apocalisse) senza peli sulla lingua, affermano che l’euro abbia sei-otto mesi di vita. [6]
La vittoria della Merkel
Avviandoci alle conclusioni non potevamo non prenderci la rivincita sull’ultima ma più pittoresca fanfaluca dei media italiani sentinelle del governo Napolitano-Monti. Essi, presi dall’euforia, hanno lasciato intendere, alcuni lo hanno detto apertis verbis, che la Merkel sarebbe uscita dal vertice con le ossa rotte. La madre di tutte le bugie. A bocce ferme si ammette adesso che la Cancelliera tedesca non ha mollato l’osso, che ha ottenuto molto di più di quanto non appaia, e ha vinto sia sulle condizioni stringenti per accedere agli “aiuti” del MES, sia nell’impedire che la sua “potenza di fuoco” fosse aumentata. La formica tedesca, malgrado l’ultimo ciclone sull’euro, non caccerà un soldo in più di quanto già previsto per salvare le cicale mediterranee e quelli già resi disponibili, li venderà a caro prezzo, a condizione che i “bisognosi” accettino l’intrusione tedesca nonché di vendere i loro gioielli di famiglia. [7]
“Volete più Europa? allora dovete fare ulteriori cessioni si sovranità, rafforzare quella tedesca a scala continentale”.
«Ma più Europa significa meno sovranità. A parole è facile accettarlo, ma i problemi sorgeranno quando ci si renderà conto che, realisticamente, non si tratterà di cedere sovranità al Lussemburgo o a Cipro, ma… alla Germania». [8] Che gli epigoni di Syriza in Italia aprano dunque bene le orecchie.
Col che il problema non è più economico, ma squisitamente politico, di portata strategica. Per il nostro paese, per il popolo lavoratore italiano, si tratta del loro stesso destino. Un affare troppo serio per lasciarlo in mano a ragionieri cerulei, a partiti moribondi, ad una sinistra guidata da mezze calzette o a movimenti buoni a canalizzare la protesta ma radicalmente incapaci di dargli un consistenza propositiva degna di questo nome. I segni del risveglio popolare ci sono, c’è bisogno di costruire una potenza politica che abbia idee e proposte chiare e precise, fiducia nel popolo, coraggio di gettarsi nella mischia che verrà, e una fede incrollabile nella vittoria.
Note
[1] Il cui meccanismo capestro riconfermiamo: «Come si sa, questi fondi vengono elargiti dagli stessi stati membri, tra cui gli stessi che dovranno ricorrere agli aiuti. Un meccanismo quantomeno singolare per cui, Spagna e Italia, potranno sì attingere alle risorse del MES e del Efsf, ma solo dopo che avranno sborsato le loro quote (solo l’Italia ha un onere di 139 miliardi). In altre parole per calmierare lo spread questi paesi dovranno indebitarsi ulteriormente, col che non solo crescita del debito ma addio al pareggio di bilancio». [Molto fumo poco arrosto]
[2] Morya Longo. Il Sole 24 ore del 30 giugno 2012
[3] «Mancano ora i chiarimenti fondamentali su risorse, tempistica, ruolo della Bce e subordinazione dei creditori privati detentori di titoli di stato nel caso di acquisti da parte del MES». Isabella Bufacchi. Il Sole 24 Ore del 1 luglio 2012
[4] «Ecco allora che, se i mercati da domani dovessero concentrarsi sui numeri, i preannunciati interventi di acquisto di titoli di stato su primario e secondario in chiave di scudo anti-spread a favore di Italia e Spagna andrebbero a scontrarsi con le scarse risorse a disposizione». Ibidem
[5] «Ci sono tre misure tampone che i mercati ritengono “corpose”, che considerano necessarie onde evitare la loro fuga dall’Unione europea. Il fatto è che nessuna di esse verrà adottata dal vertice. Quest’ultimo non vincerà infatti l’opposizione tedesca agli eurobond, ovvero la mutualizzazione o condivisione dei costi dei debiti pubblici. Nè sarà vinta l’opposizione tedesca a far si che la Banca centrale europea possa acquistare direttamente i titoli degli stati sull’orlo del default. La Bce, infine, non sarà autorizzata ad imitare la Fed americana, ad avviare una politica di Quantitative easing, ovvero la creazione di nuova moneta». Moreno Pasquinelli. Il momento delle verità è arrivato. SollevAzione del 26 giugno
[6] «L’America è ossessionata dalla nostra crisi. Obama sa che un peggioramento della crisi renderebbe molto più difficile la sua rielezione. A Wall Street si temono ulteriori perdite: l’ex segretario al Tesoro John Snow che oggi lavora con Cerberus, un grande hedge fund, mi dice di essere convinto che alla fine l’euro non ce la farà. Alan Greenspan ha dato un quadro poco rassicurante in una cena privata pochi giorni fa a Park Avenue a New York. E il candidato repubblicano Mitt Romney non perde occasione per attaccare Obama dicendo :”se sarà rieletto ci trasfomerà in un paese socialista come l’Europa e con gli stessi problemi dell’Europa”. Se noi europei cercheremo oggi l’accordo a Bruxelles rischiamo di essere danneggiati da una retorica antieuro. Vero? “Non c’e’ un disegno anti euro – mi dice il direttore finanziario di una delle piu’ importanti banche americane – L’euro e’ oggettivamente in pericolo, se non domani fra sei – otto mesi, quando i nodi verranno al pettine. Mi chiedo: devo fidarmi di questo vertice? Con quali precedenti? L’unica mia certezza è che non voglio restare col cerino in mano”». Mario Platero. Il Sole 24 Ore del 29 giugno
[7] «C’è molta ambiguità nel documento ufficiale: esso parla sia di “ricapitalizzazione” sia di “assistenza finanziaria”. Se il fondo salva stati ricapitalizzerà direttamente le banche, si accollerà i rischi di un azionista ma anche una quota di controllo, e potrebbe voler imporre condizioni su azionisti, obbligazionisti e management». Roberto Perotti. Il Sole 24 Ore del 1 luglio 2012
[8] Ibidem