Il Fmi chiama, Draghi risponde, e Berlino tace… per ora
In attesa delle deliberazioni del Consiglio direttivo della Bce del 2 agosto

Dopo i due tonfi di venerdì e lunedì, nelle bische (borse) regna da ieri l’euforia. Il mucchio selvaggio degli strozzini e delle sanguisughe (trader o market makers) hanno improvvisamente cessato di vendere e si son rimessi a comprare. Come mai questo mutamento, tipico di un depresso bipolare?

Il governatore Mario Draghi ha solennemente affermato che “Non e’ possibile immaginare la possibilità che un paese esca dall’Eurozona”, che dunque la Banca centrale europea “è pronta a tutto per preservare l’euro”.

Tab 1 – Gli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce

L’annuncio di Draghi è stato da tutti, ma proprio da tutti, interpretato come la definitiva conferma che la Bce, aggirando il suo Statuto e ai Trattati europei, comprerà in quantità massicce, titoli di stato spagnoli e italiani. In gergo tecnico ECB Securities Markets Program (SMP) bond purchase. Nella Tabella n.1 sono indicate le due grandi operazioni SMP, quella che si concluse nel giugno 2010 e la seconda, che iniziò nel novembre 2011.

Tanto per essere chiari: senza queste due operazioni di acquisto di titoli non solo la Grecia, ma anche Portogallo, Italia e Spagna sarebbero già precipitate in stato di insolvenza (default) e l’eurozona avrebbe già fatto kaput. Non basta. Siccome queste due operazioni SMP vanificarono presto il loro effetto salvifico, la Bce riscese in campo, con le due disperate operazioni LTRO (longer-term refinancing operations) del 22 dicembre 2011 e del 1 marzo 2012. Di cosa si è trattato? Di due potenti iniezioni di liquidità alle banche (490 miliardi la prima, 530 la seconda), anzitutto italiane e spagnole. In cambio, come collaterali (a garanzia), le banche consegnarono alla Bce una montagna di titoli pubblici, oramai considerati tossici, che avevano in pancia.

Tab 2 – La composizione del patrimonio della Bce. Cerchiati in rosso, il 47%, i cespiti a rischio

Per essere, oltre che chiari, precisi: come ha confermato lo stesso Draghi successivamente, se la Bce non si fosse messa sul groppone questi mille miliardi, non solo avremmo avuto crack bancari a catena, ma un collasso combinato delle banche con quello dei debiti sovrani. A conferma che l’eurozona è stata già per tre volte (giugno 2010, novembre-dicembre 2011 e marzo 2012) sull’orlo dell’esplosione.

Dunque: che la Bce riavvii, nelle prossime settimane, una nuova operazione SMP su grande scala, è l’indicatore più sicuro che la moneta unica è per la quarta volta sull’orlo dell’abisso.

Tutti, dicevamo, (vedo or ora anche il “catastrofista” Paolo Barnard) danno per scontato che la Bce, ricorrerà, pur di evitare il crollo dell’euro, a quelle che giornalisticamente sono state denominate “armi non convenzionali”. Danno cioè per assodate due cose: che Draghi non bluffi e che alla fine il gruppo di banchieri che fanno capo alla BundesBank e che siedono nel Consiglio direttivo della Banca centrale europea, piegheranno la testa.

Tab 3 – Dallo scoppio della crisi finanziaria il bilancio della Bce è cresciuto a dismisura

Io non ne sarei così sicuro.
Lo sapremo comunque molto presto, la sera del 2 agosto, quando conosceremo lo conclusioni della prima riunione mensile del Consiglio direttivo della Bce. Secondo me ci sarà una battaglia campale, i tedeschi, spalleggiati dai loro satelliti, opporranno un’accanita resistenza. Già enorme è la parte “tossica” del patrimonio della Bce (vedi tabelle 2. e 3.). Ritengo altamente probabile che essi opporranno il veto a che la Bce riempia nuovamente il suo bilancio di un’altra vagonata di titoli spazzatura. Quindi, seguendo il mio ragionamento, giungiamo al dilemma: ammesso che Draghi non bluffi e ottenga la maggioranza dei due terzi, è davvero disposto a sancire una clamorosa rottura con la BundesBank?

Ora, l’ipotesi che Draghi bluffi, che abbia fatto solo un annuncio tattico, non è affatto peregrina. Draghi doveva pur dire qualcosa dopo che i Bonos spagnoli avevano appena raggiunto il rendimento allarmante del 7,4% (oltre la soglia virtuale greca del default), e mentre gli interessi dei BTp italiani erano arrivati al 6,7% (546 punti sullo spread, il massimo dal 9 novembre 2011, quando ancora era in sella il Berlusca). Ma c’è una seconda ragione che potrebbe far pensare ad un annuncio in cerca di effetto: giovedì 26 il Tesoro italiano mandava in asta 8,5 miliardi di titoli Ctz. Si temeva il peggio, ma grazie all’euforia di cui sopra, sono stati tutti piazzati senza rendimenti stellari.

Tab 4 – La crescita esponenziale del debito pubblico nell’Unione europea (dati Bce)

La prova del fuoco, per l’Italia, è tuttavia quella di lunedì prossimo, con l’asta dei Btp a cinque e dieci anni. Gli importi in offerta mirano ad una raccolta di 4,75 miliardi. Ma siccome la paura fa novanta il Tesoro italiano ha stabilito una minima di 2,75 miliardi: una forchetta mai così ampia per evitare un clamoroso flop. Il rischio è che i rendimenti schizzino oltre il 7%, seguendo la curva spagnola. E’ probabile che l’uscita fragorosa di Draghi eviti il peggio. Insomma: un annuncio tattico per guadagnare tempo, almeno fino al Consiglio del 2 agosto.

Ora, ammettiamo che Draghi faccia sul serio e che i tedeschi accettino una terza, ma ben più corposa operazione SMP. L’euro sarà scampato al suo destino funereo? Manco per idea! I tecnocrati avranno solo “comprato tempo”, come nelle tre precedenti occasioni. Come allora le mosse della Bce vennero spacciate per risolutive, in realtà non furono che potenti dosi di morfina per il moribondo.

Sarà così anche questa volta, con la differenza che l’effetto sedante, causa il grado di assuefazione raggiunto dai mercati finanziari, durerà per uno spazio ancor più breve, rimandando la resa dei conti verso l’autunno. Con alcune aggravanti rispetto ai casi precedenti: (1) la recessione a scala europea; (2) un debito pubblico crescente; (3) il rapporto deficit/Pil peggiorato in tutti o quasi i paesi dell’Eurozona; (4) il patrimonio della Bce, la massima istituzione di garanzia vista l’impotenza dei vertici politici, ancor più pregiudicato dalla quota oltre il 50% di titoli spazzatura.

Vedo che anche Paolo Barnard, oltre a dare per certa una terza manovra SMP, seguendo la tesi di alcuni analisti, sostiene che, nei fatti, la eventuale manovra della Bce sarebbe null’altro che un nuovo Quantitative easing, per nulla diverso da quelli praticati dalla Federal reserve americana e dalla Banca centrale d’Inghilterra. Barnard giunge ad affermare, con inossidabile supponenza, che ciò conferma “il paradigma fondante della MMT (per chi fosse interessato, qui e qui le nostre critiche alla Modern monetary theory).
Beato lui! Al contrario la questione è altamente controversa. Ma di questo avremo modo di trattare a parte.

Preme qui ribadire due cose. L’eventuale spaccio del pusher-Bce di altra droga a Stati e banchieri confermerebbe la tesi n.1 di chi, come noi, pronostica che la fine dell’euro è ineluttabile. Confermerà pure la tesi n.2, che questa fine è auspicabile. Un eventuale operazione SMP sarà venduta al pubblico come “salvataggio di Spagna e Italia”, invece, oltre che effimera, essa implicherà, per il popolo lavoratore e le economie di questi paesi, nuove micidiali strette della garrota, con cui verranno alla fine strangolati.