La svendita delle aziende pubbliche portoghesi imposta dalla troika
Come stiano le cose lo sapete: le crisi fotocopia, delle quali vi ho descritto il meccanismo qui, qui, e qui, prevedono una fase espansiva, nella quale la periferia si indebita coi soldi del centro per comprare i beni del centro, e una recessiva, nella quale la bolla scoppia. Questa fase, come sapete se avete letto Frenkel, si conclude generalmente con una crisi valutaria.
Gli speculatori, seguendo il meccanismo che ho descritto qui e qui, giocano al ribasso sulla valuta del paese fragilizzato dal debito estero, vendendone grandi quantitativi. La Banca centrale prova a “difendere” il cambio assorbendo l’eccesso di offerta di valuta nazionale, cioè vende, di fatto, valuta estera a un prezzo calmierato (il cambio fisso) agli speculatori, per sostenere il prezzo della valuta nazionale. Quando le riserve di valuta estera nelle casse della Banca centrale (le riserve ufficiali) finiscono, si è costretti a svalutare, e gli speculatori, tutti contenti, rivendono la valuta estera per comprare valuta nazionale a un prezzo molto inferiore (ricevendone quindi molta di più).
L’entrata nell’euro ha scongiurato questo tipo di crisi, ovviamente: le valute nazionali non ci sono più. I debiti però ci sono sempre, e il vincolo della bilancia dei pagamenti pure. I paesi che l’euro ha costretto al deficit si sono indebitati, hanno collocato all’estero titoli, e quindi i mercati hanno un potere di ricatto molto forte: invece di vendere valuta nazionale (che non c’è più), vendono i titoli nazionali in loro possesso (sono denominati in euro, certo, ma sono sempre un’attività emessa dal paese). Il crollo del corso dei titoli (o l’impennata degli spread) mette in difficoltà i mercati e in generale l’economia locale, e quindi i capitalisti del Nord, venduti i titoli, possono comprare in cambio tante belle aziende private o pubbliche a prezzi stracciati.
Va da sé che i sagaci governanti locali, opportunamente insufflati dai capitalisti del Nord, provvedono a promuovere grandi politiche di liberalizzazione e di compressione dei diritti, onde rendere più facile l’acquisto delle imprese nazionali da parte degli investitori esteri, e renderne anche più profittevole l’esercizio. Nelle crisi tradizionali lo stock di riserve valutarie prima o poi finiva, ma oggi, prima che un intero paese venga venduto, ce ne vuole, e la crisi può durare praticamente ad libitum. Questo è il gioco che Monti fa in Italia, com’è evidente e come abbiamo detto più volte, ma non è il solo. Guardate cosa succede in Portogallo…
Ricevo da Massimo De Maria di Informação Incorrecta e molto volentieri pubblico perché capiate meglio (ma voi avete già capito benissimo):
Nel corso dell’ultima settimana il governo ha ufficializzato l’intenzione di vendere la ANA (gestione aeroportuale) e la TAP, la compagnia aerea di bandiera. Ed é di oggi la notizia (ancora non confermata ma già da tempo “nell’aria”) per cui anche il secondo canale televisivo pubblico, RTP 2, sarà venduto ai privati.
Ciò é frutto della quarta revisione da parte della Commissione Europea del memorandum firmato dal governo portoghese e dalla cosí chiamata “troika” (gli ispettori dell’Unione, del FMI e della BCE). Le nuove privatizzazione si sommano all’anteriore disimpegno dello Stato nell’area dell’elettricità (imprese REN e EDP, inizio di quest’anno).
Ma il caso TAP é interessante: utili di 7.3 milioni di Euro nel corso del 2007, 32.8 milioni nel 2008, 57 milioni nel 2009, 62 nel 2010, 3.1 milioni nel 2011.
Fernando Pinto, Presidente Esecutivo della compagnia, recentemente ha affermato che l’impresa tornerá ad un risultato positivo nel corso del 2012. Ciò significa che il governo privatizza una impresa che ha fornito utili nel corso degli ultimi anni (malgrado la “frenata” del 2011) e che vedrà gli stessi aumentare nuovamente al termine del presente anno.
Previste per l’anno prossimo la vendita della CTT (Poste), CP Carga (trasporto merci delle Ferrovie), Águas Potáveis (acque) e l’apertura ai privati nel settore dei trasporti pubblici (già parzialmente privatizzati).
Interessante anche notare che la privatizzazione non é una novità in Portogallo. Giá i precedenti governo Cavaco Silva (economista e attuale Presidente della Repubblica), Guterres (ora Alto Commissario per le Nazioni Unite), Durão Barroso (Presidente della Commissione Europea) e Sócrates (ora in Francia) privatizzarono numerose imprese pubbliche, ottenendo un utile di 28.039 milioni di Euro e senza che questo apportasse evidente benefici: nello stesso periodo (1987-2008) il debito pubblico portoghese passava da 18.049,4 milioni a 110.346,6 milioni.
L’attuale governo, che mira ad eseguire alla lettera le indicazioni della troika perché “é importante l’idea che all’estero hanno di noi”, ha intenzione di proseguire sulla strada delle privatizzazioni con la vendita di INAPA (carta), Edisoft (hardware e software), EID, Empordef (industria pesante), Sociedade Portuguesa de Empreendimento, parte di Caixa Geral de Depósitos (banca), e la privatizzazione parziale di Galp (energia, una impresa molto nota nel Paese, con utili che sono cresciuti del 56.7% nel primo semestre, raggiungendo 178 milioni di Euro:), Companhia de Seguros Fidelidade-Mundial (assicurazioni), Império Bonança (banca) e Emef (ferrovie). Oltre alle imprese citate in apertura.
L’idea é sempre la stessa: uno Stato più “magro” significa uno Stato piú efficiente, anche se ciò implica rinunciare ad alcune imprese che forniscono utili, sembra di capire.
D’altronde, il mantra che si trova alla base del pensiero unico dominante é quello secondo cui i Portoghesi hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilitá nel corso degli ultimi anni (o decenni, non é ben chiaro), cosa che ha provocato una spesa incontrollata dello Stato e l’aumento del debito pubblico.
Ora é necessario fare sacrifici per poter stare meglio in seguito (parole del Primo Ministro). E fare sacrifici significa distruggere lo Stato, rinunciare ai sussidi delle ferie (13ª e 14ª dei dipendenti pubblici già tagliata), chiudere ospedali (diverse decine fino ad ora, se ricordo bene), servizi pubblici a pagamento (teoria dell’utilizzatore-pagante).
Questo é quanto.
(Chiaro, no? Chissà come si chiama il Giavazzi portoghese? Devo fare una telefonata a Coimbra: uno ce l’avranno pure loro, stai sicuro…).
da Goofynomics