Da un’estate all’altra: dall’ottimismo del fanfarone a quello del becchino

Ancora una anno fa eravamo alle prese con l’ottimismo del fanfarone: la crisi stava per risolversi, i ristoranti erano pieni ed i turisti non trovavano un biglietto neppure per Orio al Serio. Ma il tempo a volte passa invano. «Vedo vicina l’uscita dalla crisi», ecco la frase culminante del discorsetto di Monti a Rimini. Il fanfarone non c’è più, ma anche un tecnocrate con la faccia allegra come quella di un becchino riesce a dire le stesse cose. Stessa sicumera, stessa faccia tosta, stessa fantasia.

Come le frasi del fanfarone venivano immediatamente rilanciate da un Cicchitto, quelle del necroforo della Bocconi vengono subito riprese dal ministro Passera, un ex(?) banchiere che quando lo vedi ti viene subito di mettere l’accento (passerà). Anche lui accorso dai ciellini, gente avvezza ad usare Dio per riempirsi le tasche di soldi, platea ideale per un banchiere che ama  moraleggiare come evadere il fisco.

Ottimismo! Ottimismo! Ottimismo! Peccato che non ci sia un solo indicatore economico che volga al meglio. Pil, produzione industriale, tasso di disoccupazione, ore di cassa integrazione, consumi, debito pubblico e chi più ne ha più ne metta. Tutti in negativo, tutti peggiori delle previsioni dei famosi «tecnici» che torneranno a riunirsi venerdì a Palazzo Chigi.

Da dove arriva, allora, tanto ottimismo? Semplice, quella di Monti non è stata una «visione» tecnica e tanto meno mistica, bensì il frutto di una piccola anticipazione da oltreoceano. Stava infatti per arrivare, ed è infine giunto stamattina, il nuovo rapporto di Moody’s, quello che ha dato inchiostro ai titoloni della stampa on-line montista. «Moody’s: “Italia e Spagna salve nel 2013”» (la Repubblica),  «Moody’s: “Italia salva entro il 2013”» (Corriere della Sera).

Riecheggiando la ridicola canzoncina berlusconiana, ci sembra di vederli tutti canticchiare – dai ministri a Napolitano, da Casini a Bersani, da Alfano a Scalfari – un liberatorio «Meno male che Moody’s c’è». E non c’è solo Moody’s, che gli americani quando fanno le cose le fanno in grande. E’ arrivata infatti anche Fitch (altra agenzia di rating) a decretare che «L’attuale governo italiano ha tantissima credibilità».

Ma guarda un po’ che tempismo! La politica tedesca respinge apertamente ogni ipotesi di mutualizzazione del debito, la Bundesbank boccia la Bce, Mario Draghi deve fare un penoso dietrofront sugli acquisti dei titoli di Stato, la Grecia è ad passo dall’uscita dall’euro, e cosa si inventano a Washington? I rapportini delle agenzie di rating. E’ proprio vero: in America l’euro lo amano sul serio…

Ma chi ha mosso la manina di Moody’s? Ora, si da il caso che Moody’s abbia una proprietà, e che il principale azionista si chiami Warren Buffet, noto per essere l’uomo più ricco degli Usa, ma anche per essere un amicone di un certo Barack Obama. E si da il caso che quest’ultimo abbia in questo momento un unico pensiero, quello di essere rieletto a novembre. Rielezione assai difficile nel caso di un crack finanziario a breve, meglio dunque rimandare l’evento e chiedere un favore a certi amici di Omaha.

Già, diranno gli ingenui, ma Buffet non è un noto speculatore? Esatto – e come si diventa l’uomo più ricco degli Usa, altrimenti! – ma, contrariamente a quel che si vorrebbe far credere, gli speculatori non operano solo al ribasso, ma anche al rialzo. Anzi, senza le oscillazioni rialziste e ribassiste non potrebbe esistere alcuna speculazione finanziaria. Ci scusiamo per questa banalità, ma è solo per far capire anche ad un lettore di Repubblica che anche in questo modo il sig. Buffet potrebbe guadagnarci del suo, mentre aiuta un amico ad evitare lo sfratto.

Ora, per la verità, l’«oracolo di Omaha», così lo chiamano, ha fatto il suo lavoretto stando però ben attento a non sputtanarsi troppo. Intanto parlando di un futuro assai incerto (il 2013), quando «Italia, Spagna e Portogallo potrebbero uscire dall’attuale stato di cose» (citiamo dal sito del Sole 24 Ore). Uscire? Già, ma in quale direzione?

Moody’s non ce lo dice, ma ci dice che le misure necessarie per questa «uscita» sono state prese ma che «questa fase di aggiustamento è completa a metà nel migliore dei scenari, a seconda del paese in questione». Auguri…

Dovendo confezionare un simile pastrocchio l’agenzia del sig. Buffet ricorre perfino ad un pittoresco quanto improbabile esempio scandinavo. Citiamo ancora dal Sole 24 Ore on-line: «Secondo Moody’s l’attuale situazione di squilibrio vissuta dai paesi più deboli dell’eurozona ricorda “un simile periodo di crisi e di aggiustamento” in Finlandia e Svezia tra il 1990 e il 1993. Alla Svezia occorsero tre anni per far tornare il pil ai livelli pre-crisi mentre per la Finlandia ce ne vollero sei. “Su base comparativa – spiega Moody’s – le contrazioni registrate nei due paesi iberici e in Italia sono relativamente modeste (almeno fino ad ora), simili a quelle della Svezia mentre i casi di Irlanda e Grecia (e qui la crisi non sembra aver ancora toccato il punto più basso) sono più simili a quello della Finlandia”».

A dire il vero, a parte l’assurdo paragone scandinavo – del tutto improprio, altro non fosse che per il banalissimo fatto che, a differenza degli odierni paesi dell’eurozona, Svezia e Finlandia disponevano (e si servirono) della sovranità monetaria – resta il piccolo particolare che il Pil italiano segnerà probabilmente quest’anno un -7% rispetto al livello pre-crisi del 2007. E dunque il ragionamento di Moody’s proprio non torna.

Ma cosa volete che siano questi particolari per l’euro-ottimismo di ritorno che vorrebbe ridare smalto al blocco montista in affanno! Di simili incongruenze se ne infischieranno bellamente, tutti intenti a canticchiare, finché sarà possibile, «Meno male che Moody’s c’è». Lasciamoli fare, che di certo non potrà durare a lungo.