Sono siciliana. Sono nata a Palermo e a Bagheria ho vissuto per 24 anni della mia vita. Come tanti giovani coetanei sono emigrata alla ricerca di un lavoro che mi permettesse di sopravvivere e così ho firmato i primi contratti, ovviamente a tempo determinato, perché anche in tempi non sospetti (con la crisi ancora di là da venire), i nostri governi, indifferentemente di sinistra o destra, si sono divertiti a distruggere il mondo del lavoro, rendendolo atipico e precario, trasformando così la nostra penisola in una repubblica fondata sullo stage.

Da lontano ho seguito le vicende siciliane, ho seguito il suo lento e inesorabile declino, la sua agonia. L’arrivo della crisi ha solo accelerato il malessere diffuso, portando i siciliani ad un punto di non ritorno. Esagero? La Sicilia risulta essere la regione con il più alto tasso di disoccupazione giovanile dell’intera Europa. Su poco più di 5 milioni di abitanti,  1 milione e 400 mila è disoccupato. Nel primo trimestre di quest’ultimo anno sono andati persi 35 mila posti di lavoro, (100 mila negli ultimi sei anni), hanno chiuso i battenti 28300 imprese agricole, a causa dell’aumento dei costi e della stretta creditizia.

I 2200 operai della ex Fiat di Termini Imerese, in cassa integrazione dal 1° Gennaio 2012, si trovano in un limbo di incertezze; a loro fanno compagnia i 400 operai del settore petrolchimico dell’Eni di Gela, anch’essi in cassa integrazione da giugno, gli operai della Italcementi e i 1800 operai della Gesip (società che gestisce i servizi pubblici) che proprio ieri, in massa, hanno invaso le strade di Palermo, per difendere il diritto al lavoro e la dignità delle famiglie.

La situazione in Sicilia è ormai insostenibile, alla mancanza di lavoro, ai prezzi che crescono sempre più, si aggiunge il pizzo della Serit, terrore vero dei cittadini, ti porta via denaro, casa, terre, tutto, facendo rimpiangere i vecchi estorsori di un tempo. Si aggiungono le politiche nazionali volte a salvaguardare banche e finanze con i sacrifici dei lavoratori onesti. Tagli, tasse, Imu, Iva, vogliono la pelle! Assieme alla miseria è cresciuta e si è diffusa una grande indignazione.

In questo contesto sono nati i Forconi. Contro questo stato di cose si sono scagliati. Avevano mosso i primi passi nel 2011, e in poco tempo si sono fatti conoscere. Hanno fatto da collante alla rabbia diffusa, alla voglia di riscatto. Hanno avuto la capacità di portare in strada il popolo di Sicilia. A gennaio, dopo la settimana calda dei blocchi, grazie a loro, studenti, precari, pescatori, autotrasportatori, agricoltori, uomini, donne e pensionati, hanno manifestato fra le vie di Palermo. Erano migliaia, una società intera.

La stampa, assieme a una certa sinistra spocchiosa e borghese, si è distinta per la campagna denigratoria nei loro confronti. Li hanno accusati di essere mafiosi, padroncini, in cerca di visibilità. Prima li hanno infamati, poi li hanno ignorati.

I Forconi non si sono arresi, sono andati avanti nella loro battaglia, con le loro sacrosante rivendicazioni. Il loro primo obiettivo è stato svegliare i siciliani. Con la carovana, in giro per tutta l’isola, hanno cercato di infondere fiducia e coraggio, hanno esortato a non abbattersi, a trovare la forza di combattere in prima linea, a non compiangersi con un misero “tanto non cambia mai niente”.  Con l’esempio,  con determinazione, ci hanno messo la faccia, senza vergogna.

Il 28 ottobre si vota per eleggere il governatore e i deputati regionali. I Forconi hanno deciso di partecipare alla tornata elettorale, di candidarsi per occupare i palazzi del potere e cambiare tutto radicalmente.

A chi gli contesta questa scelta, hanno risposto che non avevano alternative. O chiudersi in casa, arrendersi, o provare questa strada.

Gli errori li hanno commessi, hanno fatto pubblica ammenda per aver creduto nel dialogo e nei tavoli tecnici del governo regionale e nazionale. Hanno riconosciuto che non dovevano fermare la protesta massiccia dei mesi scorsi. Hanno pagato caro con il riflusso seguito. Hanno avuto il tempo necessario per prendere le distanze da chi cercava di cavalcare l’onda, di sfruttare il Movimento per fini personali.

Da gennaio personaggi loschi come Martino Morsello sono ufficialmente fuori dai Forconi. E’ Morsello, purtroppo proprietario del vecchio simbolo, ad allearsi con Sgarbi e Forza nuova per queste elezioni e sostenere come presidente Cateno De Luca, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, tentata concussione e falso.

Anche Franco Calderone è fuori. Ha deciso di ingrossare le file di Pd-Udc-Api (che strano connubio) e sostenere Rosario Crocetta.

Crocetta sarà pure stato il primo sindaco nella storia d’Italia dichiaratamente omosessuale, si sarà pure autodefinito “sindaco antimafia”, ma a me sembra che come sindaco di Gela, dovrebbe prima difendersi dalle accuse di inquinamento, disastro sociale, vicinanza alle lobby e ossequio al governo Lombardo.

Il punto è che dietro le facce non pulite ma imbiancate dei candidati, ci sono i soliti noti, quelli che hanno portato la Sicilia al disastro, o perché direttamente collusi con la Mafia, oppure perché abilmente servitisi dell’Antimafia, hanno fatto una carriera politica lunga e soddisfacente fra i plausi generali. E la gente si è profondamente stancata dell’una e dell’altra. La gente è talmente stanca e sfiduciata, talmente disillusa dalla politica che forse questa volta, a vincere sarà l’astensione.
Anch’io non ho votato per diversi anni, perché non trovo differenze fra destra e sinistra, perché tutto il sistema è da abolire, perché sono contro la casta sanguisuga, aggrappata ai suoi  privilegi e alle sue poltrone.

Ma questa volta è diverso, perché sulla scena hanno fatto irruzione i Forconi. Sono solo lavoratori senza più lavoro, vittime come tanti, sfruttati come tanti, stanchi come tanti. Una voce del popolo.
Li voterò perché in Sicilia a mia memoria, non c’è mai stata una protesta così radicale e sentita. Perché non ho mai visto leader popolari onesti e apprezzati farsi avanti per cambiare veramente le cose e mettersi in gioco a qualsiasi condizione, contro ogni tentativo di ricatto, diffamazione e silenzio stampa. Perché non ho mai visto agricoltori e pastori andare davanti ai cancelli delle fabbriche e incoraggiare gli operai, esortarli a non arrendersi, a non piegare la testa ai ricatti dei padroni, dei politici, delle multinazionali. Perché non se ne può più dei soliti partiti interni al sistema, dei soliti collusi con Roma, asserviti al potere, cialtroni, venditori di promesse menzognere.

Perché non si è mai vista una campagna elettorale condotta in condizioni di assoluta miseria, con l’ostracismo dei media, senza mezzi necessari neppure per stampare un manifesto.

I Forconi fanno colletta per raccogliere i soldi della benzina e andare a fare comizi e diciamolo che ancora siamo abituati alle buste della spesa con i 50 € dentro. Li ho visti con i miei occhi. Voti comprati, contro le rivendicazioni di chi già ai primi del mese si chiede come farà a pagare le tasse senza rinunciare a nutrirsi.

Mi sono presa la briga di tornare a casa e andare a vedere come stavano effettivamente le cose. Ho incontrato Mariano, Crupi e Scarlata. Ho partecipato alle manifestazioni e ho percepito distintamente l’esasperazione di tutti.

Questa volta, per protesta, non posso astenermi, questa volta, per protesta, voterò e voterò i Forconi di Ferro.

da Sollevazione