Faranno tutto il possibile, ma non sarà abbastanza

Con due fave i mercati finanziari si vedono serviti su un piatto d’argento tre appetitosi piccioni. Il combinato disposto tra l’annuncio della Bce e la decisione della Fed di un terzo Quantitative easing (Qe) ha allontanato l’incipiente tempesta finanziaria, ha probabilmente assicurato la rielezione di Obama, ed infine evitato che Spagna e Italia precipitassero in uno stato di insolvenza sui debiti sovrani. Queste misure hanno tuttavia il fiato corto. Ecco le ragioni.

Le misure della Federal reserve

La promessa della Bce di acquistare consistenti quantità di titoli di Stato di paesi sull’orlo del default come Spagna e Italia è stata spacciata come un “bazooka”. Seguendo quest’analogia militare dovremmo rappresentare la mossa della Fed come una “cannonata”. La terza per la precisione.

Con i due precedenti Qe la Federal reserve acquistò titoli di stato americani per la somma stellare di 2.300 miliardi di dollari (per capirci, quanto il Pil della Francia). Speravano, con quelle manovre, non solo di evitare l’insolvenza della Casa Bianca, ma di stimolare la crescita e di spingere in su il Pil. Il ricorso ad una terza operazione di Qe attesta il fallimento di quelle aspettative. L’economia americana è impaludata in un ciclo lungo di stagnazione. Né va dimenticato, a proposito di risorse esborsate per “salvare” il sistema bancario moribondo, i 700 miliardi di dollari che Bush chiese e ottenne dal Congresso per salvare l’agonizzante sistema bancario USA.

Se consideriamo anche i salvataggi bancari in Europa, governi e banche centrali hanno elargito, euro più euro meno, la “sommetta” di 4.700 miliardi: «A conti fatti il salvataggio delle banche d’Europa e degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni è costato ai contribuenti un ammontare che corrisponde all’incirca a tre volte e mezzo la ricchezza che verrà creata nel 2012 in un paese come l’Italia oppure, se preferite, grande quanto il Pil di Francia e Germania messe assieme». [1]

Cifre che danno, da una parte, la misura del carattere strutturale e sistemico della crisi capitalistica, dall’altra del livello inedito di finanziarizzazione dell’economia, infine di quanto i pubblici poteri siano sì asserviti ai grandi conglomerati speculativi ma contino ancora moltissimo — non fosse perché amministrano budget statali che fanno la metà circa del Pil nazionali. I governi hanno infatti seguito politiche basate sul dogma per cui, solo salvando il capitalismo-casinò, l’economia reale avrebbe imboccato la strada della “crescita”.

Tab. 1 – Titoli di stato in mano alle banche centrali. Sotto l’effetto leva: una mina sotto Fed e Bce

Così non è stato evidentemente se Bernanke, pur di stimolare il ciclo economico (e, ripetiamolo, salvare Obama), è dovuto ricorrere ad un terzo Qe. Diverso dai precedenti per modalità e dimensioni. Questa volta la Fed acquisterà direttamente dalle banche titoli garantiti dai mutui immobiliari (i famigerati Mortagage backed Securities, titoli tossici in sostanza). Il motivo apparente è quello di far ripartire il mercato immobiliare, considerato pilota ma che da anni resta al palo. In verità si tratta di un nuovo soccorso alle banche, che potranno sbarazzarsi, consegnandoli alla Fed in cambio di moneta sonante, dei titoli spazzatura che pregiudicano i loro bilanci. Bernanke ha promesso che la Fed acquisterà 40 miliardi di dollari al mese di obbligazioni ballerine, almeno fino al 2015, per un ammontare totale di circa 1.400 miliardi di dollari. Inoltre «La Fed ha ribadito che continuerà fino a fine anno l’operazione Twist, che scambia titoli del Tesoro a breve già in portafoglio per bond a lunga, per un ammontare di 45 miliardi al mese». [2] Dulcis in fundo: queste operazioni vengono adottate mentre la Fed mantiene a zero il tasso di sconto (l’interesse che le banche pagano a quella centrale quando chiedono denaro).

Fiumi di liquidità — che Benanke può mettere in circolazione senza temere l’inflazione interna che spalma appunto su scala mondiale a causa del fatto che il dollaro resta la moneta principe delle transazioni commerciali e anzitutto finanziarie — riversati sui mercati che a poco sono serviti e a poco serviranno. 

Il fatto è che i mali del capitalismo non possono essere risolti dalle politiche monetarie, per quanto super-espansive (con buona pace dei keynesiani e degli ultra-keynesiani della Mmt). Se ciò che ha fatto grippare tre pistoni su quattro del capitalismo occidentale è, come riteniamo, la caduta del generale saggio di profitto nei settori primari, non è che aumenti la potenza riempiendo i serbatoi dove le banche stipano il danaro.

Ricorrendo ad un’altra analogia: le iniezioni di liquidità sono come dosi di steroidi anabolizzanti, i cui effetti non soltanto sono decrescenti ma pregiudicano la capacità dell’organismo di produrre testosterone.

Questa liquidità, come è empiricamente dimostrato dall’andazzo degli ultimi anni, mentre aumenta i debiti pubblici degli Stati, non finisce che in minima parte nei settori primari dove si crea il plusvalore, precipitano invece nel pozzo senza fondo del gioco d’azzardo finanziario. Col che la crisi capitalistica si avvita su se stessa avvicinando il momento del grande crack dell’Occidente imperialistico. Un crack che colpirà anzitutto l’Europa, per la semplice ragione che i suoi paesi sono zavorrati dal dover tenere in vita una moneta unica insensata, che cozza contro le più elementari leggi di mercato.

Il “bazooka” della Bce fa cilecca

            Tab. 2 – L’Esm/Mes

Abbiamo già smascherato, in due precedenti articoli, il cosiddetto “miracolo” dell’operazione Omt della Bce [Te lo do io lo scudo antispread e Più che bond comprano tempo]. 
Non ci soffermiamo quindi sui dettagli e sulle severe condizioni poste da Draghi affinché la Bce acquisti titoli di debito sovrano.
Sta di fatto che è dalla fine di luglio che ce la menano con la diminuzione degli spread tra i titoli italiani e spagnoli con quelli tedeschi. Si sprecano gli Osanna a Draghi. 

I numeri danno ragione ben poco alla schiera degli analisti salmodianti. Vero è che da fine luglio gli interessi che il Tesoro italiano deve pagare a chi acquista i suoi titoli sono scesi sensibilmente, mentre son cresciuti quelli che deva pagare il governo tedesco. A guardarle da vicino le cose sono un po’ più complicate. Se prendiamo a riferimento i titoli tedeschi a due anni, prima del 25 luglio (data delle dichiarazioni di Draghi “faremo tutto il possibile, e sarà abbastanza”), davano un interesse negativo dello 0,064. Oggi ne danno sì uno positivo ma irrisorio, lo 0,030. Prendiamo pure i titoli a 10 anni, i BTp. Un mese e mezzo fa, quando la tempesta era in arrivo, il Tesoro pagava il 6,41% di interessi, oggi, dopo il “bazooka” della Bce siamo al 5,40. Un punto in meno ma sempre sopra la soglia del 5%.

Di che cosa stanno dunque parlando gli esaltati? Se sono queste le cifre che dovrebbero attestare l’efficacia dello scudo anti-spread (la mossa della Bce + il fondo Esm/Mes cosiddetto salva-stati in arrivo, dovremmo concludere che si tratta di uno scudo quanto mai sgangherato. Ci si dirà che per adesso siamo alle prese solo con l’annuncio dell’entrata in vigore dello scudo, che quando la Bce passerà ai fatti si otterranno risultati eclatanti. Ci sia permesso dubitarne. Non si può ad ogni piè sospinto dire che i mercati si muovono sulle aspettative (di guadagno o di perdita) e poi, quando fa comodo, dimenticarsene. Gli speculatori (o investitori finanziari, che dir si voglia) agiscono sul filo del tempo reale e in base alla massima “piatto ricco mi ci ficco”. Se io sono un trader, mi precipito ad acquistare  i titoli dei paesi periferici, poiché il fatto che la Bce funge da garante di ultima istanza, non solo farà salire il loro prezzo ma mi assicurerà dal rischio di insolvenza dell’emittente. Invece non c’è stata alcuna fuga in massa dai titoli dei paesi core e nessuna calca ad acquistare quelli dei periferici.

Perché dunque la grande finanza globale, malgrado la polizza Bce, non è corsa ad acquistare titoli spagnoli e italiani? Per la semplice ragione che ritengono ancora molto probabile l’implosione dell’euro, eventualità rispetto alla quale la garanzia fornita dalla Bce è del tutto inadeguata. C’è una sola cosa che potrebbe davvero convincere i “mercati” che l’euro sopravviverà: il passaggio tutto politico dell’Unione ad un vero e proprio super-Stato a tutela tedesca.

Non vogliono ammetterlo ma i tecno-oligarchi europei speravano che la decisione della Bce e il lasciapassare della Corte costituzionale tedesca, avrebbero abbassato lo spread sui Bonos spagnoli e i BTp (quelli che fanno da benchmark, da punto di riferimento) a meno di 200 punti mentre ballano tra i 430 e i 350. Dato ancora più allarmante: gli interessi dei Bonos spagnoli sono al 6%, addirittura più alti rispetto al novembre dell’anno passato.

Cosa significhi per le economie capitalistiche la forbice dello spread sui titoli è presto detto. Per vendere un’obbligazione decennale un’azienda solida nel settore delle utilities come la Snam, è costretta a pagare un tasso d’interesse del 5,23%, poco sopra il 5,17% del BTp analogo. Ma un’obbligazione con scadenza simile della tedesca Rwe (che ha un rating paragonabile a quello di Snam) rende il 2,40%. Snam deve sopportare tassi d’interesse doppi rispetto alla sua concorrente tedesca. «Il verdetto è impietoso: l’industria italiana difficilmente potrà competere con quella dei paesi più forti. Il tessuto industriale italiano rischia di finire al tappeto». [3]

In pratica, alle spalle dell’eurozona e in barba alla moneta unica, insistono gerarchie di potenza e disparità di condizioni enormi, che altro non sono che la maschera dietro alla quale si nascondono i vecchi stati nazionali, gli irriducibili interessi dei diversi capitali. Ad un’unica divisa formale corrispondono diverse monete reali.

Le cose non miglioreranno nei prossimi mesi anzi, tenderanno a peggiorare, con la forbice degli spread dell’eurozona che tornerà ad allargarsi. A verifica c’è il fatto che nelle borse europee l’effetto Draghi non si è fatto sentire quasi per niente. Gli analisti parlano di “correlazione inversa”, quella tra valore delle azioni e saggi dei titoli di stato: quando questi ultimi scendono, di norma, salgono le quotazioni in borsa. Questa sincronia non ha funzionato. [4]

Segno che i mercati restano guardinghi, non si attendono gran che dalle misure combinate della Bce e del fondo Esm/Mes e, come noi, considerano molto probabile il default di Spagna e Italia. Del resto non è un mistero che l’aumento delle quotazioni di Bonos e BTp è stato determinato da una delle più classiche operazioni speculative, l’urgenza di ricoprire le posizioni al ribasso, anzitutto da parte della finanza anglosassone. [5]

Tra le borse ha fatto parzialmente eccezione Piazza Affari, che dallo scorso 24 luglio ha guadagnato un 31%, circa 67 miliardi di capitalizzazione recuperata. Ma la parte del leone l’hanno fatta le banche (che sono i principali attori della borsa di Milano) appunto perché la mossa della Bce è stata come una polizza assicurativa per banche e assicurazioni italiane, le più esposte sul debito sovrano tricolore.

Non stiamo dicendo che lo scudo anti-spread (acquisti Bce e fondo salvastati) non entrerà in funzione, certo che ci entrerà. Ci entrerà anzi molto presto, forse già ad ottobre, ma appunto per prevenire il collasso della Spagna e a seguire quello dell’Italia. Il fatto che ci sia tanta fretta di farlo entrare in funzione ci dice due cose: che l’effetto annuncio della Bce, ribadiamolo, non ha sortito l’effetto sperato, e che la moneta unica resta appesa ad un filo. E resta appesa ad un filo perché il vero “bazooka” salva-euro, il passaggio dell’Unione ad un super-stato è altamente improbabile se non impossibile.

Tornando allo scudo e alla sua efficacia gli analisti si chiedono se i fondi preventivati saranno sufficienti per evitare i default di Spagna e Italia. La risposta è che non basteranno. Se questi paesi non usciranno presto dalla recessione (che diminuisce le entrate fiscali, rende impossibile ridurre i disavanzi di bilancio e distrugge il tessuto produttivo) non ci sarà scudo che tiene. Del resto come dimenticare che per far scattare le compere della Bce i paesi in questione debbono chiedere l’intervento del Mes/Esm. Sorvoliamo sul fatto che questo nuovo Trattato sottopone i paesi debitori ad un vera e propria dittatura di quelli creditori. Il meccanismo degli “aiuti” è diabolico. Affinché entri in funzione ogni paese deve versare la sua quota (per la Spagna è di 83 miliardi di euro, per l’Italia di 125 e rotti). Spagna e Italia, insomma per ricevere gli aiuti e finanziare i loro debiti debbono indebitarsi ulteriormente, aggravando quindi i bilanci pubblici già traballanti. Non salvastati quindi ma ammazza-stati si dovrebbe chiamare il Mes/Esm!

Nel frattempo, e le notizie in merito sono volutamente messe in sordina, le condizioni di Grecia e Portogallo (paesi “salvati” ovvero già tagliati fuori dai mercati finanziari) peggiorano. Malgrado i due “salvataggi” i creditori della Grecia, tramite il Fmi, si stavano accordando per estendere dal 2012 al 2014 la scadenza affinché il paese riesca a mettere  il bilancio in pareggio. [6] In verità le cose stanno messe molto peggio, veniamo a sapere che la Troika «non crede che la Grecia riuscirà a ridurre il debito pubblico al livello del 120% del Pil entro il 2020 come concordato» [7]  Un’impasse, quello greco che può spingere nel prossimo futuro, malgrado tutti i proclami ufficiali in senso contrario, il paese fuori dall’euro.

Tab. 3 – I “salvataggi” che salvano solo banche e finanza speculativa 

Veniamo poi a sapere che il Portogallo «Non riuscirà come sperato a centrare gli obiettivi di deficit imposti da Ue, Bce e Fmi che nel maggio dell’anno scorso hanno salvato il paese dal default con un prestito di 78 miliardi». [8] Su chi venga effettivamente “salvato” il caso greco è esemplare (vedi tabella n.3).

La Spagna, da parte sua, avrebbe già visto schiantarsi il suo sistema bancario se non fosse stato per il prestito di 100 miliardi elargito a luglio dalla Ue. Per adesso la falla è stata tamponata. Per adesso, visto che anche i calcoli più generosi parlano di una voragine di alcune centinaia di miliardi. Degna di nota, anche in questo caso, l’assurdità del meccanismo di aiuto. L’Italia ad esempio, ha versato la sua quota (sarà messa a bilancio dai “tecnici” questa voce di spesa?) prestando alla Spagna soldi al 3% ma prima ha dovuto reperirli sui mercati pagando quasi il 7%. Per restare alla Spagna e per capire che aria tiri in questo paese si deve sottolineare l’enorme fuga di capitali monetari e risparmi verso lidi più sicuri: «In appena un mese i depositi si sono ridotti del 5,4% passando da 662 miliardi di giugno a 626 di luglio. Praticamente si sono volatilizzati 36 miliardi di euro. Il dato è allarmante se si pensa che, da inizio anno, il calo dei depositi è stato complessivamante di 45 miliardi. In pratica l’80% dell’emorragia di depositi del 2012, si è vista nel solo mese di luglio». [9]

L’intervento della croce-rossa-Bce ha evitato un’altra volta un collasso, e riuscirà per un po’ di tempo a tenere in vita l’euro, ma esso è ormai in uno stato di coma farmacologico. A Gennaio, anche a causa di una recessione che colpirà più duro, saremo probabilmente da capo a dodici, con la finanza speculativa che alzerà il prezzo per non fuggire dai paesi dell’Europa meridionale. Un prezzo che nessuno potrà pagare, e che i tedeschi per primi non vorranno pagare.

A ciò vanno aggiunti due fattori, diversi per dimensioni ma entrambi importanti.
Il primo ci riguarda da vicino ed è che l’Italia sarà particolarmente esposta, con l’avvicinarsi delle elezioni e l’incertezza sul dopo-Monti, alle pressioni dei mercati finanziari, i quali non esiteranno — pur di essere certi che la sovranità nazionale sarà stata stracciata e che il popolo verrà spremuto come un limone per tenere fede al rimborso del debito — a giocare pesante come fecero nel novembre del 2011, spingendo Berlusconi alle dimissioni.

La seconda è che a causa della ingente liquidità immessa nei circuiti finanziari, anzitutto dalla Fed, potremmo avere l’esplosione di una nuova bolla finanziaria globale, un crollo generale dei valori borsistici. Dove, a quel punto, la Fed e la Bce, troveranno ulteriori risorse dato che hanno riempito i loro bilanci di titoli spazzatura e che l’effetto leva è già ai massimi? 
Rischieranno esse stesse un radicale deprezzamento dei loro assets. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili.

Note

[1] Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore. 18 luglio 2012
[2]Marco Valsania, Il Sole 24 Ore. 14 settembre 2012
[3] M0rya Longo, Il Sole 24 Ore. 11 settembre 2012
[4] Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore. 12 settembre 2012
[5] Walter Riolfi, Il Sole 24 Ore. 11 settembre 2012
Ricoprire posizioni al ribasso o mettersi short, significa lucrare facendo leva sul deprezzamento del titolo su cui giochi. Ciò ha a che fare con la cosiddetta vendita allo scoperto. Esempio: vendo un titolo che ho preso in prestito da una banca o altro operatore al prezzo di 10 euro per riacquistarlo poi a 8. Il contrario è entrare a rialzo o mettersi long, scommettendo sull’apprezzamento del titolo. Compri ad 8 euro sperando di rivenderlo a 10 euro.
[5] Walter Riolfi, Il Sole 24 Ore. 11 settembre 2012
[6] Vittorio da Rold, Il Sole 24 Ore. 14 settembre 2012
[7] la Repubblica. 17 settembre 2012
[8] Luca Veronese, Il Sole 24 Ore. 12 settembre 2012
[9] Andrea Franceschi, Il Sole 24 Ore. 13 settembre