Da più parti ci giungono critiche alla nostra proposta di Fronte popolare. All’estrema sinistra la proposta è considerata irricevibile, si disprezza il concetto di popolo in quanto “artificio retorico interclassista” e il Fronte, semmai, può essere solo “proletario”. Sul fianco destro, al contrario, ci accusano di avere una concezione ristretta e angusta del Fronte, per cui occorre estendere l’alleanza, senza condizioni, a tutti quelli che sono “contro la bancocrazia”, fossero pure i fascisti o Berlusconi.

La questione del Fronte si presta a numerose considerazioni, di ordine teorico e politico. Proviamo a rispondere ai nostri critici evitando i due pericoli principali: l’astrattismo teorico da una parte e il “confusionismo praticone” dall’altra.

Il fronte popolare in teoria

Una premessa si rende necessaria: le contraddizioni sociali non sono immutabili. Esse possono cambiare il loro rango quando la situazione sociale subisce dei mutamenti profondi. In alcuni casi la contraddizione principale diventa secondaria e quella secondaria principale.

Analisi concreta della situazione concreta quindi, poiché ciò che spinge diverse forze soggettive a fare Fronte non sono astratti principi ideologici, ma lo stato di necessità, l’urgenza di difendere gli interessi sociali che esse rappresentano. Gruppi e classi sociali con interessi abitualmente contrastanti, sotto la pressione di eventi eccezionali, possono trovarsi in una situazione in cui questi interessi collimano. Senza questa comunanza d’interessi nessun Fronte popolare è possibile.

Quand’è che classi sociali prima antagoniste sono obbligate a fare fronte comune? Quando la comunità nazionale piomba in uno Stato d’eccezione. Quest’ultimo può essere a sua volta causato da ragioni diverse: una guerra esterna, il crollo sistemico, la guerra civile interna. Quando le sorti stesse della comunità nazionale sono in discussione, si combatte per la conquista del potere, la società tende a polarizzarsi, le forze centripete prendono il sopravvento su quelle centrifughe.

In che situazione è l’Italia di oggi? Il paese vive un crollo sistemico, è posto di fronte ad un bivio: o la catastrofe storica o la rinascita. E’ quindi in un larvato Stato d’eccezione. E da cosa è rappresentata la minaccia? Dalle frazioni globaliste del capitale finanziario le quali, poste davanti al collasso del loro sistema di rapina, vogliono uscire dal marasma esercitando la loro dittatura dispiegata.

Questa dittatura non minaccia solo il proletariato, ma pure quello sterminato ceto medio cresciuto all’ombra del capitalismo-casinò, minaccia altresì settori consistenti di borghesia, quelli che vengono strangolati dalla giugulazione finanziario-bancaria.

Queste frazioni globaliste parassitarie del capitale, le quali guadagnano prestando denaro a strozzo, usano come una clava il monopolio della liquidità. Per loro i debiti, pubblici e privati, sono lucrosi crediti, una modalità per spremere dalla società intera tutto il plusvalore possibile e poi reinvestirlo, o nel gioco d’azzardo del capitalismo-casinò, o nei settori industriali profittevoli dei nuovi paesi capitalisti emergenti.

Nei piani strategici di queste frazioni globaliste — che negli ultimi decenni hanno conquistato tutti i fortilizi e i gangli in cui si prendono le decisioni politiche e finanziarie —, l’Italia trova posto solo come paese marginale e dipendente, incapsulato nella gabbia di ferro di un’Unione europea ad egemonia tedesca destinata a diventare una potenza mondiale di complemento a quella nordamericana.

Questo disegno, che la crisi dell’eurozona sta accelerando, implica una pauperizzazione generale, che si abbatterà anzitutto sul popolo lavoratore (produrre plusvalore come bestie a basso costo e a testa china), e come detto, sul ceto medio e anche in settori della borghesia, razziando le risorse del paese, fra le quali (chi vivrà vedrà), i risparmi accumulati negli ultimi decenni. Questo disegno implica abrogare de facto la sovranità popolare e la fine di quella nazionale, sottoponendo il paese ad un regime di protettorato straniero.

Il Fronte popolare in pratica

Siamo insomma nel contesto di un incipiente Stato d’eccezione, che deciderà le sorti del nostro paese, nel quale si combatteranno, da una parte l’aristocrazia finanziario-parassitaria coi suoi ammennicoli statuali, politici e mediatici, dall’altra le forze che, per necessità, debbono difendere la sovranità nazionale, uscire dalla gabbia dell’euro e dell’Unione europea.

Fino ad un anno fa, si osservi come Berlusconi tolse il disturbo lasciando il posto a Monti, non sembravano esserci, nel campo borghese, forze e tendenze sovraniste di peso. Oggi esse iniziano a fare capolino e cominciano ad emergere anche dal grembo della sinistra, di cui il Mpl è senza dubbio il più chiaro esempio. In entrambi i casi si tratta di correnti ancora minoritarie, ma esse sono destinate a farsi largo, poiché la supremazia del blocco globalista, la sua egemonia politica e culturale, è destinata a indebolirsi. Ne risulta che nel volgere di alcuni anni il quadro politico sarà messo sotto sopra, che, sia a destra che a sinistra, le vecchie forze dirigenti diventeranno minoritarie e quelle minoritarie maggioritarie.

Lo schieramento dominante teme come la peste questo trapasso, e sta già affilando le armi per contrastarlo, ciò in nome della “lotta contro il populismo”. Esso oggi teme anzitutto la crescita della frazione sovranista in seno al campo borghese. Stiamo parlando di alcuni pezzi della destra sistemica, incapsulati nell’ectoplasma berlusconiano, leghismo compreso, e del fenomeno del “grillismo”. Tra i primi e il secondo c’è una differenza sostanziale. Entrambi pongono (seppure ancora solo timidamente) la questione dell’uscita dall’euro, mentre i post-belusconiani e i leghisti, pretendono di coniugare l’impossibile, ovvero sovranismo e liberismo, mediati da un aleatorio corporativismo populista, il movimento dei grillini tenta invece di coniugare il sovranismo nazionale con quello popolare, innestandolo su una tradizione democratica. Noi non riteniamo solo che questo sovranismo democratico guadagnerà consensi in seno al campo borghese, noi riteniamo che la corrente del sovranismo socialista si farà strada nel campo proletario.

Se con la corrente sovranista democratica un Fronte popolare è possibile e auspicabile (ma ciò dipenderà anche dalla battaglia in corso al suo interno e da come esso saprà rapportarsi alla protesta sociale futura, liberandosi dai suoi pregiudizi legalitari), ciò non è possibile con le frazioni che chiamiamo sovraniste liberiste, ad esempio quella tremontiana.

In uno Stato d’eccezione un Fronte non può reggere l’urto dell’avversario se si fonda solo su dei No. Esso può avanzare solo se è fondato su un programma di trasformazioni sociali profonde, di cui la riconquista della sovranità nazionale è solo la precondizione. Un fronte che dichiari apertamente che vuole vincere la vera sfida, quella del governo del paese, e il cui programma dev’essere quindi un programma di governo. L’uscita dall’euro e dall’Unione europea, per i sovranisti liberisti è solo una scelta tattica, per rientrare, dopo un default programmato e una rinegoziazione delle condizioni, nell’alveo dell’eurozona.

Per noi l’uscita dall’eurozona e dall’Unione è un atto strategico irrevocabile, di fuoriuscita dal perimetro del capitalismo-casinò, di edificazione di un modello sociale in cui sovranità monetaria e sovranità politica sono solo due precondizioni. Abbiamo indicato quale dovrebbe essere, grosso modo, il programma del Fronte popolare, ovvero il suo programma di governo:

(1) Uscita dall’euro e dall’Unione europea;
(2) Ricollocazione geopolitica dell’Italia accanto ai paesi emergenti e nel solco della civiltà mediterranea;
(3) Default programmato e ripudio del debito verso la grande finanza speculativa globale;
(4) Svalutazione unilaterale della lira e introduzione di dazi su tutti i prodotti di importazione;
(5) Riportare la Banca d’Italia sotto controllo pubblico riconsegnandole la facoltà di stampare carta moneta;
(6) Nazionalizzare il sistema bancario e assicurativo abolendo le banche d’affari, affinché l’erogazione del credito sia sottratto alla speculazione borsistica;
(7) Lanciare un piano nazionale del lavoro per debellare la disoccupazione e riconvertire in modo ecocompatibile industria e agricoltura;
(8) Un sistema fiscale che premi la creazione di ricchezza e aggredisca i grandi patrimoni parassitari, mobiliari e immobiliari;
(9) Difesa della Costituzione repubblicana con la promozione di un’Assemblea Nazionale Costituente al fine di consegnare al popolo una fattuale sovranità politica.

Abbiamo detto e ripetiamo che il Fronte popolare non può avere un profilo difensivo, che esso deve dichiarare apertamente che il suo obbiettivo è strappare il governo dalle mani delle sanguisughe. Come questo potrà accadere? Noi siamo certi che avremo nei prossimi anni un’acutizzazione dei conflitti sociali. Il Fronte popolare potrà avanzare solo se incontrerà il popolo insorgente, se saprà canalizzare il conflitto verso una generale sollevazione, fino ad una vittoriosa Rivoluzione democratica. Democratica poiché il suo primo stadio consisterà nel rovesciamento della dittatura mascherata delle oligarchie finanziarie, nella liquidazione delle loro cricche politiche, riconsegnando al paese la sovranità perduta, con la nascita di nuove istituzioni di potere popolare.

In questo agone si deciderà quale delle forze componenti il Fronte popolare avrà l’egemonia, se quelle che puntano al socialismo o quelle che vogliono fermarsi ad un modello capitalista riformato. Sulla base del programma sopra abbozzato i rivoluzionari saranno una forza leale del Fronte, anche ove essi fossero una minoranza, ma terranno ferma la loro piena indipendenza politica.

Per uscire dal marasma del capitalismo-casinò e dalla crisi in cui esso ha fatto sprofondare il paese, dovrà vincere la sollevazione popolare, e questa potrà vincere soltanto se la forza d’urto decisiva l’avranno le masse proletarie e plebee. La nostra indipendenza è insindacabile, necessaria per dare ai poveri la speranza di una compiuta liberazione, per spingere la Rivoluzione democratica in avanti, fino a quella socialista.

La Segreteria nazionale pro-tempore del Mpl,12 settembre 2012

da SollevAzione