Michel Kilo: “Tra gli Alawiti è in corso un ripensamento”

Il 28 settembre 2012 è accaduto un episodio di grande importanza, non fosse perché ha avuto luogo a Qardaha, la città natale della famiglia Assad. Qardaha si trova sulle montagne costiere a ridosso di Lattakia, zona di origine di molti influenti clan alawiti. Alcuni esponenti della potente famiglia Khayyer hanno pubblicamente rimproverato Assad per essersi incollato alla sua poltrona mettendo in tal modo in pericolo il futuro degli alawiti in Siria nel loro complesso. Mohamed Assad, un parente stretto di Bashar, avrebbe addirittura sparato addosso ai dissidenti.

La sparatoria che ne è seguita ha fatto diverse vittime. Il “Comitato rivoluzionario di coordinamento di Qardaha”, la cui semplice esistenza è un fatto importante di per sé, ha reso noto il 1 ottobre che Mohamed al Assad è deceduto all’ospedale di Tartous per le ferite riportate. Diversi siti web siriani hanno riferito che la città è stata sigillata e le vie di comunicazione temporaneamente interrotte.

I conflitti tra clan familiari non sono una novità. Negli anni passati riguardavano principalmente gruppi affaristici mafiosi, senza dimenticare che Qardaha è nota anche come centro delle milizie filo-governative Shabiha, emanazione di quei gruppi. Sebbene che le imprese dedite ad affari illegali siano state anch’esse sotto la tutela, i loro conflitti intestini non sono mai stati placati.

Ma questa volta siamo di fronte ad un esplicito scontro politico.

L’occasione è stata, il 20 settembre scorso, la scomparsa di Abdelaziz al Khayyer, un membro della influente famiglia al Khayyer. Di ritorno da Pechino, aveva intenzione di partecipare alla conferenza dell’opposizione del 23 settembre, svoltasi a Damasco col patrocinio di Russia, Cina e Iran. Il suo messaggio centrale è che la sollevazione popolare è pronta per i negoziati e una transizione pacifica verso la democrazia.

Secondo il “Comitato nazionale di coordinamento per il cambiamento democratico” (Ncb), che ha promosso la conferenza, Al Khayyer è stato rapito dai servizi segreti dell’aviazione siriana, non appena sceso dall’aereo. In questo modo il nocciolo duro dello Stato siriano ha dimostrato quello che pensa dei negoziati. Ad uso e consumo del pubblico e dei suoi alleati, tuttavia, la versione del governo è che la colpa della scomparsa di al Khayyer ricade sui famigerati “gruppi terroristici”. Quelli che conoscono bene la situazione interna affermano che la sua vita e quelle dei suoi colleghi sono in grave pericolo. Gli apparati di sicurezza non libereranno facilmente persone che negano di avere sotto la loro custodia.

Secondo la figura centrale dell’opposizione democratica, Michel Kilo, gli incidenti di Qardaha esprimono un profondo malcontento nell’ambiente alawita verso la politica decisa dalle famiglie che governano, quelle degli Assad, degli Shalish e dei Makhlouf. Tutti loro provengono da Qardaha, città la cui importanza è sottolineata dal fatto che ospita il mausoleo del fondatore della dinastia, Hafez Assad. Nel frattempo, gli elementi più importanti della famiglia Khayyer pensano che la linea politica della famiglia Assad, quella di soffocare le rivendicazioni democratiche nel sangue, mette in pericolo il futuro degli alawiti in Siria. Dietro di loro ci sono anche i clan Othams e Abouds, che forniscono anche alti ufficiali dell’esercito e dei servizi di sicurezza. Per molte famiglie facenti parte del regime il prezzo da pagare per sopravvivere sta diventando troppo alto. Il reclutamento di nuovi miliziani per la Shabiha incontra diversi problemi, ciò che potrebbe trasformarsi ad un certo punto in resistenza aperta.

Le contraddizioni politiche hanno radici storiche. Il clan dei Khayyer e i loro alleati hanno dato i natali ad un’élite di medici, avvocati, artisti e scrittori. Molti di loro erano vicini all’opposizione contro il governo di Assad, come ad esempio Abdelaziz. Kilo sostiene addirittura che la maggior parte degli intellettuali alawiti si oppone al regime.

Il celebre poeta Hassan al Khayyer ha cantato le seguenti parole:
«Cosa devo dire che la verità comporta la frusta e una oscura e umida prigione».
Egli scomparve nel 1979. Compagni di prigionia riferirono che prima della sua esecuzione gli venne tagliata la lingua. Fino ad ora la sua sorte resta ignota.

Al contrario il clan Assad è composto da parvenus militari. Solo il dominio della famiglia fondata da Hafez ha aperto le porte alla loro ascesa sociale.

La moderna intellighentia urbana alawita, che in larga misura è di sinistra e pan-arabista, si saldò agli Assad nel periodo del colonialismo francese. Non appena la Francia mise il paese sotto il proprio controllo prese il via l’insurrezione anti-coloniale. Il movimento pan-siriani di liberazione ebbe infatti il suo centro di gravità tra le comunità alawite delle montagne. Dopo la sua soppressione i francesi reagirono con il divide et impera. Costruirono una zona amministrativa alawita che sarebbe potuta successivamente diventare uno stato separato alawita. Negli anni ’30, quando il governo francese a sinistra, sotto la pressione delle mobilitazioni anti-coloniali, iniziò a pensare alla fine del mandato coloniale, i leader alawiti più conservatori e comunalisti invitarono Parigi a non lasciare il paese. Una lettera del 15 giugno 1936, contenente tale richiesta, indirizzata al gabinetto di Leon Blum, venne firmata dal bisnonno di Bashar, Suleiman.

I media occidentali alludono oggi ad uno stato alawita come ultima possibile opzione dopo la guerra civile. Ma questa ipotesi è stata negata non solo dagli intellettuali alawiti, ma anche dalle grandi masse della stessa comunità. I profondi mutamenti sociali hanno spinto il popolo alawita verso i grandi centri urbani. Inoltre, il regime di Assad, si è sempre caratterizzato come il paladino del panarabismo. Anche Michel Kilo conferma che non vi è alcuna idea del genere tra gli alawiti. Essi continuano a battersi per un Siria unita.

Quando si analizzano le tendenze politiche in seno alla comunità alawita non si deve poi dimenticare che essa è stata una minoranza oppressa sia sotto gli ottomani che sotto i francesi, una minoranza oppressa di servi e di contadini salariati. La loro fedeltà al regime deriva anche dalla paura di essere nuovamente rigettati in uno stato di sottomissione.

Dissipare questi timori degli alawiti, ridurre al minimo quello che potrebbe essere interpretato come revanscismo sunnita, è un compito decisivo dell’opposizione. Pertanto il settarismo non è solo combattuto dalle forze democratiche e delle tendenze islamiche illuminate, ma anche denunciato come un’arma strumentale del regime. Spesso si sente dire che Assad ha istigato il salafismo settario sunnita al fine di creare uno spauracchio per colpire a giustificare la guerra indiscriminata contro il suo popolo. Allo stesso tempo, le forze democratiche e soprattutto gli oppositori con un retroterra alawita sono bollati e presi di mira come nemici più pericolosi dei salafiti.

Gli incidenti di Qardaha fanno sperare che il discorso comunalista settario del regime si stia sgretolando, ciò che aiuterà le forze democratiche della rivolta ad andare contro le forze settarie comunaliste sunnite sostenute dagli emirati del Golfo.

Nel frattempo l’opposizione democratica insiste sul fatto che la spinta principale della rivoluzione è democratica e a-confessionale e che quella in corso non è una guerra civile settaria comunalista.

*Traduzione a cura della Redazione