Glenn Greenwald su The Guardian: sulle questioni più importanti Obamney e Rombama sono d’accordo, ma meglio non parlarne e dare l’idea che ci sia da scegliere!

Il problema non è ciò che separa Romney e Obama, ma ciò in cui sono d’accordo. Questo consenso nascosto deve diventare manifesto.

Il dibattito di mercoledì sera (3 ottobre, ndr) tra Barack Obama e Mitt Romney ha mostrato una fondamentale verità sulla campagna delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti: la maggior parte delle questioni politiche più importanti sono completamente taciute. Questo fatto è in pieno contrasto con la pretesa dei due partiti di rappresentare filosofie politiche radicalmente diverse, e mostra come il dibattito politico mainstream nel paese sia veramente ristretto.

In parte questo è dovuto al fatto che le elezioni presidenziali ora vengono quasi interamente condotte come un reality di cattivo gusto. Stranezze e banalità sui candidati di tipo personale dominano la copertura mediatica, e le scelte degli elettori, lasciando poco spazio a un dibattito realmente sostanziale.

Ma per la maggior parte, questa esclusione di argomenti è dovuta al fatto che, nonostante le frequenti lamentele sulla mancanza in America di uno spirito bipartisan, i due candidati dei principali partiti in grande misura sono d’accordo su molte delle questioni politiche più urgenti del paese. Di conseguenza, questi problemi sono praticamente ignorati, soffocati da una manciata di controversie che le parti inesorabilmente sfruttano per stimolare la loro base di consenso e aumentare la paura dell’altra parte.

La maggior parte di ciò che conta nella vita politica americana non si trova nei dibattiti elettorali nazionali. Le politiche penali ne sono un esempio chiaro. L’America imprigiona i suoi cittadini in una misura di gran lunga superiore a qualsiasi altra nazione sulla terra, compresi i paesi con una popolazione molto più ampia. Come ha riportato il New York Times nel mese di aprile 2008: “Gli Stati Uniti hanno meno del 5% della popolazione mondiale, ma hanno quasi un quarto della popolazione carceraria del mondo».

Il Professor Glenn Loury della Brown University ha osservato che queste politiche hanno trasformato gli Stati Uniti in “un paese di carcerieri“, il cui “sistema carcerario è diventato un leviatano senza pari nella storia umana”. Adam Gopnik di New York ha valutato questa carcerazione di massa come “forse il fatto fondamentale [della società americana], come nel 1850 il fatto fondamentale era la schiavitù“.

Ancora peggio, queste politiche vengono applicate, e probabilmente progettate, con una disparità razziale massiccia. Un maschio afro-americano su quattro probabilmente andrà in prigione. I tossicodipendenti neri e ispanici sono arrestati, processati e incarcerati, in percentuali molto più elevate rispetto ai bianchi, anche se l’uso delle droghe tra questi gruppi è relativamente simile.

Il costo umano di questo stato penale tentacolare è ovviamente orribile: le famiglie sono spezzate, le comunità decimate, e quelli che sono stati in carcere dopo il rilascio restano disoccupati. Ma i costi finanziari sono altrettanto devastanti. La California ora spende per il sistema carcerario più che per l’istruzione superiore, un trend che si ripete in tutto il paese.

Eppure nessuno di questi problemi sarà menzionato, tanto meno discusso, da Mitt Romney e Barack Obama. Questo perché, quando si tratta di queste politiche fondamentali, non ci sono tra loro differenze percettibili.

Questa stessa dinamica si ripete in altri ambiti veramente cruciali. Gli attacchi dei droni, drammaticamente intensificati dal presidente Obama in numerosi paesi, hanno generato nel mondo musulmano una rabbia enorme, una continua uccisione di civili, e come minimo sono di dubbia legalità. Il suo preteso diritto di effettuare omicidi extragiudiziali anche tra i cittadini americani, senza un soffio di trasparenza o di vigilanza, è un tipo di potere così radicale come quello di George Bush e Dick Cheney.

Eppure gli americani, le cui percezioni politiche sono plasmate dall’attenzione alla campagna presidenziale, difficilmente sanno che tali politiche gravi e radicali addirittura esistono. Questo perché anche in questo caso vi è un consenso assoluto tra le due parti.

Un lungo elenco di politiche molto discutibili e profondamente significative è ugualmente escluso dal dibattito, a causa di un accordo bipartisan. L’elenco comprende la rapida crescita della sorveglianza da parte dello stato, che ora controlla e registra anche le attività più innocue di tutti gli americani; gli accordi di libero commercio che eliminano posti di lavoro; le politiche sul cambiamento climatico; e il rifiuto da parte del dipartimento di giustizia di Obama di perseguire i criminali di Wall Street che hanno causato la crisi finanziaria del 2008.

Anche su altre questioni vitali, come il fedele sostegno dell’America a Israele e alla sua politica di belligeranza contro l’Iran, i due candidati non potranno fare nient’altro che competere su chi sia più aggressivo nell’abbracciare la stessa posizione assolutista. E anche sulle questioni che sono oggetto di dibattito, come la politica sanitaria e le cosiddette “riforme”, tutte le posizioni che non siano più che centriste sono off limits.

Il danno che deriva da questo modo di procedere non è solo la perdita di quella che potrebbe essere una preziosa opportunità di impegnarsi in un vero e proprio dibattito nazionale. Peggio ancora, è un modo di procedere propagandistico: mettendo in risalto le poche questioni sulle quali esiste un reale disaccordo tra le parti, il processo elettorale finisce per sostenere l’apparenza che ci siano differenze di gran lunga più forti tra i due partiti, e che vi sia molta più scelta per i cittadini di quella in realtà offerta dal sistema politico americano.

Un modo per risolvere questo problema sarebbe di consentire l’accesso nei dibattiti presidenziali a dei candidati credibili di un terzo partito, e dare loro una maggiore copertura mediatica. Così diventerebbe evidente quanto i democratici e i repubblicani siano diventati simili, e quanta poca scelta abbiano in realtà gli elettori americani su molte delle politiche più importanti. Questo è esattamente il motivo per cui i due maggiori partiti lavorano così febbrilmente per garantire l’esclusione di quei candidati: quello che vogliono assolutamente mantenere, è proprio la percezione ingannevole che vi sia una vera scelta.

da Voci dall’estero