Il Governo presenta la sua manovra e scoppiano scontri fuori al Parlamento. Focus sulle misure previste
Come abbiamo già segnalato (vedi qui e qui, in Portogallo da settimane si sta sviluppando un forte movimento di protesta contro le misure di “austerità” propugnate dal governo di centrodestra di Passos Coelho sotto la pressione della Troika (ovvero il “superdirettivo” composto da Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea).
Più o meno ovunque nel paese si susseguono da tempo iniziative, assemblee e manifestazioni che vedono la partecipazione di studenti, lavoratori, disoccupati, cittadini: una composizione sociale molto variegata, sia per età che per provenienze sociali e politiche, che rompe con le classiche mobilitazioni per “compartimenti stagni” e con il tradizionale immobilismo della popolazione portoghese.
Alcune di queste manifestazioni sono organizzate dalle forze “istituzionali” della sinistra, dal Partido Comunista al Bloco de esquerda, passando per la Confederação Geral dos Trabalhadores Portugueses. È questo il caso della grande mobilitazione sindacale nel 29 settembre a Lisbona, che ha riempito il Terreiro do Paço con centinaia di migliaia di persone, e dell’interessantissima “Marcia contro la disoccupazione”, che il 13 ottobre ha fatto convergere nella capitale colonne di disoccupati partiti una settimana prima sia da Braga, nel Nord del paese, che dall’Algarve, nel Sud. Altre iniziative sono invece del tutto autorganizzate, frutto della spinta di singoli, di piccoli gruppi o collettivi, che comunque sono in grado di interpretare un generale sentimento di malessere, al punto di portare il 15 settembre quasi un milione di persone in piazza in tutto il paese, e di ripetere analoghi exploit in tutte le principali città, da Porto (in cui il movimento è di nuovo sceso in stada sabato scorso) a Coimbra (una città conservatrice e abitata da una popolazione studentesca piuttosto “distratta” e inerte).
GLI ULTIMI GIORNI
D’altronde la situazione del Portogallo è sempre più grave: come la Grecia, la Spagna e l’Italia, il paese è di fatto commissariato, tenuto sotto controllo da quella frazione imperialista della borghesia europea (a predominanza franco-tedesca, ma presente e ben rappresentata in ogni contesto nazionale) che vuole uscire dalla crisi applicando spietatamente la ricetta neoliberista: distruzione dello stato e del pubblico in tutte le sue forme (dalla sanità alla scuola passando per i servizi sociali), aumento della tassazione per lavoratori e piccola-media borghesia con contemporaneo abbassamento dei salari e degli stipendi statali, coercizione autoritaria sia sul posto di lavoro che nelle strade…
Per quanto l’odio popolare si accanisca principalmente contro il governo, contro “i politici” e la “partidocracia” (vi ricorda qualcosa?), per quanto le dirigenze del Partido Socialista e del Bloco cerchino ancora una volta di ricavarsi uno spazio accreditandosi come “alternativa”, ben sapendo che dentro le compatibilità europee (ovvero del capitale) non esiste in questa fase nemmeno il più piccolo margine di manovra e di “riforma”, la consapevolezza media della popolazione rispetto a chi sono i responsabili di questa crisi è elevata. Da questo punto di vista è da evidenziare come il movimento portoghese si stia confrontando direttamente con il livello politico più alto: se chiede al Governo di andarsene è perché lo vede come un esecutore delle politiche decise altrove, se cerca la complicità con gli indignados spagnoli e partecipa emotivamente a quello che accade in Grecia è perché ha capito che l’austerity si può sconfiggere solo con un movimento che scuota tutta l’Europa meridionale…
La giornata di lotta di ieri sembra confermare questa lettura. Mentre il Governo presentava all’Assemblea la sua manovra “lacrime e sangue”, migliaia di persone hanno circondato il Parlamento, facendo saltare le transenne predisposte dalla polizia e in qualche caso persino scontrandosi con le forze dell’ordine (cosa che accade davvero raramente in Portogallo). La manifestazione è continuata fino alle due di notte, e altre date di grossa mobilitazione sono già annunciate, come quella del 12 novembre, quando la Merkel arriverà a Lisbona per accertarsi che il Governo stia “facendo i compiti”, e quella del 14 novembre, quando è previsto lo sciopero generale del maggiore sindacato portoghese, la CGTP.
Rimandiamo a quest’articolo di Contropiano per un racconto dettagliato della giornata: qui ci interessa soprattutto analizzare un po’ di più nel merito la manovra del Governo, per mostrare – se ancora ce be fosse bisogno – che le misure proposte in Portogallo sono uguali nella sostanza a quelle proposte in Grecia, Spagna, Italia. Una tale dimostrazione ha una duplice valenza: può servire sia come stimolo all’agitazione (“perché ci si mobilita lì e non ci si mobilita qui?”), sia come positiva constatazione per i militanti: il carattere internazionalista di ogni nostra lotta trova infatti dei fondamenti sempre più oggettivi.
LE MISURE DEL GOVERNO PORTOGHESE
A essere oggetto di discussione ieri in Portogallo non era ancora la manovra finanziaria, ma l’Orçamento de Estado: una specie di preventivo, di documento di programmazione economica per l’anno seguente che il Governo deve presentare ogni 15 ottobre all’Assembleia da Republica. Tuttavia, sebbene allo stato attuale siamo ancora davanti ad una bozza, c’è da attendersi che le misure che il Governo metterà alla fine ai voti non saranno troppo diverse da quelle previste. I margini di manovra sono infatti strettissimi: la Troika ha chiesto al Portogallo di ridurre il rapporto deficit/PIL dal 6% al 4,5%. Un punto e mezzo percentuale che in termini sociali costa tantissimo: parliamo di 5,3 miliardi, ben il 3,2% del non certo florido PIL portoghese. Dove trovare tutti questi soldi?
La soluzione del Governo portoghese è stata la stessa trovata da Monti: poco più della metà di questi 5,3 miliardi sarà recuperato con la tassazione, portando così il carico fiscale portoghese ai livelli più alti dal 1995, anno di inizio della serie storica, che è come dire ai livelli più alti di sempre (senza che però, come accadeva in passato, un alto carico fiscale venisse compensato da una forte presenza dello Stato nell’erogare servizi sociali).
Ma di che tipo di tassazione si tratta? Anche qui, il Governo è ben lontano dal pensare a una patrimoniale che attacchi i profitti o i redditi alti: l’aumento delle tasse peserà quasi tutto sulle spalle dei ceti meno abbienti. Le prime simulazioni di Publico, il principale quotidiano portoghese, dimostrano che la situazione economica delle famiglie con minori entrate si aggraverà drasticamente, e che la manovra aumenterà le disuguaglianze sociali. Secondo l’editorialista, un tale provvedimento potrebbe, proprio per questo motivo, addirittura essere anticostituzionale! E, in effetti, cosa resta dei basilari principi di uguaglianza quando un pensionato indigente e senza figli vede le sue tasse aumentare da un anno all’altro del 268%? O un genitore con un figlio a carico del 178%?
Dopo questo vero e proprio salasso, arrivano le altre batoste. Un altro miliardo dei famosi 5,3 è infatti recuperato riducendo le prestazioni sociali (per 620 milioni di euro) e tagliando del 5% le pensioni (altri 420 milioni). Infine, sono in cantiere una serie di misure dall’evidente carattere antisociale:
– riduzione del 5% dell’indennità di malattia;
– riduzione del 6% dell’indennità di disoccupazione;
– la tredicesima verrà spalmata sull’intera annualità, mentre la quattordicesima sarà eliminata;
– aumento di benzina e tabacco (con il tabacco da rullare, quello più diffuso, che subirà l’aumento più sostanzioso);
– lo straordinario passa ad essere pagato la metà;
– metà dei precari del settore pubblico vengono mandati a casa;
– è previsto il 20% di licenziamenti nelle imprese di trasporto pubblico e il 3% negli ospedali;
– privatizzazione della compagnia aerea di bandiera TAP;
– privatizzazione delle Poste;
– aumento delle tasse sulla casa (di fatto, lo stesso che è avvenuto in Italia con l’IMU): in alcuni casi, dato che dipendono dalla nuova mappatura catastale, gli aumenti potrebbero essere del 400%;
– infine il settore della “comunicazione sociale” (compresa quella culturale) soffrirà un taglio del 50% dei contributi statali.
Come si vede, si tratta delle stesse misure che si stanno preparando o che sono già state implementate da noi. Il loro scopo è ridurre sulla soglia della sopravvivenza la classe lavoratrice e attaccare il risparmio della piccola e media borghesia, finendo per proletarizzare anche i giovani (tendenzialmente con un alto livello di istruzione) di queste altre fasce sociali, permettendo così al capitale europeo di recuperare competitività a livello globale abbassando i salari e aumentando la produttività con il ricatto, la coercizione, la guerra fra poveri…
Non c’è quindi da sorprendersi se il Portogallo sia tornato ad essere un paese di emigrazione: chi appartiene alle classi subalterne o cade nella marginalità sociale o decide di ribellarsi. D’altronde è questo stesso scenario che si sta delineando in Spagna (dove quasi un milione di persone, sebbene per la maggior parte migranti, ha lasciato il paese nel giro di un solo anno) o nel nostro Sud (che, secondo il rapporto SVIMEZ, in dieci anni ha visto partire un milione e 350.000 persone)…
Ma, se questo è lo scenario sempre più tragico che si sta delineando, è anche vero che abbiamo da subito la possibilità di dire basta: anche in Italia il 27 ottobre è stato convocato un primo momento di mobilitazione contro la Troika, il Governo Monti e le sue politiche di austerity. È sempre più urgente fare vivere sui nostri territori questa data, ma farla vivere non come semplice “scadenza” o rituale autunnale, ma con tutta la consapevolezza di essere una parte di un più generale, per quanto ancora embrionale, movimento di insubordinazione sud-europeo.