Un Paese simbolo, che conta assai più di quel che pesa

Ma che sorpresa: i conti della Grecia non tornano! Che forse qualcuno aveva davvero creduto che le ricette europee avrebbero funzionato? Difficile pensarlo, quel che è certo è che la Grecia sta tornando di attualità.

Per alcuni Atene è la madre di tutti i debiti, ma in realtà sappiamo che quello ellenico è solo uno zerovirgola dei debiti finanziari globali. L’importanza del caso greco è un’altra: quella di funzionare come «caso di scuola», apripista per le voraci politiche dei piranha della finanza internazionale. La Grecia, dunque, come avviene sempre con i simboli, conta assai più di quel che pesa.

Perché le sue vicende stiano tornando di attualità è presto detto. Dopo il default controllato della primavera scorsa, il governo di Atene era stato vincolato dalla Ue ad un piano di «rientro» del debito con un obiettivo del 120% nel rapporto sul Pil al 2020. Ovviamente questo piano aveva degli obiettivi intermedi, che stanno puntualmente e clamorosamente saltando. E questa è la ragione principale del ritorno della Grecia sulle prime pagine dei giornali.

Nella finanziaria presentata il 31 ottobre scorso, il governo Samaras ammette la gravità della situazione: la recessione continuerà a galoppare per il sesto anno consecutivo nel 2013 (previsione di un -4,5% rispetto al -3,8% stimato in precedenza), il deficit 2013 viene ora previsto al 5,2% contro il 4,2%, l’obiettivo dell’avanzo primario al 4,5% viene spostato dal 2014 al 2016. Ma ad impressionare è soprattutto il dato sul debito. La tabella di marcia prevedeva, sempre al 2013, un rapporto debito/Pil al 179%, mentre ora la previsione parla di un 189% ed il piano di «rientro» appare ormai del tutto fuori portata.

I governanti greci intendono forse rallentare la folle politica di sacrifici imposta dalla trojka UE-BCE-FMI? Neanche per sogno. Per ottenere i nuovi «aiuti» (circa 30 miliardi di euro che verranno discussi dall’Eurogruppo il 12 novembre), nonché il dilazionamento dei tempi del «risanamento» (lo spostamento degli obiettivi del 2014 al 2016, di cui abbiamo già detto), il governo Samaras si è impegnato ad effettuare una manovra di 13,5 miliardi di euro. In proporzione, è come se in Italia Monti proponesse oggi una nuova finanziaria da 100 miliardi!

La politica dei sacrifici non si sta dunque fermando, ma è proprio da essa che la folle spirale austerità-recessione trae nuovo alimento. Chi è adesso nel mirino della coalizione Nuova Democrazia-Pasok-Sinistra Democratica? E’ presto detto: il popolo lavoratore, in primo luogo i pensionati. Può sembrare incredibile, ma sulle pensioni siamo ormai alla quinta sforbiciata dal 2010. Questa volta all’aumento dell’età pensionabile da 64 a 67 anni si accompagnano tagli dal 5 al 15% sul valore delle pensioni, nonché l’eliminazione secca della tredicesima e della quattordicesima mensilità.

Mentre l’Europa non sembra ancora soddisfatta di questo massacro, è toccato addirittura alla Corte dei Conti di Atene, chiamata ad esprimersi preventivamente sulle misure che andranno in discussione in parlamento nei prossimi giorni, dare un giudizio assai netto sulla incostituzionalità (art. 2, 4, 22 e 25 della carta costituzionale) di questi provvedimenti, dato che essi «possono incidere sul livello di una vita dignitosa». Il giudizio della Corte non è vincolante, ma assai significativo del livello di devastazione di ogni diritto sociale che si va raggiungendo.

Nella UE tutto ciò non preoccupa. Quel che inquieta è invece il fallimento politico e l’evidente necessità di una nuova ristrutturazione del debito greco. Un tema assai scottante, altro non fosse che per la banale considerazione che nessuno – meno che mai la Germania – vuol pagare il conto.

Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, sia a livello europeo che ad Atene. Qui, mentre nuove mobilitazioni sono già in programma, il quadro politico sembra mostrare i segni di un imminente cedimento. Se Sinistra Democratica sembra ora orientata a non votare i nuovi tagli, il Pasok ha perso già due parlamentari e forse altri si aggiungeranno. Nel frattempo nuovi sondaggi danno oggi Syriza al primo posto. E questo avviene nel momento in cui, dentro Syriza, sembrano finalmente farsi spazio posizioni più nette e radicali contro l’Unione europea e la gabbia dell’euro.

La situazione è dunque in grande movimento. Le oligarchie europee cercheranno ancora una volta di salvare capra (gli interessi delle banche e della grande finanza) e cavoli (la permanenza della Grecia nell’Eurozona), chiamando come sempre il popolo a pagare. Una spirale tremenda e senza fine, quella greca. Che potrà essere spezzata solo con il rovesciamento di un regime asservito alla trojka.

Ma, come sempre, i fatti della Grecia non riguardano solo i greci. La spirale che sta strangolando il paese è quella che si prepara per altri popoli mediterranei, Italia inclusa. I conti ad Atene non tornano, non potranno mai tornare senza la cancellazione di un debito pubblico odioso ed insostenibile. Ma, a ben guardare, i primi conti – politici e non solo finanziari –  a non tornare sono proprio quelli dell’Europa delle banche. Quell’Europa che va oggi chiaramente indicata come il nemico numero uno del popolo lavoratore, in Grecia come in Italia.