Della serie: l’Arcobaleno diventa arancione
«Suicidio: questa volta Rifondazione ce la fa» è il titolo dell’articolo di Piemme che riprendiamo da Sollevazione e che potete leggere di seguito. L’articolo è stato pubblicato il 7 novembre, cioè il giorno prima della riunione della direzione nazionale del Prc. Una riunione che ha prodotto un documento conclusivo, sul quale sarà peraltro il caso di ritornare, che conferma praticamente alla lettera l’analisi di Piemme. La linea di Ferrero – minimalista, subalterna ad Alba e di fatto De Magistris-dipendente – è passata. Vedremo con quali sviluppi concreti e con quali contraccolpi nel partito.
Suicidio: questa volta Rifondazione forse ce la fa
(di Piemme)
Quelli dell’ALBA (Alleanza Lavoro Beni comuni Ambiente) usciti alla ribalta nel marzo scorso con il Manifesto per un soggetto politico nuovo, erano forse stati presi sottogamba. Per mesi erano andati sottacqua, sembravano inabissatisi. E invece rieccoteli, più baldanzosi che mai. Il 5 novembre hanno diffuso un’altro appello e, senza peli sulla lingua affermano di porsi come fulcro di una “grande lista elettorale” (arancione). Leggete questo appello e vi farete un’idea di quel che sono. Un antimontismo certamente deciso e sincero, il resto fuffa minimalista.
Estrema, sfrontata anzi, la rimozione della fuoriuscita dal capitalismo e più che mai dell’orizzonte socialista. Superficiale quant’altre mai l’analisi della crisi del neoliberismo, del capitalismo casinò e delle sue contraddizioni insolubili. Neanche una parola contro l’Unione europea e la sua moneta schiacciasassi. L’alternativa che propinano è lo sporco delle unghie del vecchio nobile riformismo socialdemocratico: il puro e semplice ritorno al vecchio capitalismo del welfare. La loro presunzione è tuttavia indirettamente proporzionale allo loro pochezza politica, ovvero smisurata.
Non mettiamo in discussione l’onestà intellettuale di questi intellettuali. Di sicuro sono furbi. Han capito due cose semplici semplici: che l’incatenamento del Pd al governo Monti apre un’autostrada a sinistra e che, le forze a sinistra del Pd sono in stato di agonia. Quindi avanti tutta! con l’idea di un carrozzone elettorale “arancione” (rosso non va più di moda), con loro evidentemente al centro.
Il sindaco di Napoli De Magistris (e, chissà, forse sarà della partita anche Ingroia — un’altro partito dei giudici?) ha già detto che non si tirerà indietro. Come oramai va di moda, nel periodo della politica che più che liquida è gassosa, il sindaco l’ha comunicato attraverso Facebook:
«Condivido il contenuto e lo spirito dell’appello per le elezioni politiche del 2013 ‘Cambiare si puo” promosso e già sottoscritto da importanti esponenti del mondo della cultura e dell’università, della magistratura e della società civile, dei movimenti e dell’amministrazione locale”. Scrive su facebook Luigi De Magistris. “Non posso infatti che riconoscere, come scritto nell’appello, l’importanza di centrare ‘l’obiettivo di presentare alle elezioni del 2013 una lista di cittadinanza politica, radicalmente democratica, alternativa al governo Monti, alle politiche liberiste che lo caratterizzano e alle forze che lo sostengono».
E fin qui ci siamo. Tutto, o quasi, previsto.
Non era previsto che il Partito della rifondazione comunista, rimasto orfano della defunta Fds, per bocca del suo segretario Ferrero, abboccasse in quattro e quattr’otto. Diversamente da De Magistris, che s’è fatto avanti via Facebook, Ferrero ha scelto Twitter. Ecco le sue parole:
«Ho molto apprezzato l’ottimo appello ‘Cambiare si puo”, sia per i suoi contenuti che per la proposta politica che avanza. La costruzione di una lista antiliberista unitaria, che proponga una alternativa chiara alle politiche praticate dal governo Monti e decise a livello europeo, è infatti un obiettivo non solo utile ma necessario. L’appello “Cambiare si può” – anche a partire dall’autorevolezza dei suoi sottoscrittori – rappresenta quindi il punto di partenza del processo costituente di questa lista, un processo che condividiamo e in cui ci sentiamo pienamente impegnati».
Già decisa quindi l’immersione del Prc nella paluda arancione? Non è detto. Di qui alle elezioni ci sono sei mesi, molte cose potrebbero accadere, non è chiaro ancora con quale meccanismo elettorale si voterà. Potrebbe accadere che dopo la fine indecorosa della Fds a causa del contrasto col Pd, non tutti nel Prc siano disposti a seguire la via del suicidio di partito. Se ho capito qualcosa della base militante del Prc (ma confesso che mi vengono dubbi su questa certezza), essa avrebbe sì perorato una alleanza elettorale, ma con tutto quanto si trova sul fianco sinistro del loro partito. Per essere chiari: il poliverso che si è espresso nella manifestazione del 17 ottobre a Roma o No Monti Day.
E’ evidentissimo per chi bazzichi l’ambiente, che l’alleanza con ALBA, sulla base della piattaforma che ALBA ha letteralmente scolpito nell’ultimo appello, è evidentissimo, dicevo, che questa eventuale alleanza implica una rottura senza sé e senza ma con la sinistra politica, sindacale e sociale effettivamente radicale diffusa nel paese. Ecco, io non penso che questa nuova riedizione, riveduta e corretta, per non dire peggiorata dell’Arcobaleno, possa facilmente essere digerita dal corpo militante di Rifondazione, che fa fatica a tenere in piedi il partito. Una simile operazione risponde anzitutto ai desiderata del ceto politico dirigente, in preda ad appetiti parlamentaristici compulsivi, un ceto che per riconquistare gli scranni ha bisogno di migliaia di portatori d’acqua, di portatori di voti in campagna elettorale. Migliaia di compagni che quelli di ALBA sanno bene essere indispensabili per anche solo immaginare di andare alle elezioni. Chi ci andrà ad attaccare i manifesti, a volantinare? Chi ci metterà soldi e impegno snervante per la lista degli arancioni? Ma è chiaro, le ultime migliaia di reduci della vicenda rifondarola (visto che i vendoliani se ne sono andati col Pd di Bersani).
E per favore! Non ci si venga a dire che questa cosa è la “Syriza italiana”. Con tutti i limiti (e su questo blog li abbiamo segnalati) Syriza è anzitutto un blocco, non solo elettorale ma politico e sociale, di settori radicali, anticapitalisti e rivoluzionari della sinistra greca. ALBA non parla per niente ai settori popolari falcidiati dalla crisi capitalistica, non da voce alle spinte alla rivolta, non accenna nemmeno alla necessità di rovesciare l’ordine di cose esistente. E’ vero che ALBA non è ceto politico, è ceto intellettuale, ma di tipo liberale-borghese, che non è certo garanzia di un prodotto migliore. Una Syriza in Italia può esserci e avrebbe un grande spazio, ma non la si fa di sicuro con ALBA. La si fa, semmai, con un’alleanza e un patto tra le forze che erano in strada a Roma il 27 ottobre.
Se il Prc scegliesse davvero la linea Ferrero, non solo esso ucciderebbe nella culla questa possibilità, ho il sospetto che commetterebbe definitivo suicidio. Speriamo che la “base” non accetterà questa eutanasia.
da Sollevazione