Ore 15,30: a sorpresa l’Italia annuncia il sì al riconoscimento
La Palestina bussa di nuovo alla porta dell’Onu. Più di anno fa, nel settembre 2011, la richiesta di riconoscimento venne bloccata dagli Usa. La motivazione allora usata del “democratico” Obama non ha bisogno di commenti: secondo l’amministrazione americana lo Stato palestinese poteva essere riconosciuto solo dopo la sua accettazione da parte di Israele a seguito di “negoziati bilaterali”.
Un anno è passato e sembra che questa volta le cose possano andare diversamente. Gli Stati Uniti restano sulla loro posizione, assolutamente contraria al riconoscimento e di pieno sostegno ad Israele, ma difficilmente riusciranno questa volta ad impedire il voto dell’Assemblea generale, dove si prevede che oltre 130 paesi su 193 voteranno a favore.
Come noto, il voto non riguarda un riconoscimento pieno, bensì solo il conseguimento dello status di “Stato osservatore non membro”. Una condizione giuridica che aprirebbe almeno alcune opportunità per la difesa dei diritti umani del popolo palestinese. Ma quel che allarma Israele e gli Stati Uniti è, in particolare, la possibilità che i palestinesi possano acquisire il diritto di appellarsi alla Quarta Convenzione di Ginevra, potendo così chiedere che i crimini internazionali commessi da Israele vengano finalmente perseguiti. Ed è proprio dalla rinuncia preventiva a questo diritto, da parte dell’Anp, che alcuni paesi (la Gran Bretagna in primo luogo) fanno dipendere il loro eventuale voto positivo.
Naturalmente, il riconoscimento come “Stato non membro” (uno status identico a quello del Vaticano) non sposterebbe di una virgola l’attuale situazione di occupazione della Terra di Palestina. Un vero Stato potrà sorgere solo dalla lotta di resistenza e dalla sconfitta di Israele. Lo sanno bene le organizzazioni della resistenza. Lo sa benissimo Hamas, che tuttavia ha scelto di appoggiare la richiesta di Abu Mazen all’Onu.
Hamas è uscita rafforzata dalla resistenza opposta all’ultima aggressione sionista alla Striscia di Gaza. Una resistenza che ha messo in seria discussione il mito dell’invulnerabilità israeliana, e che ha fatto emergere quanto sia cambiata (a partire dal ruolo dell’Egitto) la situazione araba dopo le sollevazioni del 2011.
Questi cambiamenti hanno ormai messo nell’angolo l’Anp, e se un risultato positivo verrà dall’Assemblea dell’Onu questo non potrà più essere ascritto all’iniziativa dell’abulico Abu Mazen, ma semmai al crescente isolamento di Israele.
Di fronte alla solita posizione americana, è interessante osservare come si vanno schierando i vari paesi europei. Dodici dovrebbero essere i voti favorevoli al riconoscimento tra i paesi dell’Unione Europea. Tra questi quello più pesante è quello della Francia. Ma voteranno a favore anche Spagna, Portogallo, Cipro, Malta, Danimarca e Irlanda. Tra i paesi non Ue da segnalare il sì di Svizzera e Norvegia.
Il no verrà dalla Germania, ormai il paese europeo più smaccatamente filo-sionista. L’Italia (insieme all’Olanda) sembra ora orientata all’astensione, ma solo per la posizione favorevole al riconoscimento espressa dalle commissioni esteri di Camera e Senato, mentre invece il governo, ed in particolare Monti ed il ministro Terzi, erano decisi a votare no insieme al rappresentante di Berlino. Del resto, la torsione in senso filo-israeliano, perfino superiore a quella del governo precedente, operata dall’attuale esecutivo è sotto gli occhi di tutti, sia che si tratti di prendere posizione sul massacro della popolazione di Gaza, sia che si tratti di fare manovre militari con Israele o di vendergli aerei e tecnologia militare in genere.
Vedremo come andranno le cose. Lo Stato eventualmente riconosciuto esisterebbe solo sulla carta, mentre la realtà rimarrebbe quella dell’occupazione. Ma il fatto che l’occupante se ne preoccupi altamente, manifestando anche un discreto nervosismo, sta a dimostrare che la partita ha una sua importanza, quantomeno sul piano simbolico. Israele teme infatti l’isolamento internazionale. Ed è proprio l’accrescimento di questo isolamento, invece, che verrebbe decretato dal riconoscimento (sia pure dimezzato e sui generis) dello Stato di Palestina.
PS – Alle 15,30, quando questo articolo era già stato pubblicato, Palazzo Chigi ha annunciato a sorpresa il sì dell’Italia. Sembra che la stessa Germania sia intenzionata a passare all’astensione, riducendo la pattuglia del no ad una decina di paesi, tra i quali ovviamente Israele e Stati Uniti. La nota del governo informa che Monti ha telefonato a Netanyahu per ribadire che “questa decisione non implica nessun allontanamento dalla forte e tradizionale amicizia nei confronti di Israele, che ha diritto a garantire la propria sicurezza davanti alla Corte Penale Internazionale“. Della serie: la lingua batte dove il dente duole…