E adesso?

«Dispuesto a morir matando. Eroico e caotico, egotico e noncurante, ma anche a suo modo tormentato, ribollente di orgoglio e di amor proprio, il nostro Cav. va a sbattere la testa contro il muro. Ridiventa uomo nero della democrazia italiana. (…) Sa sbaragliare con torva meticolosità, in piena coazione a ripetere. Non ascolta altro che la eco del suo sé stesso».

Così, il pugnace destriero Giuliano Ferrara, spiega la doppia mossa di Berlusconi: togliere la fiducia a Monti — fuori tempo massimo certo, dopo avergli permesso di fare i danni che ha fatto — e ricandidarsi un’altra volta ancora alla guida del paese.

Agli inizi del ‘900 i marxisti russi avviarono una discussione apparentemente astrusa che passò agli annali sotto il titolo “Il ruolo della personalità nella storia”. Quanto peso ha nel determinare gli accadimenti la personalità dei leader? Per i materialisti ortodossi alcuno, visto che il corso degli eventi è deciso dalle classi sociali e dalla loro titanica lotta e i singoli individui non erano che protesi di queste classi. Dall’altra parte v’era chi sosteneva che la personalità di certi leader può e come influire sul corso degli eventi, quindi codeterminare la condotta delle diverse classi in lotta.

La figura di Silvio Berlusconi, così icasticamente descritta da Ferrara, pare accreditare questa seconda posizione. Non si potrebbe spiegare il ritorno del Cavaliere senza mettere nel conto la sua incontenibile megalomania cesaristica.

Ma la megalomania non si sposa con l’idiozia o l’irrazionalità. La doppia mossa di Berlusconi ha una sua intelligenza, che si può riassumere così: scontata la sconfitta elettorale occorre ridurre al minimo i danni, evitando la pura e semplice implosione della destra italiana.

Una destra che per vent’anni ha saputo tenere assieme ambiguamente populismo e liberismo antipopolare. Ora, qui sta il punto, questa ambivalenza non regge più. In un paese devastato dalla crisi economica, a sovranità limitata, commissariato dalle oligarchie europee, ricattato dalla finanza speculativa globale, il tentativo di ricompattamento berlusconiano, può sperare di cadere in piedi solo se saprà sciogliere quell’ambiguità. E quindi molto probabile, per farla breve, che il berlusconismo conosca un cambio di pelle in senso reazionario. Il discorso di Alfano la dice lunga.

Due cose, oltre alla fuffa, hanno spiccato nel suo panegirico: l’attacco al governo per aver aderito all’Onu al riconoscimento simbolico dello Stato palestinese e quello alla Legge Fornero come… “cedimento alla Fiom”. E’ proprio vero che a questo pesce lesso manca un… quid.

Non pensiamo che Berlusconi vorrà andare in battaglia solo rispolverando questo demenziale e primitivo reazionarismo. Sarebbe fatto a pezzi. Se vuole cadere in piedi egli non potrà nemmeno limitarsi a piagnucolare contro l’austerità montiana. Egli dovrà indicare una credibile via d’uscita alla crisi, avere il coraggio di sollevare la questione dell’euro, rappresentando politicamente la strisciante protesta contro l’euro-Germania. Quindi alzare la bandiera della lesa sovranità italiana.

«Non è tanto Berlusconi a far paura ai suoi avversari, quanto la minaccia di una campagna tutta costruita contro l’Europa, la Germania, l’austerità e quant’altro. (..) Del resto, l’attacco a tutto campo di Berlusconi ha cambiato il quadro. La campagna elettorale si delinea come uno scontro pro o contro l’Europa». [Stefano Folli, Il Sole 24 Ore del 9 dicembre]

Non è certo che Berlusconi compia questo passo, una campagna apertamente anti-eurista. Di sicuro è quel che vorrebbero alcuni settori del Pdl (Crosetto) a nome e per conto, prima ancora della povera gente, di una borghesia che l’euro ha spinto sull’orlo del baratro.

Quel che è certo è che la contro-mossa di Monti, quella di salire al Colle a dire che appena approvata la Legge di stabilità rassegnerà le dimissioni, non lascia ai berluscones molti margini. Questa contro-mossa potrebbe precedere infatti la discesa in campo diretta di Monti come leader di una coalizione di centro-destra, eurista al cento per cento, pronta a dar vita ad un governo di emergenza nazionale col Pd di Bersani. Un’aperta sfida al Cavaliere: che per perdere in piedi non può che radicalizzare il suo discorso e posizionarsi ancora più a destra, usando una narrazione sovranista tutt’altro che moderata.

Il quadro politico è dunque tutt’altro che stabile. Se si considera che il 2013 sarà un anno terribilis, che la crisi economica e sociale toccherà il suo apice, è facile prevedere che ne vedremo delle belle.

Per chi tifino le oligarchie euriste, i grandi potentati finanziari globali è risaputo. Essi tifano per Monti e per Bersani. Non cadremo nella trappola di una sinistra decotta che con la scusa del ritorno di Berlusconi vorrà portarci incaprettati al sacrificio per tenere in piedi l’euro-dittatura.

Sappiamo riconoscere i nemici fondamentali, quelli che occorre battere, qui e ora, dagli spauracchi, o dai nemici di domani. Tutto è meglio che una vittoria del blocco implicito Monti-Bersani, ovvero di una stabilizzazione della dittatura degli oligarchi.

 

da Sollevazione