Non si fermano le proteste dei lavoratori agricoli nella regione del Western Cape, riesplose la scorsa settimana. Chiedono l’aumento della paga minima giornaliera.

Cape Town, 16 gennaio 2013 – Nena News – Sei mesi dopo i sanguinosi fatti di Marikana, città a 100 km da Johannesburg, dove 34 minatori in sciopero della miniera di platino Lonmin vennero massacrati dalla polizia, mercoledì scorso le forze dell’ordine hanno nuovamente aperto il fuoco sparando proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro i lavoratori agricoli in sciopero nella città di De Doors, a 100 km a est di Cape Town, nel Western Cape, una delle aree a più alta produzione viticola del Paese, arrestandone 44.

Per strada, come riportano i giornali locali, scene di guerriglia, tra barricate, pneumatici bruciati, lanci di sassi e le strade principali che da De Doors portano a Cape Town e a Johannesburg bloccate.

Non si fermano le proteste dei lavoratori agricoli nella regione del Western Cape, riesplose la scorsa settimana dopo il walk-out di dicembre.

I manifestanti, molti dei quali lavoratori stagionali, sono lavoratori agricoli impiegati nella raccolta e nel confezionamento della frutta in aziende agricole di proprietà della minoranza bianca. Chiedono l’aumento della paga minima giornaliera da 69 rand a 150 rand (1 Euro = 11.74 Rand Sudafricani).

L’ondata di scioperi iniziata ad agosto nel settore minerario si è poi allargata a quello agricolo, dapprima tra i lavoratori delle aziende che producono uva da tavola destinata al mercato estero e poi tra quelli delle aziende produttrici di frutta e vino, settore che registra i più alti fatturati in valuta estera. Alle richieste dei manifestanti che a fronte degli alti rendimenti delle esportazioni reclamano aumenti salariali, i proprietari agricoli sostengono invece che nel 2012 il calo delle esportazioni di uva da tavola ha provocato un abbassamento dei prezzi di circa il 25% e si rifiutano di concedere retribuzioni più alte. Stando a quanto riportato da Fairtrade Label South Africa già a novembre, nel pieno degli scioperi, i lavoratori sudafricani sarebbero tra i peggio retribuiti in Sudafrica, con paghe giornaliere e condizioni di vita sotto gli standard.

In un rapporto dell’agosto 2011 sullo stato dei diritti umani nei settori frutticolo e vinicolo in Sudafrica intitolato “Ripe with Abuse. Human Rights Conditions in South Africa’s Fruit and Wine Industries”, Human Rights Watch aveva documentato condizioni di sfruttamento e violazione dei diritti umani a cominciare dalle condizioni di vita inadatte negli alloggi, l’esposizione ai pesticidi senza alcuna protezione, la mancanza di accesso ai servizi igienici e all’acqua potabile durante le ore di lavoro e i tentativi di scoraggiare e bloccare la formazione di sindacati tra i lavoratori. E aveva denunciato come, mentre le aziende produttrici di vino e frutta contribuiscono con fatturati miliardari all’economia del Sud Africa, sostengono il settore turistico e i loro prodotti sono apprezzati in tutto il mondo, i loro lavoratori ricevono invece le retribuzioni più basse del Paese e questo a dispetto del loro ruolo determinante per il successo di questo settore.

Di “salari da fame” parla anche Petrus Brink, rappresentante della ONG Surplus People Project e consulente del lavoro, che lo scorso novembre aveva dichiarato al The Guardian Africa Network che con una paga settimanale di circa 346 rand “I poveri e i lavoratori sono sempre più poveri” motivo per cui diventano più aggressivi.

Molti lavoratori sono stagionali, continua Brink, vengono dall’Eastern Cape, dallo Zimbabwe, dal Mozambico e dalla Somalia e sono visti come una minaccia dai lavoratori a tempo indeterminato del Western Cape. Infatti, una delle ragioni per cui i proprietari agricoli non hanno interesse a contrattare è che di fronte al rifiuto dei lavoratori dipendenti del minimo salariale attuale, possono rivolgersi a quest’altro tipo di manodopera più a basso costo costituita appunto da lavoratori non sudafricani che spesso non hanno permesso di lavoro né passaporto e sono disposti a vivere in alloggi abusivi, ciò che consente a datori di lavoro senza scrupolo di sfruttare la loro forza lavoro e li rende meno propensi a offrire loro alloggio, istruzione o altro tipo di servizi. Brink continua lamentando un vuoto governativo e politico nella regione. A seguito infatti di numerose segnalazioni al dicastero per lo Sviluppo Rurale e per la Riforma Agraria, più di un anno fa solo due aziende agricole vennero chiuse.

D’altro canto, mentre molti datori di lavoro si rifiutano di negoziare un aumento salariale, altri rivendicano di retribuire i loro dipendenti con una paga già più alta di quella, di 69 rand, fissata dal Dipartimento del Lavoro, cioè intorno agli 80 o 90 rand al giorno. E rivendicano anche il fatto di offrire in aggiunta alloggio a molti dei loro dipendenti e altro tipo di sostegno, come riportato da testimonianze sui giornali locali.

Intanto, il Premier della regione del Western Cape, Helen Zille, e leader del Democratic Alliance, il maggior partito di opposizione di ANC, la forza politica al governo dalla caduta del regime dell’apartheid nel 1994, oltre che ex giornalista e attivista anti-apartheid, ha invitato il Ministro del Lavoro, Mildred Oliphant’s, a riunire le parti interessate per raggiungere un accordo e porre fine a tensioni che potrebbero altrimenti avere serie ripercussioni sull’industria alimentare e sulle centinaia di migliaia di persone che da essa dipendono.

Dichiarazioni a cui il Ministro, attraverso il suo portavoce, Musa Zondi, ha risposto che “non c’è molto che il Ministero può fare se non appellarsi alle parti interessate e invitarle a negoziare”. E ha aggiunto che le decisioni di settore nello stabilire il minimo salariale e la contrattazione collettiva sono due processi differenti, dando una spallata alle dichiarazioni del Presidente dell’AgriSa, il sindacato dei proprietari agricoli, il quale aveva dichiarato di non avere il mandato per intervenire nei negoziati con COSATU, la federazione dei sindacati sudafricani.

Il Presidente provinciale di COSATU, Tony Ehrenreich, descrive la situazione dei lavoratori agricoli come “una bomba a orologeria che potrebbe esplodere da un momento all’altro” riferendosi alle loro condizioni di lavoro e salariali. Gi scioperi di questi giorni, come anche quelli di novembre scorso, sono spontanei, mancano di una leadership e non sono organizzati dai sindacati, visto che solo il 6% dei lavoratori agricoli vi è iscritto, ha aggiunto descrivendo il suo un ruolo di sostegno ai manifestanti che ha invitato a sindacalizzarsi o a organizzarsi e negoziare direttamente con i datori di lavoro.

Intanto si teme per un’altra ondata di scioperi nel settore minerario. È infatti di questa mattina la notizia battuta dall’agenzia Reuters secondo cui un numero non specificato di lavoratori dell’Anglo American Platinum Limited (AMPLATS) hanno iniziato a scioperare presso le miniere di Khomanani, Thembelani e Tumela il giorno dopo che il primo produttore mondiale di platino ha annunciato di volere tagliare circa 14.000 posti di lavoro.

da Nena news