Che le «extraordinary rendition», cioè il programma globale di rapimenti illegali varato da Bush, avessero trovato nel governo italiano un fedele collaboratore già si sapeva. Era chiaro, infatti, che il caso Abu Omar non era certo un episodio isolato. Ora questa realtà, così significativa del grado di sudditanza dell’Italia nei confronti dell’imperialismo americano, sta trovando nuove e significative conferme. E’ questo il caso delle notizie riportate dall’articolo de La Stampa che pubblichiamo di seguito.
I rapimenti della CIA. L’Italia ha collaborato in almeno 46 occasioni
(Paolo Mastrolilli – La Stampa del 6 febbraio 2013)
Sono almeno 54 i Paesi coinvolti nel trasferimento di 136 presunti jihadisti
Il caso di Abu Omar è solo la punta dell’iceberg nella collaborazione che l’Italia ha offerto al programma americano delle «extraordinary rendition», lanciato dall’amministrazione Bush dopo l’11 settembre 2001.
Almeno in 46 casi, due documentati nei tribunali Usa, gli aerei operati a nome della Cia per trasportare i detenuti hanno fatto sosta nel nostro Paese. Questo sostiene un rapporto pubblicato dalla «Open Society Foundations», l’organizzazione di George Soros, che esce dopo la condanna in appello a 7 anni di prigione per Jeffrey Castelli, capo della Cia a Roma all’epoca del rapimento di Abu Omar, e la decisione del governo Monti di chiedere l’estradizione per uno solo dei 23 americani incriminati, Robert Seldon Lady.
Lo studio s’intitola «Globalizing Torture: Cia Secret Detention and Extraordinary Rendition», è lungo oltre 200 pagine, e rivela che almeno 54 Paesi hanno collaborato con Washington per arrestare, trasferire e interrogare 136 presunti terroristi, che potevano avere informazioni su Al Qaeda e i suoi piani per nuovi attacchi. Alcune fonti sono pubbliche, come il rapporto sulle «rendition» del 2007 del Parlamento europeo; altre sono conversazioni riservate con membri del governo americano, e documenti legali.
L’Italia è citata per il caso di Abu Omar, l’imam di Milano arrestato e portato in Egitto, ma anche per quelli di Abou Elkassim Britel e Maher Arar. Il primo era cittadino del nostro Paese, fu arrestato in Pakistan nel 2002 e poi trasferito in Marocco per gli interrogatori. Secondo «Globalizing Torture» il ministero degli Interni era al corrente dell’operazione e aveva collaborato con i servizi stranieri.
Arar invece sarebbe passato da Roma nel viaggio da Washington in Siria. Il rapporto sostiene che i voli segreti della Cia hanno fatto sosta in Italia almeno 46 volte, trasportando presunti terroristi come Bisher Al-Rawi, Jamil El-Banna, Khaled El-Masri, Binyam Mohammed, Ahmed Agiza e Mohammed El Zari.
Queste denunce erano contenute già nel rapporto del 2007 del parlamento europeo, ma non sono state confermate da Roma, e lo studio di Open Society aggiunge due tasselli recuperati nei tribunali americani. Secondo i documenti, «tra il 2003 e il 2004 almeno due voli operati dalla Richmor Aviation, una compagnia che gestiva gli aerei delle rendition, sono atterrati in Italia. Questi aerei includevano il numero N85VM, che si fermò a Roma tra il primo e il 3 marzo 2003, e il numero N85VM che si fermò a Napoli tra il 3 e il 7 maggio 2004». Qui ci sarebbe la prova che l’uso dello spazio aereo e degli scali italiani non sarebbe solo una voce.