Le tre speranze della borghesia globale

Un gay ha il pieno diritto di rivendicare con orgoglio il proprio modo d’essere. Non ha tuttavia il diritto di prenderci per il culo.

Nel disperato tentativo di risalire la china del consenso perduto Nichi Vendola non perde occasione per dire che lui non farà parte di un governo con la destra di Mario Monti.

“L’alleanza con Monti è fantascienza” (20 gennaio). “Io e Monti non saremo mai alleati” (22 gennaio). “Io al governo con Monti? Impossibile” (5 febbraio). “Io e Monti incompatibili” (6 febbraio). “Flirtare con Monti ci fa perdere” (7 febbraio)

Vendola mente sapendo di mentire. Mentire per raccattare voti: una delle caratteristiche del tanto vituperato “populismo”. Vendola sa bene che Sel farà parte di un governo con la lista di Monti.

Fino a che punto Vendola dica bugie e calpesti la buona fede dei suoi elettori creduloni ce lo svela il segretario del Psi Riccardo Nencini che su IL FOGLIO di oggi, 8 febbraio, ci spiega come stanno effettivamente le cose:

«Quel passaggio del programma che abbiamo controfirmato io, Nichi e Pier Luigi l’ho scritto personalmente – spiega al Foglio Riccardo Nencini, segretario del Psi – e vuol dire una cosa semplice, non ci possono essere fraintendimenti: un accordo di governo tra sinistra riformista e centro. Di governo, proprio così. All’epoca, quando firmammo quella carta, sembrava che dovesse essere approvata una legge elettorale che ci avrebbe obbligato ad allargare la maggioranza anche alla Camera per avere la possibilità di governare. Oggi siamo di fronte a una legge diversa, ma visto il rischio di instabilità che si prospetta al Senato l’interpretazione da dare a quel passaggio è sempre la stessa: il centrosinistra, dopo le elezioni, comunque andranno le cose, chiederà al ‘centrodestra buono’, se così si può dire, ovvero quello di Monti, di fare un accordo di legislatura, e di governare insieme».

Da parte sua Ingroia ha confessato che Rivoluzione civile non solo avrebbe accettato un accordo di desistenza ma, testuale:
«L’unica proposta politica l’avevamo fatta noi, un patto di governo lanciato al Pd per un governo di centrosinistra progressista e riformista dove non ci poteva essere spazio per Monti». [Repubblica del 2 febbraio]

Tutti quindi, alla corte del Partito democratico, un partito che ha non solo sostenuto coi berluscones il governo “tecnico” di Mario Monti, ma che ha scolpito nella pietra della Carta d’Intenti delle primarie il rigoroso rispetto dei diktat delle tecno-oligarchie europee: pareggio di bilancio, Fiscal compact, Mes, quindi politiche liberiste ventennali di macelleria sociale.

Ingroia, politicamente parlando, non è un’aquila. Mentre ci sarebbe bisogno di una sinistra agguerrita che punti a trasformare la diffusa indignazione popolare in aperta rivolta, il Piemme è come un potente sonnifero.

Abbiamo così che se la lista vendoliana, incapsulata nel Pd, subirà uno schiaffo elettorale da cui difficilmente si riprenderà, Rivoluzione civile, pregiudica la stessa possibilità di superare lo sbarramento elettorale. E se così accadrà se lo sarà meritato.

Queste elezioni sono insomma l’occasione in cui ciò che resta della sinistra-da-seconda-repubblica toccherà il suo punto più basso. Lasciamola perire. E’ oramai troppo tardi per sperare in una palingenesi. Non si fa la frittata senza rompere le uova. Una nuova forza di sinistra sorgerà solo sulle ceneri di quella realmente esistente.

Nel frattempo a fine febbraio si vota. Non è il giorno del giudizio, ma i risultati che usciranno dalle urne avranno conseguenze di grande rilievo. Il nostro ragionamento è semplice: dobbiamo augurarci il contrario di quanto sperano le cosche dominanti. Cosa sperano? (1) una vittoria convincente del blocco Bersani-Monti-(Vendola), (2) un risultato più che deludente delle liste del Movimento 5 Stelle; infine (3) una tenuta (non il successo della riscossa) di Berlusconi.

Se non si avvereranno (1) e (2) i poteri esterni che hanno commissariato il paese, sostenuti dai loro sodali tricolori, obbligheranno infatti i loro servi politici (basterà poco, un nuovo soffio di spread) per resuscitare un governo di emergenza nazionale con i berluscones dentro. Per questo il Cavaliere era e resta un’indispensabile carta di riserva, e Dio non voglia che sia spazzato via.

In questa equazione senza incognite il blocco dominante o vince o perde e perde se il solo reale fattore di disturbo, M5S, otterrà un’affermazione eclatante. Se questa ci sarà vorrà dire che avremo un quadro politico nuovo, la fotografia di un popolo non solo allo stremo, ma che sta uscendo da un lungo letargo. E un popolo risvegliato è la conditio sine qua non per invertire la rotta, per dare coraggio al popolo lavoratore e anzitutto alla gioventù che sarà la forza motrice della futura sollevazione. Di più, dalle elezioni, non ci si può aspettare.

da SollevAzione