Lettera dalla Tunisia di un dirigente di Ennahda

In seguito all’assassinio politico di Chokri Belaid, (di cui abbiamo parlato il 7 febbraio nell’articolo Tunisia: i frutti amari della rivoluzione) segretario generale del Movimento dei Patrioti Democratici [ultima propaggine di un’organizzazione che nacque come costola tunisina del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese – FPLP] la Tunisia rischia di scivolare in una grave crisi istituzionale e in nuovi disordini sociali.

Dopo la cacciata del dittatore Ben Ali, i tunisini si sono trovati a dover affrontare una delicata fase di transizione, con il varo di un governo di unità nazionale, la formazione di nuove istituzioni come i Comitati di difesa civica, il Comitato per la protezione della rivoluzione (un coordinamento tra 28 diverse organizzazioni che avevano partecipato attivamente alle proteste) e quindi l’Alta Autorità per il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione, della riforma politica e della transizione democratica.

Il quadro politico tunisino è particolarmente complesso e variegato. Esistono più di 150 partiti e gruppi. Di questi 97 (soli o in coalizione) presentarono liste in occasione delle elezioni per l’Assemblea Costituente del 23 ottobre 2011, solo 19 partiti, però, ottennero dei seggi.

Le elezioni per eleggere i 217 seggi furono segnate da un astensionismo di massa, e si svolsero con sistema proporzionale a base circoscrizionale e con liste bloccate. Quelle elezioni furono vinte da Ennahda (partito islamico che ha pagato con anni di carcere, torture ed esilio la sua opposizione alla dittatura di Ben Ali e che la stampa descrive come “moderato” per indicare le sue simpatie per il modello istituzionale turco). Ennahda ottenne circa il 40% dei voti e 89 seggi, seguito dal Congresso per la Repubblica (Cpr), un partito di fede liberale progressista, che ottenne 29 seggi, e da Ettakatol ossia Forum democratico per il lavoro e le libertà, (partito di tendenza “socialdemocratica”, già legale sotto il dittatore Ben Ali) che ottenne 20 seggi. L’Assemblea Costituente elesse come presidente della repubblica Moncef Marzouki, leader del Cpr, il quale nominò primo ministro Hamadi Jebali, segretario di Ennahda.

Questi tre partiti formano l’attuale governo di coalizione, che potremmo definire di centro sinistra, contrariamente ad una certa vulgata che ha tentato di presentare il governo capeggiato da Ennahda come una compagine di islamisti trinariciuti.

L’estrema sinistra, che sta cavalcando la tigre delle proteste per l’assassinio di Chokri Belaid contro il pericolo di una islamizzazione delle istituzioni e della società civile, si presentò divisa, e ottenne un risultato elettorale pessimo – tutte le varie liste “marxiste”, caratterizzate da una forte impronta laicista, messe assieme non superarono il 5%.

Ma nell’interesse di chi e per quale disegno politico è stato assassinato Chokri Belaid?

La lettera inviataci dal dirigente di Ennahda Lourimi Ajmi, che pubblichiamo qui sotto, lascia intendere che ad armare la mano assassina siano stati provocatori al soldo del vecchio regime di Ben Ali. Secondo altri dietro ci sarebbero invece i salafiti tunisini. Ma chi sono questi salafiti?

«Essi non sono organizzati in partiti politici, ma in associazioni religiose e di beneficenza. Controllano un certo numero di moschee, tra cui la Grande Moschea di Sousse, vicino Msaken. Sono supportati da alcuni teologi sauditi che visitano la Tunisia per tenere conferenze. Questo è il caso per esempio di Mussa Muhammad Sharif. Non so nulla circa la possibile costituzione di fondi salafita dall’Arabia Saudita. Le loro reti sono opache ed è difficile ottenere informazioni su di essi.

Il fatto è che l’Arabia Saudita ha visto di cattivo occhio la rivoluzione tunisina per poi cercare in un secondo momento di “controllarla” attraverso i suoi predicatori salafiti. L’obiettivo dell’Arabia Saudita non è tanto quello di rallentare il processo di democratizzazione, ma piuttosto di disporre di casematte pro saudite in Tunisia per difendere gli interessi strategici del regno di “Saouds”. Non dimentichiamo che l’Arabia Saudita aspira a diventare una potenza politica nella regione in funzione anti iraniana». [Chi sono i salafiti tunisini].

Noi aggiungiamo che le ambizioni egemoniche saudite cozzano anche contro quelle turche di Erdogan, e la Tunisia è in effetti un campo di battaglia tra Ryad ed Ankara.

I salafiti tunisini, di scuola wahabbita, hanno tutto l’interesse a indebolire Ennahda e forse a spaccarla, per diventare così la corrente egemone dell’islam politico in Tunisia.

Ennahda ha condannato apertamente il gesto vile dell’assassinio di Belaid, mentre alcuni gruppi di estrema sinistra tunisina hanno invece accusato pubblicamente Ennahda e il governo come colpevoli dell’omicidio.

Assisi, agosto 2012. Lourimi Ajmi ospite del Campo Antimperialista (al centro). Alla sua destra Intissar Masri, a sinistra Daniela Di Marco

 

Qui sotto la lettera di Lourimi Ajmi, dirigente di Ennahda, giuntaci il 10 febbraio

«Cari fratelli,
Tutta la classe politica tunisina è in stato di shock in seguito all’assassinio di Chokri Belaid, amico di vecchia data e una delle figure di spicco della sinistra marxista e nazionalista pan-arabista in Tunisia. Chokri è stato freddamente assassinato in pieno giorno davanti casa sua, in un quartiere borghese alla periferia nord di Tunisi, El Menzeh 6. Questo è l’evento più sanguinoso dopo la cacciata di Ben Ali.

L’assassinio di Belaid rischia di mettere in pericolo una transizione democratica già fragile, potrebbe alimentare tensioni sociali e approfondire le divisioni regionali e politiche sulla base di una polarizzazione ideologica in un periodo in cui stiamo cercando di rafforzare la coalizione di governo tra gli islamisti di Ennahda e i laicisti di centro sinistra, ciò dopo essere riusciti a portare avanti una sorta di accordo tra il governo centrale, il sindacato UGTT e il padronato.

Se la classe politica tunisina, sia maggioranza che opposizione, non si assume le proprie responsabilità nel ricercare nuovamente il più ampio consenso possibile, nel sostenere l’azione del governo e le pubbliche autorità, nel compiere il passo successivo per accelerare le riforme, l’elaborazione della nuova costituzione, arrivare a nuove elezioni e garantire così la stabilità politica, la coesione sociale e lo sviluppo economico; la Tunisia non sarà immune da una crisi politica aperta.

Conoscere l’identità dell’assassino di Belaid e i moventi del delitto sono una priorità perché tale atto non si ripeta più e si preservi il processo politico di transizione dalla deriva.

Il nostro partito, Ennahda, ha fortemente condannato e denunciato l’assassinio di Chokri Belaid e respinge qualsiasi accusa contro il governo e la troika al potere, si sente colpito da questo atto criminale, che serve solo alla controrivoluzione, ai sostenitori del vecchio regime e del ritorno alla dittatura. Dobbiamo essere tutti uniti contro la violenza politica e rassicurare i nostri amici della nostra determinazione a perseguire la scelta democratica e consensuale nell’interesse del nostro paese e della nostra rivoluzione».

Lourimi Ajmi

Tunisi, 10 febbario 2013

Segnaliamo alcuni articoli di analisi sulla “rivoluzione dei gelsomini”

Tunisia: quando ciò che è reale è razionale
Nostro Report sul congresso del PCOT
La Brigata di solidarietà di Sumud
Inchiesta sui moti in Tunisia
Riflessioni sulla rivoluzione tunisina