L’onda d’urto che fa tremare euro e Unione europea

Un confronto con le elezioni in Portogallo, Spagna, Francia e Grecia

C’è tempo, manco troppo temo, per riflettere e immaginare (e quindi orientare la prassi)  [1] come M5S gestirà la sua potente vittoria elettorale — a cui modestamente anche noi abbiamo contribuito — e quindi [2] come cambierà, e in quale direzione, M5S — poiché è certo che cambierà.

Tab. n° 1

Per l’intanto vale la pena soffermarsi sul significato delle recenti elezioni anticipate. Non per correggere quanto da noi scritto a caldo, ma per precisarlo, mettendo a confronto i risultati italiani con quelli delle elezioni più recenti in paesi come il Portogallo, la Spagna, la Grecia e la Francia.

Ci aiutiamo con delle tabelle che analizzano alcune tornate elettorali dopo l’arrivo della grande crisi storico-sistemica del capitalismo mondiale e anzitutto occidentale.

Il confronto con gli altri paesi europei meridionali fa saltare agli occhi cinque dati: 
(1) non tutti i sistemi politici dei paesi in oggetto hanno subito il medesimo sconquasso; (2) non c’è alcuna corrispondenza tra profondità della crisi economica e sfascio del sistema politico; (3) non c’è un rapporto causa effetto tra mobilitazioni sociali e approfondimento della crisi politica — ciò che è valso per la Grecia non vale per gli altri paesi; (4) le sinistre radicali crescono dove c’è conflitto di massa, non necessariamente in relazione automatica alla gravità della crisi economica — infatti sono dappertutto in difficoltà, Grecia compresa; (5) proprio l’Italia è il paese in cui più grande è stato il terremoto elettorale che rischia di travolgere l’intero sistema politico. 

ELEZIONI: ALCUNI NUMERI

Tab. n° 2

Questo è dimostrato in modo lampante dalla tabella n.1 (sopra). Pd, Pdl e Lega hanno perso, dalle elezioni del 2008 la bellezza di circa 13 milioni di voti. Uno smottamento senza precedenti, se non ai tempi del passaggio alla cosiddetta Seconda repubblica — fine del regime democristiano. Uno smottamento che punisce anzitutto Pdl e Pd, ovvero i due pilastri del sistema bipolare, oramai defunto. Ma punisce anche, pesantemente, la “sinistra radicale” la quale, anche sommando Sel e Rivoluzione civile perde, rispetto ai risultati  dell’Arcobaleno del 2008, più del 68% dei voti. Uno sfaldamento di base sociale ed elettorale ancor più serio di quello precedente.

Tab. n° 3

La tabella n.2 evidenzia che i tre pilastri del sistema politico (Pd,Pdl e Montiani) sono votati da meno della metà degli italiani, pur ottenendo la non irrisoria quota di consenso del 65,7% tra i votanti effettivi. Il che significa che l’enorme valanga 5 Stelle va comunque proporzionata al fatto che il “primo partito” è di gran lunga quello dell’astensione. 

La tabella n.3. indica il costante calo dei votanti dal 1992 in poi, una tendenza costante (interrotta solo dall’eccezione delle elezioni del 2006) venuta avanti con la nascita della Seconda repubblica e che l’avanzata  di 5 Stelle non ha affatto invertito. Quest’anno hanno votato due milioni di cittadini in meno che nel 2008. Lontanissimi oramai sono i tempi in cui l’Italia era il paese con le percentuali più alte di votanti.

La tabella n.4 ci dice che il partito dell’astensione (che per precisione ingloba schede nulle e bianche) ammonta a più di 13 milioni di italiani. Un’astensione che ha penalizzato non solo i due partiti (Pd e Pdl) su cui si è incardinato il sistema bipolare ma evidentemente anche la Lega e la “sinistra radicale”. La massiccia astensione non indica solo disaffezione alla politica in generale (non per forza qualunquistica), è appunto conseguenza di un meccanismo bipolare che taglia fuori milioni di italiani allontanati dalla urne a causa di meccanismi elettorali di sbarramento che rendono inutile il voto per le formazioni politiche minori.

Tab. n° 4

La tabella n.4 mostra la magnitudine del terremoto elettorale avvenuto il 24 e 25 febbraio. Se consideriamo il crollo di Pd,Pdl e Lega, l’affermazione di 5 Stelle come primo partito è spia infallibile che qui non siamo in presenza solo di protesta, ma di un’ondata di indignazione sociale che viene da lontano e che si è coaugulata nelle liste di M5S. Un’indignazione socialmente e ideologicamente trasversale, forse destinata per questo col tempo a scomporsi ma non per questo a scemare. Inutile dire che i commentatori d’Oltralpe hanno colto nel segno affermando che quello italiano è un grande voto non solo contro la “casta”, non solo contro l’austerità lacrime e sangue, ma pure contro l’Unione europea, l’euro e le tecno-oligarchie su cui fanno perno. Per questo i dominanti sono nel panico. Il voto italiano è un terremoto che fa ballare l’Unione molto più potentemente che quello greco e avrà subito un impatto, non solo sulle cosche di Francoforte e Bruxelles, ma pure sulla Germania, che fra pochi mesi va al voto.   

IL CASO PORTOGHESE

Tab. n° 5 – Elezioni in Portogallo

Quanto diciamo è confermato da un confronto con i dati delle più recenti elezioni negli altri paesi. La grande crisi ha sì disarcionato tutti i governi (da quelli “socialisti” in Portogallo, Spagna e Grecia a quello conservatore di Sarkozy in Francia) ma non ha causato sconquassi politici e istituzionali come in Italia (ultima arrivata al voto dall’inizio della grande crisi).

Un esempio su tutti quello portoghese dove la crisi economica, acutissima (ricordiamo che il Paese è stato salvato dalla Ue e dalla Bce e non può ancora piazzare i suoi titoli pubblici sui mercati finanziari) ha premiato i partiti di destra — i “socialdemocratici” sono in realtà un partito liberista di destra, così come il Partito del popolo. Il Partito comunista ha tenuto mentre il blocco di estrema sinistra ha invece subito una batosta. Il sistema ha insomma tenuto bene. 

QUELLO SPAGNOLO

Tab. n° 6

Nel novembre 2011, mentre qui si defenestrava Berlusconi, anche la Spagna (sistema elettorale fortemente bipolare) andò al voto, dopo che Zapatero sciolse le Camere. Anche in Spagna, crollo dei socialisti e rivincita della destra del Ppe. Izquierda unida, la coalizione delle sinistre radicali, pur avanzando non ha affatto sfondato come si poteva supporre. Anche qui malgrado una crisi economica devastante, il sistema ha retto bene l’onda d’urto.

QUELLO FRANCESE

Tab. n° 7

Nell’aprile 2012, come i nostri lettori senz’altro ricordano, si è votato anche in Francia. Anche qui, grazie ad un sistema elettorale premiale per i grandi partiti (due turni), il sistema è stato in grado di tenere l’onda d’urto del malcontento popolare. Sarkozy è stato spazzato via ma il suo posto è stato preso dagli immarcescibili socialisti. 

Se fossero stati buoni i risultati del primo turno anche la Francia sarebbe stata tuttavia attraversata da un terremoto politico, ma di segno reazionario:  il Fronte nazionale di Marie Le Pen è balzato a quasi il 18%.  Ciò che anche in Francia hanno fatto cilecca sono stati infatti la sinistra radicale capeggiata da Melenchon (data nei sondaggi ad oltre il 15% mentre ha ottenuto un comunque non modesto 11%) e i Verdi, crollati al 2%. 

QUELLO GRECO

Tab n° 8

Eccoci dunque giunti in Grecia. Il paese che ha conosciuto prima dell’Italia il più potente terremoto elettorale.
Le elezioni si celebrarono il 6 maggio del 2012, anche qui con un sistema elettorale truffaldino che assomiglia a quello italiano per la Camera dei deputati, per cui il primo arrivato piglia quasi tutto. Avvenne il crollo contestuale del Pasok e di Nuova democrazia e la prepotente avanzata delle sinistre radicali raccolte nella coalizione Syriza, che balzò dal 4,6% al 16,79%. All’estrema destra Alba dorata che ottenne quasi il 7%.

Nell’impossibilità di formare un governo i greci tornarono alle elezioni nel giugno successivo. Syriza fece un altro grande balzo, passando al 26,89%, ma il Kke (Partito comunista) scivolò al 4,50%, mentre la destra storica di Nuova democrazia, data per spacciata risalì dal 19% al 29%. Solo il Pasok conobbe un secondo crollo. I fascisti di Alba dorata conservarono quasi il loro 7%.

LA TOPPA PEGGIO DEL BUCO

Le elezioni hanno almeno un fatale difetto: sono uno specchio in cui la realtà sociale e gli effettivi spostamenti e rapporti di forza sociali si riflettono in modo distorto e sempre dilatando la potenza dei partiti delle classi dominanti —tanto più con sistemi truccati da norme maggioritarie. 
A maggior ragione però, le elezioni hanno rilevanza quando i partiti del blocco sistemico prendono sonore legnate. Questo è proprio ciò che è accaduto nelle recentissime elezioni italiane. Hanno ricevuto una batosta i partiti sistemici, i paladini dell’euro, dell’Unione delle politiche antipopolari. Con loro masticano amaro i centri di potere euristi stranieri che teleguidano la politica italiana.

Avranno un bel da fare per metterci una toppa. Siamo certi che cercheranno di mettercela. Un governo dovranno formarlo, visto che ove si ripetesse l’esempio greco di elezioni anticipate a stretto giro la funerea compagnia dei sacrifici in nome dell’euro, rischierebbe di essere seppellita. Tireranno a campare dando vita ad una nuova edizione del “governo di larghe intese”, quindi ripescando Berlusconi — loro preziosa ruota di scorta.

Ma miracoli non ne potranno fare. Essi sono in gabbia, anzi tra l’incudine dei patti europei e il martello della protesta popolare. Azzardiamo un pronostico: per quanto siano astuti, avendo essi sottoscritto un patto col diavolo per tenere in piedi la baracca dell’euro, la toppa che metteranno finirà per essere peggio del buco. L’ondata di indignazione popolare crescerà e siccome radicali mutamenti di rotta sono altamente improbabili, possibile diventa che segua una seconda ondata, questa volta di proteste sociali dal basso.

da sollevAzione