Il vero fronte rosso-bruno
a chi fa gioco smerdare il Movimento 5 stelle?

8 marzo. L’Espresso in edicola oggi spara una potente bordata contro Beppe Grillo. La guerra di regime per sfasciare M5S è iniziata. Il meccanismo è rodato, lo stesso usato per delegittimare Berlusconi. Inquietante è che alla chiamata alle armi abbiano subito risposto i trombettieri della sinistra sinistrata.

Se Grillo sperava di farla franca si sbagliava e di grosso. Non poteva pensare di portare un attacco, come l’ha portato, al putrescente regime che ammorba il paese senza che questo reagisse, non esitando a ricorrere all’uso subdolo della diffamazione e della calunnia.

La campagna di sputtanamento l’avevano iniziata Il Giornale e Libero a ridosso delle elezioni. Subito dopo hanno iniziato il Corriere della sera e Repubblica. Ma era tutta robetta. L’attacco frontale, per essere credibile, doveva essere portato dalla stampa antiberlusconiana. Ed esso è arrivato, come una bomba ad orologeria.

Spunta fuori un’inchiesta della Guardia di finanza che ha scoperto che Beppe Grillo è l’effettivo titolare di «Tredici società in Costa Rica per gestire affari e aprire un resort di lusso nel paradiso fiscale. Promotori: l’angelo custode dell’ex comico e la sorella di sua moglie». [Grillo, l’autista e la cognata]

L’attacco si muove sulla falsa riga oramai ben rodata delle campagne di stampa per demolire il puttaniere di Arcore. Anzi, per essere più precisi l’indagine de l’Espresso sembra una fotocopia farlocca di quella che azzoppò Gianfranco Fini — la casa di Montecarlo. Chissà quale barba finta di turno ha fatto questa volta le veci di Lavitola. Lavitola, quello che sfornò le carte per incastrare Fini producendo un documento falso proveniente dall’isola di Santa Lucia. Oggi Lavitola in galera afferma che i soldi per le carte false, 500mila euro, gli furono dati proprio da Berlusconi.

Sia chiaro. Non stiamo qui a fare gli avvocati d’ufficio di Beppe Grillo. Se fosse vero che coi soldi guadagnati come comico ha fatto investimenti in Costa Rica (rispunta un paradiso fiscale) non ci farebbe certo una bella figura. Non so dove lessi che se qualcuno vuole fare carriera politica all’interno del regime dev’essere ricattabile, perché solo se lo è egli sarebbe addomesticabile e quindi poter fare carriera. Per uno che vuole abbattere un regime vale la regola opposta: non deve avere scheletri nell’armadio, non deve fornire alcun destro ai suoi nemici.

Vero è che il regime, se gli scheletri non ce l’hai, è sempre pronto ad inventarseli. Fa partire una campagna di accuse false, scatena un’inchiesta giudiziaria e così ti sputtana agli occhi di un’opinione pubblica abituata a bersi tutto. La notizia che l’accusa era falsa giungerà dopo anni, e nessuno ci farà caso.

Diciamo subito una cosa: se le accuse pubblicate da l’Espresso fossero vere ciò non cambierebbe di una virgola il significato del poderoso successo di 5 Stelle. Né noi cambieremmo quindi opinione riguardo alla giustezza di votare per le liste di M5S. Le vicende personali di un leader, per quanto penose, non possono sminuire o offuscare il dato oggettivo che grazie al successo di M5S è giunta una devastante e salutare spallata al regime oligarchico eurista.

Più che penoso è inquietante che a questa campagna di delegittimazione di M5S si siano prontamente aggiunti alcuni ambienti di estrema sinistra. Hanno scoperto che tra gli eletti “grillini” ci sono alcuni ex-fascisti o militanti di destra. Spunta fuori un certo Checchino Antonini che ne avrebbe scovati almeno tre, due deputati e un senatore «…che hanno militato nella Fiamma tricolore di Pino Rauti fino al 2002 ma che, anche successivamente, hanno mantenuto saldi contatti con l’area della destra radicale, sopratutto, con gli ambienti culturali come il Centro studi Polaris di Gabriele Adinolfi, il Movimento Zero di Massimo Fini ed il comitato Destra per Milano di Roberto Jonghi Lavarini».
E’ sintomatico che a rilanciare questa non-notizia sia stato il sito ufficiale di Rifondazione comunista — Camerati a 5 stelle, si, no, forse.

Il passato politico di ognuno è certo importante, e non può essere cancellato con un colpo di spugna. Ma siccome redimersi o cambiare idea e barricata non è impedito a nessuno, nemmeno ai neo-fascisti; e siccome l’estrema sinistra, non da oggi, ma fin dal dopoguerra, di ex-fascisti ne ha riciclati tanti, l’autore si deve essere reso conto che il passato (soprattutto se parliamo di quello di persone che al tempo erano giovani se non adolescenti) non può essere di per sé un atto di accusa. Ecco allora che cala l’asso.
Per dimostrare che M5S usa slogan fascisti cita un certo Vincenzo Forte, camerata nient’affatto pentito, che accusa di plagio il Movimento 5 stelle:
«Dopo essersi appropriato di idee e proposte politiche della destra radicale come la nazionalizzazione della Banca d’Italia, la sovranità monetaria con il ritorno alla moneta nazionale e quant’altro, se n’è uscito con l’ “innovativa” proposta di salario minimo garantito per i disoccupati: peccato che il comico si sia scordato di raccontare agli intervenuti al suo Tsunami-show, che tale idea è una battaglia sociale di Fiamma Tricolore sin dalla sua nascita il 1995, nata dalla sensibilità politica dell’allora segretario Pino Rauti».

Avete capito dove vuole portare i suoi malcapitati lettori (in sodalizio col fascistone tal Vincenzo Forte) il sinistrato Checchino Antonini? Vuole portarli a sostenere che rivendicazioni come la nazionalizzazione della banca d’Italia, la sovranità monetaria e il salario minimo garantito, sono richieste… fasciste e quindi, per proprietà transitiva, non solo M5S ma chi a sinistra sostiene quelle richieste, è fascista, che ne sia consapevole o meno.

Ecco dove conduce quello che abbiamo definito “antifascismo delirante”. Porta a fare i pappagalli della stampa di regime, del blocco di potere oligarchico che condanna come populistico ogni movimento che rifiuta il liberismo e chiede che la politica non sia asservita ai grandi pescecani capitalisti ma della collettività.

Si ciancia contro un fantasmatico “blocco rosso-bruno”. Qui l’unico blocco rosso-bruno che vediamo — se assumiamo che il fascismo realmente esistente e che avanza è lo schiacciasassi di un potere sempre più tecnocratico e antidemocratico — è quello tra i settori euristi dominanti del sistema e certa sinistra radicale (radicale ma nel senso pannelliano del termine) che gli tiene il moccolo.

L’essere stati per vent’anni, in nome dell’antiberlusconismo, portatori d’acqua del grande capitale finanziario, italiano ed europeo, non pare induca questi sinistrati alla minima autocritica. Ieri lo spauracchio era il “fascista e populista Berlusconi, oggi il “fascista e populista Grillo”. La storia davvero si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.

da sollevAzione