Più sotto una scheda su come si ottiene la cittadinanza in alcuni paesi occidentali
Una ne pensa e cento ne dice. Questo ci viene in mente rileggendo la sortita di Beppe Grillo sullo Ius soli. Non si possono tollerare certe uscite su tematiche tanto controverse con il motivo di ottenere il coupe de theatre per portare voti alle liste di M5S nelle imminenti elezioni municipali. La questione è in effetti delicata e scottante, ed è inaccettabile buttarla in caciara, fosse anche solo a causa della montante ondata xenofoba che attraversa le viscere della società italiana. Un forza democratica dovrebbe non solo contrastare la xenofobia e rifuggire dalla facile demagogia, dovrebbe difendere in linea di principio lo Stato di diritto, di cui il diritto di cittadinanza e le vie per accedervi sono elementi di primaria importanza.
Ma vediamo cosa ha scritto testualmente Beppe Grillo il 10 maggio sul suo blog:
«In Europa non è presente, se non con alcune eccezioni estremamente regolamentate, lo ius soli. Dalle dichiarazioni della sinistra che la trionferà (ma sempre a spese degli italiani) non è chiaro quali siano le condizioni che permetterebbero a chi nasce in Italia di diventare ipso facto cittadino italiano. Lo ius soli se si è nati in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni è già un fatto acquisito. Chi vuole al compimento del 18simo anno di età può decidere di diventare cittadino italiano. Questa regola può naturalmente essere cambiata, ma solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita. Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente. Inoltre, ancor prima del referendum, lo ius soli dovrebbe essere materia di discussione e di concertazione con gli Stati della UE. Chi entra in Italia, infatti, entra in Europa».
Partiamo dalle cose meno importanti. Colpisce l’improvvisa resipiscenza “europeista” di Grillo. Non si possono contestare i proconsoli che invocano l’austerità antipopolare in nome dell’Europa, non si può condannare la loro svendita di sovranità nazionale e poi invocare l’Unione dandogli un diritto di veto proprio sul criterio di come si acquisisce la cittadinanza italiana.
In secondo luogo. Grillo pensa di dare una verniciata di democraticità alla sua uscita che obiettivamente liscia il pelo ai sentimenti xenofobi, proponendo che a decidere sia il popolo col referendum. Che occorra essere prudenti a sottoporre ogni decisione politica a referendum che è una specie di chiodo fisso di Cinque Stelle. Vogliamo davvero rimpiazzare la democrazia parlamentare con quella plebiscitaria spacciata per “democrazia diretta”? Vogliamo davvero prendere la Svizzera a modello? Questa è un’altra questione di principio su cui M5S ha una posizione come minimo confusa.
Il terzo aspetto è sconcertante, mi riferisco, se Grillo contesta in linea di princpio lo Ius soli, all’insensibilità rispetto al problema della tutela di centinaia di migliaia di minorenni nati in Italia da coppie di stranieri (o da coppie miste) che con la normativa attualmente vigente non hanno infatti gli stessi diritti dei loro coetanei. Non è lecito giocare coi principi: fino a quando esisteranno gli stati-nazione con il loro principio della cittadinanza, o lo Stato la concede, in base al principio dell’eguaglianza oppure, si ricorra al principio arcaico del “sangue” o ad altri strategemmi legali, lo si nega. Come di fatto avviene in Italia. Qual è la normativa vigente nel nostro paese?
“Il testo fondamentale che regola le modalità di acquisizione della cittadinanza e? la legge 5 febbraio 1992 n. 91; il quadro normativo e? completato dal Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n.572 e dal Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n.362, che regolamentano le norme attuative dei principi generali normativi.
La L.92/91, che si basa sul principio dello ‘ius sanguinis”, prevede in estrema sintesi tre modalita? per l’accesso alla cittadinanza per coloro che sono di origine straniera: per nascita, per naturalizzazione e per matrimonio. In relazione alla prima ipotesi e? cittadino per nascita chi e? nato da cittadini italiani; se i genitori stranieri sono diventati cittadini italiani, anche il figlio minore convivente diventa cittadino italiano. In base allo stesso principio dello ‘ius sanguinis’, se il minore e? nato in Italia ma i genitori non sono cittadini italiani, il figlio non acquista la cittadinanza italiana, e può diventare cittadino italiano solamente dopo il compimento del 18° anno di eta? e con la dimostrazione di avere risieduto regolarmente ed ininterrottamente sino al compimento della maggior eta?.
Se sposa un/a cittadino/a italiano/a, lo straniero acquista la cittadinanza, cosi? come previsto dalle modifiche apportate dalla L.94/09, dopo una residenza di due anni. Per quanto concerne la naturalizzazione, la cittadinanza puo? essere concessa dopo 10 anni di residenza ininterrotta sul territorio nazionale”. [1]
Per capire di cosa stiamo parlando varrà la pena mettere bene a fuoco la dimensione del fenomeno dell’immigrazione in Italia e di quanto pesi in questo quadro quella dei figli di stranieri nati in Italia, circa mezzo milione.
«Attualmente vivono in Italia circa 5 milioni di persone di origine straniera. Molti di loro sono bambini e ragazzi nati o cresciuti nel nostro Paese, che tuttavia possono accedere alla cittadinanza con modalita? quanto mai ristrette e dopo un lungo percorso burocratico. Le conseguenze di tale situazione sono disuguaglianze ed ingiustizie che, impedendo una piena integrazione, disattendono il dettato costituzionale che all’articolo 3 stabilisce il fondamentale principio di uguaglianza, ed impegna al contempo lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il suo raggiungimento. La distribuzione demografica della popolazione straniera evidenzia una concentrazione nelle fasce di eta? piu? giovani: ha meno di 18 anni il 22% dei cittadini stranieri residenti (contro il 16,9% dell’intera popolazione ); ha una eta? compresa tra 18 e 39 anni il 47% dei cittadini stranieri mentre gli ultraquarantenni stranieri sono solo il 30,7%, e solo il 2,3% ha una eta? superiore ai 65 anni.
I cittadini stranieri contribuiscono dunque in maniera determinante allo sviluppo dell’economia italiana e alla sostenibilita? del sistema di welfare in misura maggiore di quanto comunemente si pensi. La stabilizzazione delle migrazioni e? resa evidente dalla crescita costante delle nascite in Italia di bambini con uno o entrambi i genitori stranieri.
I 21.816 bambini con almeno un genitore straniero nati in Italia nel 1999, sono diventati 72.472 nel 2008 (77.109 nel 2009 secondo gli ultimo dati diffusi dall’ISTAT). Al 1 gennaio 2010 i cittadini stranieri residenti nati in Italia sono ormai 572.720, il 13,5% del totale dei residenti stranieri. Molti di loro non hanno mai conosciuto il paese di origine dei genitori; hanno forme e stili di vita del tutto simili ai coetanei italiani, sono a tutti gli effetti parte integrante della nostra societa? ma non hanno acquisito la cittadinanza italiana alla nascita in quanto non previsto dalla legislazione vigente». [2]
C’è quindi una questione di principio riguardante il diritto di cittadinanza, e su questo piano lo ius soli è certamente più democratico e preferibile di quello sanguinis, ma come ogni cosa il diavolo può nascondersi nei dettagli e nelle procedure. Come mostra la scheda qui sotto in alcuni paesi dove vige lo ius sanguinis, vedi la Germania e l’Irlanda, l’accesso alla cittadinanza è decisamente più semplice che in Italia, dove le procedure sono pensate per limitarlo in maniera brutale.
Prima di alzare un gran polverone, col rischio di portare acqua al mulino degli xenofobi, Grillo avrebbe dovuto studiare meglio la questione e attendere che la neo-Ministra Cecile Kyenge entrasse nel merito, indicando, appunto criteri e procedure dell’introduzione dello ius soli. Tanto per dire: la legge avrebbe validità retroattiva o varrebbe solo per i figli di stranieri nati in Italia dopo l’approvazione delle legge? [3]
SCHEDA: COME SI OTTIENE LA CITTADINANZA IN ALCUNI PAESI OCCIDENTALI
Francia
Lo ius soli esiste dal 1515, con la variante doppio ius soli: è più facile ottenere la cittadinanza per uno straniero nato nel Paese da genitori stranieri a loro volta nati nel Paese.
Germania
Vige invece lo ius sanguinis (diritto di sangue) ma le procedure per ottenere la cittadinanza sono più semplici e rapide che in Italia: dal 2000 basta che uno dei due genitori abbia il permesso di soggiorno permanente da almeno tre anni e viva nel Paese da almeno otto anni per concedere al minore straniero la cittadinanza.
Irlanda
Vale lo ius sanguinis ma se uno dei due genitori risiede regolarmente nel Paese da almeno tre anni prima della nascita del figlio, il minore ottiene la cittadinanza.
Belgio
La cittadinanza si ottiene automaticamente se si è nati sul territorio nazionale, ma quando si compiono 18 anni, o i 12 se i genitori sono residenti da almeno dieci anni.
Spagna
Vige una versione morbida dello ius sanguinis: diventa cittadino spagnolo chi nasce da padre o madre spagnola oppure chi nasce nel Paese da genitori stranieri di cui almeno uno deve essere nato in Spagna.
Portogallo
La cittadinanza è regolata dallo ius sanguinis. Ma la riforma del 2006 introduce la cittadinanza automatica per nascita per la terza generazione cioè per i figli i cui genitori sono nati in Portogallo, e la cittadinanza per acquisizione per la seconda generazione attraverso la semplice dichiarazione che uno dei genitori ha risieduto legalmente in Portogallo per cinque anni. Riconosce un diritto alla naturalizzazione per la prima generazione di immigrati se sanno parlare portoghese e hanno una fedina penale pulita. Naturalizzazione che non richiede più un reddito sufficiente o altre prove di integrazione
Svizzera
Anche nella confederazione elvetica lo ius soli non conferisce il diritto di cittadinanza che si ottiene se si è figli di padre o madre svizzeri, se sposati, o di madre svizzera se non sono sposati.
Gran Bretagna
Acquista la cittadinanza chi nasce in territorio britannico anche da un solo genitore cittadino britannico o che è legalmente residente nel Paese a certe condizioni (si parla di indefinite leave to remain, oppure di right of abode).
Stati Uniti e Canada
In Canada e negli Stati Uniti vige lo ius soli: chi nasce negli Usa è cittadino americano, tranne i figli di diplomatici stranieri. E lo è anche chi non nasce in territorio nazionale ma da genitori americani e almeno uno è stato residente negli Stati Uniti. È sufficiente anche un solo genitore americano se è vissuto almeno cinque anni nel paese prima della nascita, di cui almeno due dopo il quattordicesimo anno d’età. [4]
Note
[1] PROPOSTA DI LEGGE DI MODIFICA DELLA L. 5 FEBBRAIO 1992 N. 91 “NUOVE NORME SULLA CITTADINANZA”. In: Italia sono anch’io
[2] Ibidem
[3] «Quanti sarebbero i nuovi cittadini italiani se si procedesse alla riforma della cittadinanza in direzione dello isu soli? Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2011 sono nati in Italia da genitori stranieri 80mila bambini. Ciò vuol dire che se lo ius soli fosse stato applicato nel 2011, in 80mila sarebbero diventati italiani perché nati sul territorio nazionale. Questa l’indagine svolta dalla Fondazione Leone Moressa, a seguito dell’impegno espresso dalla Ministra per l’Integrazione Cecile Kyenge di portare avanti la riforma della cittadinanza». Programma integrazione, 6 maggio 2013
[4] Il Sole 24 ore del 14 maggio
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