Sembra che si sia svolta a Milano, presso gli uffici della Casaleggio associati, una riunione ristretta tra alcuni parlamentari di M5S e Casaleggio e Grillo. L’incontro, durato circa due ore e mezza, è stato fissato per mettere a punto nuove strategie comunivative. Secondo i giornalisti: «Casaleggio e Grillo – come anticipato nei giorni scorsi – hanno messo al centro dell’attenzione il sistema radiotelevisivo, facendo rivedere a deputati e senatori anche spezzoni di interviste, rimarcando gli errori commessi e dispensando suggerimenti su come evitarli».

Ora, che deputati e senatori di M5S abbiano un disperato bisogno di superare il loro imperdonabile dilettantismo nel rapporto con media e giornalisti, questo è fuori discussione. Le figuracce inanellate non si contano più e non sono sminuite da una certa fastidiosa supponenza, figlia dell’euforia dopo il grande successo elettorale di febbraio. La batosta alle recenti amministrative, a Roma in primo luogo, deve aver rimesso i “grillini”, a partire da Crimi e dalla Lombardi, coi piedi per terra.

Il problema, secondo chi scrive, è che la malacomunicazione ha cause anzitutto politiche e solo in seconda battuta di natura tecnica.

Vogliamo sperare che nella loro strigliata d’orecchie Casaleggio e Grillo abbiano almeno ricordato alla loro pattuglia parlamentare l’etimologia latina del verbo comunicare. Communicare: mettere in comune, derivato di [commune], propriamente, che compie il suo dovere con gli altri, composto di [cum] insieme e [munis] ufficio, incarico, dovere, funzione.

Incredibile il valore di questa parola, ed incredibile la profondità intuitiva della sua etimologia.
La comunicazione è un’espressione sociale, un mettere un valore al servizio di qualcuno o qualcosa fuori da sé: non basta pronunciare, scrivere o disegnare per comunicare; la comunicazione avviene quando arriva, quando l’espressione è compresa e diventa patrimonio comune per la costruzione di una discussione, di un sapere, di una cultura.

Se uno comunica, cioè mette in comune le sue idee ma non viene compreso, certo può dipendere dal fatto che trasmette malamente queste idee. Ma ciò può anche dipendere da qualcosa di più profondo: dal fatto che essendo le sue idee confuse, che non hanno corrispondenza col comune sentire, esse non possono essere comunicate con chiarezza, non arrivano quindi al cuore dell’interlocutore e non suscitano negli ascoltatori alcuna empatia.

La messe di voti in uscita da M5S ha anziuttto ragioni politiche. Era prevedibile che una volta fatta entrare in Parlamento una folta pattuglia di deputati e senatori questi avrebbero gioco forza spodestato a Grillo il ruolo di vate, di unico portavoce. Grillo riesce a mitigare una certa astrattezza propositiva con le sue note capacità istrioniche. Una qualità che non si può chiedere ai “comuni cittadini”. Questi ultimi possono sopperire al loro scarso talento comunicativo, alla loro limitata  eloquenza, solo se possiedono idee politiche chiare, proposte altrettanto chiare. Sono queste, a ben vedere, che non sono state comunicate.

Lo sfondamento di M5S è stato dovuto al fatto che, anzitutto grazie al ruolo di Grillo, ha saputo dare voce alla dilagante protesta popolare. Nessun movimento può campare di rendita, o illudersi che la forza d’inerzia iniziale sia inesauribile.

Una volta ottenuto uno sbalorditivo successo elettorale, con la possibilità di agguantare addirittura il governo del paese, il movimento doveva fare un passo avanti, ovvero dimostrare che esso era in grado di prendere in mano le redini dell’Italia. E’ qui  che ha fallito. I cittadini hanno avuto la netta sensazione che M5S oltre alla rappresentazione della protesta non riesce ad andare. Percezione giusta.

In breve: i parlamentari di M5S non solo non hanno saputo indicare quale fosse il loro programma per governare il paese, hanno anzi esibito una smisurata inadeguatezza, dando l’impressione di essere dei dilettanti allo sbaraglio. Il rifiuto di ogni accordo con il Pd, siccome non è stato accompagnato da una chiara piattaforma alternativa di misure d’emergenza per far uscire il paese dal marasma, non è stato capito da tanti elettori di M5S.

Questo non chiama in causa solo il dilettantismo dei neoeletti di M5S. Chiama in causa la natura stessa di M5S, il fatto che non ha un programma politico chiaro. Su tutti gli aspetti della crisi economica e sociale senza precedenti, M5S è fermo a qualche uscita coraggiosa ma estemporanea di Beppe Grillo. Allusioni e sparate, spesso contraddittorie, ed a cui non è stata data sostanza politica.

E’ il minimalismo politico di M5S che appare totalmente inadeguato davanti alla portata della crisi economica e sociale. Questa è una crisi radicale e per venirne a capo occorrono misure che vadano alla radice indicando non solo quali esse siano ma le alleanze sociali necessarie per attuarle.

Chiamata in causa è poi l’idea tipica di M5S, quella per cui esso sarebbe solo un “movimento dei cittadini”, che si baserebbe sul principio che “uno vale uno”.

Diciamocelo francamente, sono idee, per quanto apparentemente nobili, sbagliate. Per diverse ragioni. Ne solleviamo solo un paio. La prima concreta, la seconda di fondo.

In primo luogo. I cittadini che ci consegna il deserto politico e culturale determinato da un ventennio di berlusconismo e antiberlusconismo, di presunta morte di ogni ideologia, di melassa interclassista e populista, non sono in grado di scalzare la “casta” e quindi prendere in mano le redini di questo paese. Sarà triste dirlo, ma tante sono le pagnotte che ancora debbono mangiare per poter fare a meno di personale politico dirigente.

In secondo luogo. Non è vero che “uno vale uno”. C’è chi ha le idee chiare e chi non le ha, chi ha talento politico e chi no, chi ha coraggio di prendersi grandi responsabilità e chi le rifugge. L’esempio più lampante è dato proprio da M5S, dove coloro che sono assurti agli scranni parlamentari, rispetto a Grillo, ci fanno la figura dei peones. Non si capisce perché il tanto sbandierato criterio del merito non valga anche nella selezione del personale politico e dei gruppi dirigenti.

Dietro alla parvenza di totale orizzontalità vediamo infatti che M5S ha una struttura interna gerarchica, leaderistica e sostanzialmente antidemocratica, in cui un pugno di dignitari, per quanto autorevoli, fanno il bello e il cattivo tempo. Una simile struttura, un tale modo di funzionare, questo è il punto, sono di gravissimo nocumento all’educazione degli attivisti e alla formazione di gruppi dirigenti all’altezza della situazione e delle grandi sfide che ci aspettano.

da sollevAzione