Avremo modo di dare un giudizio oculato sui recenti avvenimenti che scuotono l’Egitto. A noi fa francamente specie che i “tamarrud”, i ribelli che hanno innescato il movimento di massa che ha chiesto le dimissioni di Morsi (che si dicono figli del Movimento di Piazza Tahrir che depose il tiranno Mubarak), si siano compiaciuti che questo sia avvenuto, ma grazie ad un classico colpo di Stato militare.

Un golpe compiuto dall’Esercito, che sin da quello del 1952 che abbatté la monarchia, è stato sempre il vero dominus del paese. Con l’avvento, due anni dopo, del carismatico colonnello Gamal Abd al-Nasser, il predominio dei militari sul paese divenne tentacolare, assoluto. Un predominio che la Fratellanza musulmana combatté sin da subito, armi in pugno, ciò che portò nel 1954 allo scioglimento dell’organizzazione e alla condanna a morte di sei suoi massimi dirigenti. Da allora i rapporti tra Esercito e Fratellanza sono sempre stati ostili.

Non si è trattato di un golpe?
Come altro si potrebbe chiamare un atto di forza col quale è stato deposto il governo, sciolto il Parlamento e messi agli arresti decine di capi della Fratellanza musulmana, che aveva regolarmente vinto ogni tornata elettorale, a partire da quella del novembre 2011?

Che poi il golpe sia stato consacrato da el-Baradei, dal papa copto e dalle massime autorità sunnite non cambia di una virgola la questione. Essi, accettando di essere comandati dal generale Abdel Fattah al-Sisi, capo di Stato maggiore e ministro delle difesa, ed affermando la legittimità dell’operato dell’esercito sono diventati tutti quanti suoi fantocci.

Non siamo stupiti che le democratiche democrazie occidentali si siano schierate armi e bagagli coi militari. I loro principi democratici sono a geometria variabile, valgono solo se sono convenienti. Non siamo nemmeno stupiti della posizione di appoggio al Golpe dell’Amministrazione americana, che di fatto finanzia e foraggia l’Esercito egiziano sin dai tempi di Camp David. Così come non siamo sorpresi dall’appoggio dell’Arabia Saudita, che da sempre sfida la Fratellanza Musulmana alla guida delle comunità musulmane sunnite.

Siamo stupiti fino ad un certo punto della benevolenza con cui tanta sinistra si è inchinata davanti al colpo di Stato. Il segno della sudditanza davanti alle classi dominanti d’Occidente, che tutto giustificano quando si tratta di assicurare che l’Egitto consenta ai propri turisti di scorazzare tranquilli tra le Piramidi di Giza e Sharm el-Sheik o meglio, di assicurare che l’Egitto resti un pilastro della geopolitica imperiale.

Anche l’estrema sinistra è in preda al deliro per il movimento di protesta che ha spianato la strada al golpe. Qui la spiegazione è più semplice. Essa ubbidisce ad un primitivo e pavloviano riflesso condizionato, in altre parole alle proprie ossessive pulsioni islamofobe e antireligiose.

Un ultimo pensierino corre ai complottisti confederati, a quel crocchio che raggruppa azzeccagarbugli dei più disparati orientamenti ideologici, ma tutti compatti nel dire che la storia non è mai quella che vediamo, fatta di sollevazioni e rivoluzioni che mobilitano masse e cambiano il corso delle cose, che in realtà tutto è deciso in camera caritatis da cospiratori annidati sempre e comunque nelle classi dominanti, i quali, quindi, l’hanno sempre vinta.

Questi complottisti, delusi dall’esito delle “primavere arabe”, ovvero dal fatto che esse hanno dato il potere ai movimenti islamisti, che hanno travolto un loro beniamino del calibro di Gheddafi, facendo ora barcollare il regime di Assad in Siria, non si sono limitati a condannare l’esito per essi inatteso di quegli imponenti moti di massa, sono giunti alla conclusione che essi erano stati pianificati e programmati. Indovinate da chi? Ma dalla onnipotente Cia ovviamente.  Essi parlarono di una saldatura strategica tra la Casa Bianca e la Fratellanza Musulmana e portavano il caso egiziano come spia evidente di quell’alleanza. Il fatto che la Fratellanza in Siria stia combattendo con l’aiuto dell’Occidente contro il regime baathista, era la prova inconfutabile, secondo questi azzeccagarbugli, di questo fronte unito.

Ora succede che a poco più di un anno di distanza la Casa Bianca e i suoi più fidati alleati NATO e Mediorientali hanno salutato il golpe egiziano, così come hanno sponsorizzato i subbugli anti-Erdogan in Turchia. Voi pensate forse che questi complottisti faranno autocritica? No che non la faranno! S’inventeranno qualche cazzata per dire che …”l’alleanza c’era ma era solo tattica”, inventandosi magari qualche eccentrico contro-complotto.

Non entra in testa a questi dogmatici della geo-politica, non solo la complessità della situazione mediorientale, che gli attori sono molteplici, non solo in seno ad ogni paese, ma su scala regionale e internazionale. Che tra essi regna la divisione, la discordia, il conflitto. Si rifiutano, i complottisti, di capire che ognuno di questi attori non è un mero fantoccio, che ha un suo proprio disegno politico, che combatte per i propri interessi, che lotta per vincere e, come in ogni lotta in cui i fronti si spostano, le forze in campo si agitano con astuzia, essendo spesso obbligate a tradire gli alleati di ieri per schierarsi dalla parte di quello che prima veniva considerato come nemico giurato.

Che se si dovesse ricorrere all’ipotesi del complotto, questa davvero potrebbe calzare a pennello proprio in questo caso, che c’è appunto di mezzo un colpo di stato che ha rovesciato un governo legittimamente eletto dalla maggioranza degli egiziani.

Non per questo occorre essere indulgenti verso la Fratellanza musulmana, tanto più verso il governo di Morsi, i cui errori politici sono stati addirittura clamorosi. Invece di dare assoluta priorità a misure eccezionali per far uscire l’economia egiziana dal coma, ovvero di pensare agli interessi concreti delle larghe masse, Morsi e i suoi hanno prima pensato bene di occupare nepotisticamante tutte le posizioni chiave degli apparati statali e amministrativi, per poi tentare di costruire un vero e proprio regime di stampo islamista, lesivo dei diritti delle potenti minoranze sociali, politiche e religiose.

In questo senso, l’onda d’urto che hanno scatenato se la sono meritata ampiamente.