La sinistra palestinese di oggi è marginalizzata e manca dell’abilità di influenzare gli eventi e di affrontare il tentativo di liquidare i diritti nazionali palestinesi. A causa della crisi della realtà palestinese, stretta tra le divisioni interne Fatah-Hamas e al proseguire dell’occupazione israeliana, il ruolo della sinistra è più cruciale che mai. Riuscirà la sinistra a venire incontro alle sfide esterne e interne per trasformarsi di nuovo in una forza politica?
La realtà palestinese è testimone di una profonda crisi a vari livelli. La crisi si manifesta principalmente nella continuazione delle divisioni interne palestinesi e il fallimento di tutti i tentativi di riconciliazione; la continuazione del blocco israeliano contro la Striscia di Gaza; la finestra chiusa del processo di pace alla luce dell’intransigenza israeliana e la politica coloniale, specialmente nella Gerusalemme occupata; i continui attacchi contro la popolazione palestinese; la negazione da parte israeliana dei diritti nazionali palestinesi, compreso il diritto al ritorno dei profughi; la crisi economica e la crescita del tasso di disoccupazione e di quello di povertà, soprattutto tra i giovani palestinesi; i cambiamenti strategici in Medio Oriente e la conseguente trasformazione degli equilibri di potere, in particolare in Siria e Egitto; e infine la conseguente polarizzazione religiosa e settaria e la crescente violenza regionale.
Questa realtà, con tutte le sue caratteristiche, pone le forze politiche palestinesi di fronte a questioni e sfide serie, in primo luogo per l’assenza di una strategia nazionale palestinese fondata su un equilibrio e un’armonia tra i compiti della liberazione nazionale per porre fine all’occupazione e ottenere le aspirazioni del popolo palestinese alla libertà e all’indipendenza. Ma anche i compiti della costruzione interna socio-politica dei diritti economici, sociali e di sviluppo e i bisogni della popolazione.
Tali sfide mostrano la profonda debolezza delle forze di sinistra palestinesi che, nonostante la loro storia e i sacrifici compiuti nella lotta nazionale, oggi sono marginalizzate e hanno perso la loro capacità di influenzare gli eventi e confrontarsi con la liquidazione dei diritti nazionali, secondo due fondamentali dinamiche:
1. Le politiche aggressive e razziste dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese a livello politico, economico e sociale;
2. La divisione interna palestinese e la polarizzazione politica e sociale tra Hamas e Fatah. La conseguenza di tale separazione è lo schiacciamento dell’unità palestinese a livello politico, sociale e geografico, oltre all’inefficacia delle istituzioni, sia dell’OLP che dell’Autorità Palestinese.
Il ruolo della sinistra in particolare e delle forze politiche in generale non dipende dalla partecipazione alle elezioni o meno. I palestinesi hanno provato ad andare alle urne più volte, scoprendo attraverso questo processo che la natura del cambiamento non si risolve con il voto. La maggior parte dei palestinesi sono fermamente convinti che il cosiddetto processo democratico delle elezioni, che è stato confinato alle legislative, è una bufala visto il modo in cui i poteri che controllano la regione controllano anche il flusso di aiuti all’Autorità Palestinese. Quando Stati Uniti, Israele e Paesi europei hanno visto i risultati delle elezioni legislative del 2006, nelle quali Hamas ha vinto la maggioranza dei seggi, hanno boicottato il nuovo (e democraticamente eletto) governo e hanno imposto sanzioni economiche sul popolo palestinese. I palestinesi assistono anche al continuo blocco israeliano di Gaza dal 2007, seguito alla feroce offensiva militare del 2008-2009, “Piombo Fuso”, e quella del 2012, “Colonna di Difesa”.
Così la fondamentale questione che affrontano le forze della sinistra palestinese (il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il Fronte Democratico e il Partito del Popolo) non sono le elezioni. In molti in Occidente non conoscono la realtà e la natura dei contesti palestinesi, né le contraddizioni in Medio Oriente, e così attribuiscono maggiore importanza alle elezioni di quanto non faccia il popolo palestinese. Per i palestinesi, tuttavia, ci sono questioni più centrali.
La sinistra palestinese possiede l’abilità e la volontà di rinnovarsi? È capace di formulare una strategia che unifichi le forze di sinistra per rispondere alle questioni calde, politiche, economiche e sociali? Sarà in grado la sinistra di presentarsi come potere di resistenza politica, sociale e culturale per rompere la distruttiva polarizzazione tra Hamas – con i suoi approcci sociali e culturali basati sull’Islam politico (oggi in crisi in Egitto, Siria, Tunisia, Libia e Turchia) – e Fatah – con approcci basati sull’esperimento neoliberalista?
Nell’indirizzare questi temi e molti altri che determineranno il ruolo futuro delle forze di sinistra palestinesi, la crisi di Hamas e Fatah non libereranno la sinistra dalle sue responsabilità per quello che sta accadendo. La debolezza della sinistra deriva dalla auto-marginalizzazione del suo ruolo, un ruolo che avrebbe dovuto essere dominante e correttivo della spaccatura dell’equazione palestinese.
Così, se la sinistra palestinese non è dinamica nel rispondere alle questioni politiche, sociali e culturali imposte dalla realtà palestinese, cosa le resta?
Questo è un momento storico per la sinistra per lasciarsi dietro un ruolo inefficace. Altrimenti, la sinistra lascerà il palco del teatro della Storia. Il popolo palestinese guarda, soffre, si sacrifica e segue quello che accade nel mondo arabo e a livello internazionale. I palestinesi sanno con certezza che le varie forze politiche sono incapaci di gestire questo momento storico.
È il momento opportuno per la sinistra palestinese, perché i rappresentanti della divisione e della polarizzazione (Hamas e Fatah) vivono una profonda crisi: le loro opzioni e le scelte hanno spinto il popolo palestinese e i suoi diritti in un pericoloso angolo. Hamas vive una crisi generata dalla scelta dell’Islam politico e dal suo fallimento in Egitto e Siria, mentre Fatah è in crisi per il fallimento del progetto politico di Oslo e per i suoi legami con l’America, ma anche per il fallimento della strategia economica del neoliberismo e delle condizioni della Banca Mondiale.
Ecco perché questo è il momento giusto per la sinistra per presentare un’alternativa ed una nuova strategia, ma dipenderà dalla sua capacità di dare una lettura comprensiva dei cambiamenti politici regionali e globali e del loro impatto sulla questione palestinese. La sinistra deve anche rinnovare la sua visione socio-culturale e il ruolo di difensore dei diritti della maggioranza del popolo palestinese che oggi paga il prezzo di politiche dei reazionari religiosi e delle forze neoliberiste.
Questo è il momento per la sinistra per rinnovare e promuovere il proprio programma politico, sociale, economico e culturale, un programma che può superare sia l’opzione dell’Islam politico di Hamas che il modello di Fatah.
La scelta di sinistra a cui mi riferisco è l’alternativa che può muoversi in maniera dinamica attraverso le correlate questioni palestinesi e che allo stesso tempo agisce come parte integrante del movimento panarabo progressivo e democratico, che è la base del mondo arabo come un unico contesto politico, sociale, culturale ed economico.
Tale approccio non è più un’opzione ma un obbligo oggettivo e rigoroso, perché la resistenza palestinese è naturale parte del sistema panarabo di resistenza contro il sistema coloniale nel mondo arabo.
Questa scelta, della quale la Palestina è il cuore e il mondo arabo l’incubatrice, muove naturalmente verso il contesto globale ed è chiaramente volta contro il dominio, lo sfruttamento e il sistema di oppressione del capitalismo selvaggio. Tale scelta posiziona con forza la lotta palestinese all’interno dei movimenti progressisti e democratici di tutto il mondo.
Completare tale processo non è semplice. È un processo lungo che segue modelli teorici e pratici e che richiede alle forze di sinistra un percorso di valutazione, critica e analisi al fine di vedere la realtà e i diversi interessi e strategie. Questo processo deve anche includere il rinnovo e l’auto-costruzione delle forze stesse, così che possano riguadagnarsi il proprio ruolo e ricollegarsi alle realtà politiche, sociali e culturali come unico riferimento.
Se la sinistra palestinese fallirà nel comprendere la realtà e le esperienze del popolo palestinese, se non affronterà l’enorme sfida politica, sociale e culturale, significherà che la sinistra palestinese non ha compreso e non comprenderà mai la lezione e perderà la sua stessa natura politica.
Nassar Ibrahim
Alternative Information Center