Analisi e prospettive del conflitto siriano

Tiriamo un sospiro di sollievo per il fatto che la minaccia di un’imminente aggressione degli Stati Uniti alla Siria è sospesa e un canale diplomatico è stato aperto. Ma lo spettro della potenza militare degli Stati Uniti rimane al suo posto e la sanguinosa guerra civile continua. Dobbiamo quindi intensificare la campagna contro l’intervento straniero,  soprattutto quello occidentale. Ma allo stesso tempo dobbiamo aiutare ad aprire la strada ad un governo di transizione che soddisfi le richieste del movimento popolare democratico.

Fin dall’inizio del conflitto ci siamo opposti fermamente a qualsiasi ingerenza straniera e a maggior ragione  all’intervento militare. Come opposizione anti-sistemica in Occidente consideriamo come nostro compito principale combattere l’imperialismo e il neocolonialismo sotto le mentite spoglie di umanitarismo, di esportazione della democrazia, di protezione dei civili o camuffamenti simili. Questa è una questione di principio che si è dimostrata valida in Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq e in molti altri luoghi.

In Siria l’ingerenza straniera è stata fondamentale nel trasformare il movimento sociale, democratico e civile delle masse popolari in una guerra civile settaria distruggendo la speranza di vittoria delle classi sociali subalterne opposte alle elite dominanti.

All’origine di questa tragica metamorfosi c’è stato sicuramente il rifiuto della leadership di Assad di concedere sostanziali diritti democratici. Il movimento popolare è stato semplicemente schiacciato con la forza bruta — la famigerata “soluzione sicurezza”. Così, fino ad oggi, non solo le frange armate della ribellione sono state colpite dalle truppe governative, anche gli organismi popolari in rivolta hanno subito una spietata guerra asimmetrica — che oltretutto ha ricalcato i sistemi strategici anti-insurrezionali americani di prosciugamento dell’acqua per asfissiare i pesci. La leadership di Assad ha copiato e incollato la narrazione ideologica statunitense della guerra al terrore negando totalmente le ragioni sociali soggiacenti alla rivolta. Fino ad oggi il regime siriano si è rifiutano di fare qualsiasi concessione, qualsiasi compromesso, qualsiasi gesto simbolico significativo che andasse incontro alle richieste popolari, fornendo così all’imperialismo il pretesto per intervenire.

A sua volta la quasi fulminea ingerenza straniera, prima di tutto da parte della Turchia e delle monarchie del Golfo ha fortemente guidato e accelerato la spirale di militarizzazione e confessionalizzazione. Mentre il regime nasconde il suo comunitarismo de-facto dietro una laicità di facciata, i jihadisti e altri islamisti si vendicano in modo apertamente settario. Essi stanno diffondendo il terrore tra le minoranze e contribuiscono a loro modo a distruggere il movimento popolare democratico.

Un attacco militare degli Stati Uniti, tuttavia, non porrebbe in alcun modo fine a questa guerra civile ma, al contrario, darebbe la stura ad una più grande carneficina confessionale.

L’unico modo per uscire da questo disastro, ponendo fine della guerra civile, è una soluzione politica basata su un compromesso geopolitico tra Stati Uniti e Russia — nonostante il fatto innegabile che ad entrambi non interessi nulla dei diritti democratici del popolo, visto che tutti e due sono alla ricerca della loro parte di bottino. Questo ri-bilanciamento globale di interessi rappresenterebbe solo la cornice di una soluzione politica, sarebbe una condizione necessaria ma non sufficiente. Il conflitto interno mantiene uno suo slancio autoctono e richiede il proprio riequilibrio.

Senza un massiccio intervento degli Stati Uniti (che noi rifiutiamo e combattiamo ) non c’è tuttavia nessun modo per entrambi i fronti di vincere militarmente la guerra. L’escalation militare e il settarismo camminano mano nella mano ed entrambi i lati stanno radunando le loro forze. Poi vi è il supporto straniero per entrambe le parti che possono così disporre di ingenti risorse. Tutto ciò porta ad uno scenario di anni di guerra civile di lunga durata.

Un assalto aereo americano a favore della rivolta, nell’attuale situazione di stallo strategico, farebbe fare progressi significativi al jihadismo, che è la più forte forza armata sul terreno. Washington non vuole andare troppo lontano su questa strada.

Dal punto di vista popolare  e democratico un cessate il fuoco è necessario al più presto possibile. (In ultima istanza anche per gli Stati Uniti e la Russia non c’è altra via d’uscita). Ma internamente sarà possibile solo in un processo dialettico che porti anche ad un governo di transizione. Esso dovrebbe avere lo scopo di definire la struttura di un processo costituzionale e, infine, anche stabilire delle elezioni. Ciò significa che il gruppo dirigente di Assad deve lasciare la sua pretesa esclusiva sul potere. A sua volta l’altro lato deve riconoscere che la leadership di Assad rappresenta alcuni settori popolari (prima di tutto gli alawiti e, in parte, anche altre minoranze, volenti o nolenti).

La costituzione di gruppi settari confessionali a causa della guerra civile e dell’ingerenza straniera è un fatto innegabile. Così anche a questo livello deve essere raggiunto un compromesso per garantire la sicurezza delle minoranze. Mantenere il repubblicanesimo francese formale (che in Siria è in realtà un comunitarismo camuffato) significa versare benzina sul fuoco del settarismo. Quindi, l’accettazione di un riequilibrio tra le diverse comunità confessionali è un elemento necessario per porre fine alla guerra civile settaria e quindi anche una pre-condizione per affrontare il settarismo del tutto.

In questa fase non è né chiaro né stabilito chi sarà in grado di rappresentare il lato opposto al regime e con quale legittimità. In realtà una enorme lotta per la leadership ha imperversato tra gli oppositori del regime, e ciò con una  massiccia ingerenza straniera. Questo processo di formazione della rappresentanza politica potrà maturare non appena il regime si mostrerà pronto e serio nel fare un passo indietro, accettando di condividere il potere. Finché il gruppo di Assad insisterà sulla capitolazione dei suoi nemici, dall’altra parte il jihadismo continuerà a crescere.

Le interveniste potenze regionali come la Turchia e i paesi del Golfo cercheranno di mettere in sella gli islamisti che gli ubbidiscono di più. Gli Stati Uniti, dal canto loro, non hanno agenti affidabili di una qualche consistenza e cercheranno di sostenere coloro che sono pronti a schierarsi contro il jihadismo — sbarazzarsi del jihadismo, per il blocco occidentale e le sue ramificazioni regionali, sarà un’operazione molto difficile e conflittuale. Ma ci sono anche le forze democratiche e non settarie che potrebbero esercitare una certa influenza, nonostante il fatto che esse non detengano né armi né territorio. Data la loro debolezza queste forze potrebbero non essere immuni dall’adottare posizioni opportuniste verso le potenze straniere. Soprattutto l’Occidente cercherà di usarle per i propri  scopi.

In questa lotta abbiamo bisogno di sostenere quelle forze democratiche e sociali disposte e in grado di preservare la loro indipendenza dall’imperialismo. Esse sono le uniche che possono difendere e tenere vive le rivendicazioni democratiche in seno al processo negoziale, e che sono potenzialmente in grado di attutire le avanzate tensioni settarie, ed anche di lavorare contro la spartizione de-facto del paese in base a linee confessionali.

Non vi è alcuna garanzia che un tale progetto possa avere successo tra gli ingranaggi della schiacciante macchina geopolitica. Ma si deve tentare, dato che non c’è altra via d’uscita da questo conflitto armato entro il quale il movimento popolare democratico è destinato a soccombere.

traduzione a cura della redazione