Tutto come previsto: dal voto di oggi nessun cambiamento, né per la Germania, né per l’Europa. Si dovrà continuare a morire per l’euro-marco della cancelliera e dei suoi elettori

Qual è il senso dell’odierno trionfo di Angela Merkel? Paradossalmente la risposta ci viene da un’altra domanda: come mai la Merkel è l’unico (ma proprio l’unico) capo di governo europeo premiato dalle urne dopo lo scoppio della crisi economica?

Una semplicissima riflessione su questa vistosa anomalia ci dice che può esserci un solo motivo. Ed esso risiede nel fatto che, grazie soprattutto all’euro, la Germania ha potuto scaricare i costi della crisi verso la periferia sud. I cosiddetti Piigs o, come si ama dire oggi ancor più spregiativamente, i membri del Club Med.

Solo per rimanere ai paesi più importanti dell’eurozona, la crisi ha mandato a casa Zapatero in Spagna, Sarkozy in Francia, Berlusconi e poi Monti in Italia. In Germania invece si impone la conservazione assoluta. Il messaggio della Merkel ha vinto. Ed ha vinto perché corrisponde alla realtà. Fuori da ogni retorica europeista, la cancelliera ha chiaramente sostenuto che «l’euro conviene alla Germania». E per questo bisognerà continuare a difenderlo. Punto.

Scrivo queste brevi note alle ore 20. I risultati non sono ancora definitivi, ma le proiezioni appaiono assai stabilizzate. L’alleanza che sostiene la Merkel (CDU-CSU) viene accreditata del 42% dei voti (+ 8,2% rispetto al 2009). Un risultato enorme, superiore alle aspettative, anche se realizzato in buona parte a scapito dei tradizionali alleati liberali della FDP che crollerebbero al 4,6%, perdendo addirittura il 10% rispetto a quattro anni fa.

La SPD si fermerebbe al 25,5% (+2,5%), la Linke all’8,4% (-3,5%), i Verdi all’8,3% (-2,4%). La nuova formazione nazionalista, Alternativa per la Germania (AfD), si fermerebbe (con il 4,9%) ad un passo dalla soglia di accesso al Bundestag. Un risultato, quest’ultimo, non così scarso come si vorrebbe far credere, e comunque decisamente superiore alle previsioni che si attestavano generalmente attorno ad una soglia del 3%.

In virtù del mancato raggiungimento del 5% da parte della FDP e di AfD (se verrà confermato), la cancelliera uscente rischia di ottenere addirittura, sia pure per un soffio, la maggioranza assoluta dei seggi. Probabilmente, ma sempre per un soffio, questo non avverrà. E per la Merkel sarà pure meglio, in modo da rendere obbligata anche nei numeri una maggioranza di governo con la SPD. Una prospettiva per lei assai più rassicurante che quella di dover governare con una maggioranza troppo risicata.

Del resto, a presenza della SPD nel governo non cambierebbe minimamente la linea di fondo fin qui seguita. Mai come oggi i socialdemocratici tedeschi appaiono unicamente interessati alla conquista di qualche poltrona ministeriale. Nella sede centrale del loro partito l’annuncio dei risultati è stato accolto quasi con giubilo. La Merkel ha vinto? Poco male, l’importante è che i liberali siano usciti di scena, così la vincitrice avrà bisogno di noi. Questo il succo del ragionamento del quadro dirigente della SPD. Un partito che in campagna elettorale non ha proposto nessuna alternativa alla politica della vecchia maggioranza CDU-CSU/FDP.

Come ha detto Heiner Flassbeck, uno dei più importanti economisti tedeschi, e stretto collaboratore di Oskar Lafontaine quando quest’ultimo ricopriva la carica di ministro delle finanze, alla fine degli anni ’90: «La SPD continua a sostenere che le politiche di riforme strutturali del governo di Gerhard Schröder – la cosiddetta Agenda 2010 – siano state giuste». Tagliare i salari, portare un quarto dei lavoratori tedeschi a retribuzioni orarie lorde sotto i 9,5 euro, è insomma per i socialdemocratici un risultato di cui continuare a vantarsi.

Indipendentemente da qualche spostamento percentuale, era chiaro dunque che le elezioni di oggi non avrebbero portato alcuna novità di rilievo. Ma la realtà è andata ancora oltre, premiando al di là di ogni previsione il simbolo stesso della ferocia sociale imposta ai popoli del sud Europa. Angela Merkel, anche se probabilmente non governerà da sola, è da oggi ancora più forte.

La sua vittoria è dunque la sconfitta di tutti quanti pensavano ad un qualche cambiamento della politica tedesca, senza il quale è semplicemente impensabile ogni spostamento di quella europea. Ma essa è anche la dimostrazione, come abbiano detto all’inizio, di chi stia vincendo la guerra economica scatenata grazie all’euro.

Nessuna illusione è più tollerabile. Chi ancora crede alla «riformabilità» dell’Unione Europea ha avuto un’altra lezione. Ed ai popoli del sud Europa si continuerà a chiedere di morire per l’euro-marco. Questo è il vero succo delle elezioni tedesche del 22 settembre 2013.