Cinque Stelle de profundis?

La stampa di regime, in questi giorni, da un grande risalto alle magagne di M5S. Dallo Scandalo delle “cene pazze” dei consiglieri regionali emiliani (che vede coinvolti i pentastellati), alla vicenda parentopoli (le parlamentari Vilma Moronese e Barbara Lezzi avrebbero assunti come loro assistenti partner e figli).

Per una forza politica che ha fatto della moralizzazione senza sé e senza ma della vita pubblica un dogma, davvero brutte storielle. Pare valere la massima: chi di spada ferisce, di spada perisce. Ma restano storielle, piccole seppur meschine vicende, ingigantite ad arte dai pennivendoli di regime, che offrono il loro prezioso contributo per affossare M5S. Siamo solo all’antipasto. Il potere userà ogni arma in suo possesso per sputtanare il movimento di Beppe Grillo con l’obbiettivo di spappolarlo. Ci riuscirà? M5S si dimostrerà una fugace meteora?

A meno che non ci siano giganteschi scheletri negli armadi di Casaleggio e Grillo, M5s non perirà a causa della accuse di un potere che più marcio non si può. Il destino di questo MoVimento è nelle mani dei suoi diarchi. Sì, dei suoi diarchi, poiché sono loro che alla fin fine dettano la linea politica. Ed è sul piano squisitamente politico che si decide la sorte di M5S.  E non si decide sui tempi medio-lunghi ma su quelli brevi della crisi italiana ed europea.

C’è uno snodo su cui M5S si gioca la sua stessa esistenza. Qual è? Sono le elezioni europee di maggio 2014. Elezioni che già per la loro natura squisitamente politica sono un terreno ideale per un movimento di protesta. C’è di più, molto di più. E’ chiaro a molti che se il Paese vive la sua più profonda crisi economica e sociale, ciò è anche a causa dell’euro e dei diktat delle oligarchie europee.

Non è un caso se il Primo ministro Letta ha già aperto la sua campagna elettorale, sostenendo che le elezioni europee saranno la conta decisiva tra “europeisti” e “populisti”. In un’intervista concessa il primo novembre in contemporanea allo spagnolo “El Pais”, al polacco “Gazeta Wyborcza”, al francese “Le Monde”, al tedesco “Suddeutsche Zeitung”, all’inglese “The Guardian” e a “La Stampa”, Letta ha affermato:

«Urge una grande battaglia europeista: l’Europa dei popoli contro l’Europa dei populismi. Questa è la posta in gioco nei prossimi sei mesi. C’è una grande sottovalutazione del rischio di ritrovarsi nel prossimo maggio il più anti-europeo Parlamento europeo della storia, con una crescita di tutti i partiti e movimenti euro-scettici e populisti, in alcuni grandi Paesi e anche in altri più piccoli. E con un effetto molto pericoloso sul Parlamento europeo».

Traspare, da queste dichiarazioni, la recondita intenzione delle cricche euriste, quella di trasformare le europee in un vero e proprio referendum pro o contro l’euro e l’Unione. L’Italia è uno dei paesi in cui l’esito di questo referendum avrà grandi conseguenze politiche.

Letta ha proprio ragione, e se ha ragione noi dobbiamo augurarci il contrario di quello che lui spera: che le elezioni segnino una sconfitta del fronte unito dell’euro e dell’austerità, quindi di tutti i loro gaulaieter politici nazionali, piddini e pidiellini.

Qui in Italia, anche dati i tempi stretti che ci separano dalle europee, noi abbiamo una sola possibilità di dare una sonora legnata alle cricche euriste, quella di un’affermazione, anzi di una vittoria del punto di vista anti-eurista.

Come? C’è una sola chance affinché questo accada: che M5S entri in campagna elettorale con una posizione motivata ma netta contro l’euro e il suo regime antipopolare. Forse si perderanno per strada una parte dei voti di febbraio, ma altrettanti e forse più se ne acquisteranno, recuperandoli dall’astensione e anche dai votanti dei partiti di regime.

M5S ha davanti un’occasione d’oro, non solo per resistere, ma per vincere, e per qualificare finalmente un MoVimento che fino ad ora ha glissato sulla questione decisiva “dell’Europa” (a parte battute poi smentite).

Se M5S non farà questa scelta di campo, davvero saranno giustificate le più inquietanti illazioni sul disegno reale dei diarchi o, quantomeno, del demiurgo Casaleggio. Di più: pensiamo che se i pentastellati non scenderanno in campo contro l’euro  (e di che volete che si parli per le europee?) si scaveranno da soli la fossa.

da sollevAzione