La principale conseguenza delle ultime vicende politiche
La spaccatura del Pdl, la lotta intestina nel Pd, la rottura di Scelta civica, il salvataggio quirinalizio della Cancellieri, il caos sulla Legge di stabilità, la bocciatura europea della stessa legge, la fine delle Fabbriche di Vendola nella fabbrica di Riva, mentre in Basilicata il 53% degli elettori ha scelto l’astensione. Ecco cosa ci ha offerto solo negli ultimi giorni la politica italiana, nell’era della cosiddetta “stabilità“.
E non è finita. Il voto sulla finanziaria vedrà probabilmente il passaggio immediato della neonata Forza Italia all’opposizione, poi (il 27 prossimo) avremo la decadenza di Berlusconi, il 3 dicembre la decisione della Corte costituzionale sulla legge elettorale, ed infine l’8 dicembre l’incoronazione di Renzi a segretario di un partito di cui non controlla i gruppi parlamentari.
Quale sarà il quadro politico alla fine di questo tourbillon? Certo, dopo tanto scompiglio è probabile che segua una breve fase in cui ognuno cercherà di mettere ordine in casa propria, ma non sarà esattamente un periodo di tregua come quello sognato da Napolitano. Sarà piuttosto un periodo turbolento, in cui Letta proseguirà la sua navigazione fatta di tagli, tasse e svendita del patrimonio pubblico (come quella annunciata dal Consiglio dei ministri di oggi). Questa politica avrà sì il sostegno di una maggioranza relativamente più stabile, ma con un consenso sempre più basso. Il tutto in attesa delle elezioni europee di maggio.
Ora le minacce a Letta non vengono più dal defunto Pdl. Anzi, l’opposizione del Gran Buffone gli darà qualche carta in più in Europa e qualche grana in meno in patria, visto che i transfughi del Ncd (Nuovo centrodestra) tutto faranno meno che mettere in difficoltà il loro governo. La vera minaccia è ora interna al Pd, e si chiama Renzi. Un po’ come accadde sei anni fa al governo Prodi con l’improvvido Veltroni.
Il sindaco di Firenze tenterà l’azzardo del “tutto subito”? Forse no, anche se sbaglieremmo ad escludere totalmente quest’ipotesi. Più probabile, sembrerebbe, che egli decida di usare la tattica del logoramento. Una tattica che implica ugualmente tempi brevi anche se non brevissimi.
Se questo sarà lo scenario, ancor più decisive saranno le elezioni europee. Decisive per motivi di carattere generale, dato che questa volta vi si potrà leggere un voto pro o contro l’Unione Europea. Gli euristi di ogni dove, in Italia capeggiati dal primo ministro in carica, hanno già lanciato la loro sfida: gli europeisti dovranno battere quelli che loro chiamano “populisti”.
Ma decisive, all’interno del quadro più generale, le europee lo saranno anche per gli equilibri politici nazionali. Quale sarà il risultato complessivo delle forze che andranno a comporre la maggioranza governativa dopo l’uscita di Forza Italia? In proposito, chi scrive fa una scommessa: i partiti della maggioranza parlamentare, che già oggi sono di fatto minoranza nel paese, avranno molte difficoltà a raggiungere il 40%, ma di certo non andranno comunque oltre il 45% dei voti validi, sancendo così anche formalmente il carattere minoritario del governo in carica.
Insomma, quella che si prepara è una gigantesca debacle per Letta e soci. Il fatto è che i fuoriusciti dal Pdl non hanno una loro forza nel paese. Ed alle europee non ci sarà il paracadute degli apparentamenti. E, parole di Bondi, essi sono il “nulla”. Un nulla che non si capisce perché dovrebbe fare una fine diversa da quella di Fini, Casini, Monti.
Se così andranno le cose avremmo, nell’arco di un anno, la trasformazione del governo di “larghe intese”, in governo di minoranza nel paese. E da lì in avanti sarebbe davvero dura per l’esecutivo Napo-Letta. Forse non saremmo ancora al momento del redde rationem, ma di certo anche la carta giocata dal Quirinale la primavera scorsa andrebbe rapidamente ad esaurirsi. Con un vantaggio non da poco per chi vorrà e saprà proporre alternative radicali al governo delle oligarchie euriste.