La questione ucraina è abbastanza complessa. Non è in gioco soltanto l’ulteriore espansione ad est dell’UE, che avrebbe peraltro conseguenze pesantissime per l’economia del paese. Né è in gioco soltanto la strategia regionale di Putin. In gioco – in mezzo ad una protesta alimentata dal diffuso malcontento e da una classe politica corrotta – è lo stesso destino dell’Ucraina come stato unitario. In questo puzzle complicato si inserisce l’iniziativa espansionistica della NATO, di cui ci parla l’articolo che pubblichiamo di seguito.


L’Ucraina serve come base militare NATO

di Comidad

Una notizia positiva degli ultimi giorni ha riguardato la sospensione dei negoziati per l’annessione dell’Ucraina all’Unione Europea. Stavolta è stata la stessa UE a cercare orgogliosamente di assumersi la diretta responsabilità della rottura, adducendo a pretesto le “infondate” richieste economiche del governo ucraino.

L’Ucraina è strangolata da un enorme debito pubblico, che è sotto la “sorveglianza speciale” da parte di uno dei due veri padroni dell’UE, e cioè il Fondo Monetario Internazionale. Il FMI pretende anche che il governo ucraino elimini i sussidi alla popolazione per il riscaldamento, cosa che rende poco attendibili le frenesie occidentalistiche delle piazze ucraine. Sarà pure vero che tra le lusinghe della UE ci sarebbe stata anche quella di favorire un accordo con il FMI per il debito ucraino; ma, vista la brutta fine che fanno i “sorvegliati speciali” del FMI, è molto difficile che la promessa risulti credibile.

Molti commentatori insistono nel presentare un’Ucraina ormai aperto terreno di scontro tra la Germania e la Russia; ma, considerando l’enorme volume d’affari tedesco con la stessa Russia, si spiegherebbe semmai il fatto che la cancelliera Merkel appaia oggi come la più prudente ed esitante nell’alimentare lo scontro polemico con Putin. Al contrario, non appare per niente prudente l’atteggiamento statunitense, al punto che si è potuto vedere il senatore McCain esibirsi a Kiev, agitando la piazza e promettendo pieno sostegno alle proteste filo-UE.

La retorica europeistica può servire di volta in volta da paravento per gli interessi bancari rappresentati dal FMI, oppure per gli obiettivi espansionistici della NATO, l’altro padrone della UE. Ancora prima di McCain, era infatti stata la stessa NATO ad esporsi platealmente per fare pressione sul governo ucraino. Il vicesegretario generale della NATO, Vershbow, uno statunitense, si è sciolto anch’egli in accorati inni di fede europeistica, garantendo che il futuro dell’Ucraina sarebbe in Europa.

L’Ucraina è attualmente legata alla NATO da un patto di collaborazione, ormai decennale, ma si tratta evidentemente di annettere in modo definitivo una preziosa area di confine all’apparato militare USA in Europa. Con basi navali in Ucraina, la USNavy potrebbe controllare il Mar Nero da entrambe le sponde, e portare così contro la Russia una pressione militare decisiva per realizzare l’obiettivo di smembrarla in più Stati. I moniti della NATO sono espliciti: l’Ucraina è ad un bivio, deve scegliere se “civilizzarsi” entrando a pieno titolo nel Sacro Occidente, oppure rimanere all’ombra della tutela russa rischiando di esporsi alle aggressioni finanziarie ed alla cronica destabilizzazione interna delle “rivoluzioni colorate”.

Il concetto di “rivoluzione colorata” non va frainteso nel senso che oggi la piazza ucraina sia tutta invasa da agenti della CIA. Le rivoluzioni colorate spesso fagocitano e mobilitano sacche di malcontento reale, e ciò viene ottenuto attraverso l’azione di organismi ibridi e ambigui, come fondazioni private ed organizzazioni non governative, associazioni che operano apparentemente nel settore della beneficenza e dei diritti umani. Il sistema di mobilitazione può basarsi anche sulla denuncia di casi di effettiva corruzione. Un’indignazione autentica viene poi reindirizzata su falsi obiettivi di “occidentalizzazione”, spacciata come sinonimo di buona amministrazione.

Sulla questione ucraina Putin non può permettersi di cedere, perché altrimenti rischierebbe di essere travolto da un colpo di Stato militare. La situazione in Ucraina ha qualche analogia con quanto accaduto in settembre per la Siria, quando la Marina russa ha fatto chiaramente capire di non essere disposta a rinunciare alla base navale siriana di Tartus.

La dipendenza energetica dell’Ucraina nei confronti della Russia è un dato storico, ma per Gazprom in questi anni l’Ucraina era stata soprattutto un pollo da spennare, e quindi gli aspetti della sicurezza russa erano stati sacrificati agli affari. Che qualcosa invece oggi stia cambiando nell’atteggiamento russo, è indicato anche dal fatto che per l’Ucraina Putin si è deciso ad aprire i cordoni della borsa, sia facendo sconti sulle forniture di gas, sia acquistando titoli di Stato ucraini.

Ma è molto difficile che la NATO consideri chiusa la partita e rinunci a destabilizzare l’Ucraina, che non serve solo come base navale, ma anche come base missilistica. Appena il mese scorso, il segretario di Stato USA, Kerry, ha ribadito che lo “scudo anti-missile” in Europa si farà, nonostante ogni opposizione russa. Attualmente è la Polonia ad essere individuata come principale sede del sedicente “scudo”, ma solo perché l’Ucraina non fa ancora parte a pieno titolo della NATO.