Ci siamo già occupati della vicenda dell’Ucraina, in particolare riguardo agli aspetti geopolitici legati all’iniziativa statunitense e Nato. Ma c’è evidentemente da tener conto anche del versante europeo, quello tedesco in primo luogo. Di questo ci parla l’articolo di Graziano Priotto che pubblichiamo di seguito.
Il 25 settembre 2013 il presidente ucraino Viktor Yanukovych aveva dichiarato che avrebbe firmato a Vilnius il 29 novembre la bozza di accordo di libero scambio con l’UE, già approvata dal parlamento a Kiev, sottolineando però di tenere aperta l’opzione di adesione ad un analogo patto con la Russia.
Subito sia Putin che Medvedev avevano chiarito che la scelta per la UE avrebbe precluso l’adesione alla zona di libero scambio con la Russia (attuali esportazioni ucraine in Russia: 25 % del totale), mettendo l’Ucraina di fronte ad una chiara decisione: o con la UE o con la Russia.
Le esportazioni russe in Ucraina sono solo il 5% del totale, quindi i motivi per cui la Russia vuole legare a sé l’Ucraina non sono dettate da interessi commerciali di esportazione ma da importazione (materiale per energia nucleare, metalli, prodotti agricoli).
Per l’UE l’Ucraina rappresenta un territorio vergine da sfruttare: manodopera a bassissimo costo, mercato tutto da conquistare, zona ideale per delocalizzare le imprese trasferendole soprattutto dall’area tedesca.
Oggettivamente è difficile distinguere i guadagni o le perdite immediate da quelle a medio e lungo termine, ma se si tiene presente che l’Ucraina è un Paese fortissimamente indebitato (con la Russia in particolare) e che il FMI gli ha rifiutato in aprile un credito assolutamente indispensabile di 15 miliardi mentre la Russia ne ha offerti 20, si comprende come la scelta UE o Russia sia difficile e la popolazione sia logicamente disorientata.
L’UE insistendo per l’abbraccio economico (che probabilmente condurrebbe l’Ucraina presto alla situazione della Grecia) è mossa evidentemente da interessi di bottega ed a breve termine. Soprattutto l’economia tedesca, che con la testarda e spietata politica di austerità si è prosciugato lo sbocco delle esportazioni verso i Paesi dell’area mediterranea, avrebbe nel breve periodo un grande interesse ad invadere l’Ucraina coi propri prodotti, sostenendo le esportazioni con prestiti (quindi consentendo alle proprie banche di ripetere il gioco iniquo esperito in particolare con Grecia e Spagna, senza rischio poiché in caso di insolvenza i debiti delle banche vengono pagati coi soldi dei contribuenti, divengono cioè “debiti sovrani”). Inoltre visti i livelli delle retribuzioni, l’Ucraina sarebbe una vera miniera d’oro per gli insediamenti industriali tedeschi, permettendo altresì di praticare colà, “in corpore vili” il dumping salariale ora attuato in patria e sempre meno tollerato dagli altri Paesi UE.
Ma il problema non è unicamente di natura economica: nel 2008 l’Ucraina aveva avviato la procedura per divenire membro della NATO, dunque comprensibile il timore di accerchiamento della Russia, che si è adoperata con successo a far desistere l’Ucraina da questa decisione (il 23 ottobre 2013 il Ministro delle difesa ucraino ha infatti dichiarato l’abbandono della richiesta da parte del suo Paese. Una decisione saggia se si pensa che una notevole percentuale della popolazione ucraina è legata alla Russia (per tradizione, cultura, lingua e spessissimo per matrimoni misti).
Il disorientamento non è però unicamente del popolo ucraino: anche l’UE si presenta piena di contraddizioni nelle proprie ingerenze: mentre da un lato accusa la Russia di interferire nelle questioni interne ucraine, esercita pressioni contro l’attuale governo criticandolo di detenere illegalmente l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko, condannata a 7 ani di carcere … per aver favorito la Russia in un accordo di fornitura del gas!
Insomma come sempre ipocritamente due pesi e due misure: se le proteste popolari sono contro la politica dell’UE, come in Grecia, si tratta di “antidemocratici e teppisti”, ma se invece la protesta è contro la Russia ed a favore dell’UE allora si tratta di “manifestazioni che rivelano il profondo legame del popolo ucraino con l’Europa”.
In fondo anche in questo caso un dejá vu: “divide et impera”.
Soffiando sul fuoco della discordia l’UE ripete esattamente la stessa torbida manovra compiuta con la Jugoslavia: così come si era affrettata a riconoscere l’indipendenza di Slovenia, Croazia e Bosnia alla fine dell’epoca di Tito impedendo il naturale e graduale processo di separazione ed indipendenza avvenuto invece in modo sostanzialmente pacifico per i Paesi che facevano parte dell’Unione Sovietica, anche nel caso dell’Ucraina l’UE si presenta come maestra di democrazia e salvatrice di un Paese che invece mira a sottomettere economicamente. Gli Zar avevano continuamente incorporato Paesi satelliti espandendo l’impero russo, una politica continuata poi dall’Unione Sovietica anche “manu militari” (uno dei motivi che ne determinarono poi il disfacimento).
L’UE sta cercando di fare la stessa cosa usando l’economia invece dell’esercito, ma il risultato non potrà essere molto diverso. La dissoluzione dell’UE è già iniziata, ed ogni nuova “conquista” se compiuta con questi metodi e finalità non potrà che accelerare la fine dell’UE così come la conosciamo, che purtroppo non è quell’Europa dei popoli che i suoi fondatori auspicavano col trattato di Roma, ma una caricatura sguaiata di quel nobile progetto.
Sarà curioso vedere l’atteggiamento dell’UE quando in Inghilterra si terrà il referendum per uscire dalla Unione. E se magari in Italia si terrà il referendum per uscire dall’euro. Possiamo scommettere che ad interferire non sarà Mosca ma … Bruxelles.