Che cos’è il Front National di Marine Le Pen

Dedicato a quelli che la dicotomia destra-sinistra non c’è più

I recenti successi elettorali del Front National di Marine Le Pen stanno seminando il panico nel fronte unico degli euristi, di destra e di sinistra. Questi sono terrorizzati all’idea che le prossime elezioni europee consegnino ad esso una clamorosa vittoria. Un simile esito sarebbe il segnale che l’asse carolingio o franco-tedesco, già in crisi, avrebbe imboccato la via del tramonto, con buona pace dell’euro.


Primo: sbarazzarsi dei tabù

Nella sinistra d’Oltralpe prevale, davanti alla valanga lepenista (ma questo vale anche per quella italiana), uno spavento irrazionale, basato a sua volta su di un doppio tabù: quello della sovranità nazionale e quello del fascismo.

In psicanalisi un tabù è un pensiero inammissibile, o un atto proibito; mentre per gli etnologi equivale ad un divieto sacrale di avere contatto con qualcosa o qualcuno. Per la sinistra, mentre la sovranità nazionale è un pensiero proibito, col fascismo qualsiasi contatto è considerato peccato, quindi proibito.

Andiamo dicendo da anni che se non ci liberà di questi tabù, nulla si capisce dei profondi processi sociali e ideologici in atto, e chi nulla comprende ha il destino segnato.

Secondo: capire

Matteo Salvini, a nome di una Lega Nord con l’acqua alla gola, ha strombazzato ai quattro venti l’accordo raggiunto il 15 gennaio scorso a Strasburgo con Marine Le Pen in vista delle elezioni europee. Marine le Pen, da parte sua, ha tenuto il basso profilo, parlando delle “inquietudini comuni”. E lo ha fatto a ragion veduta. Se Salvini si fosse peritato di leggere il vasto e articolato programma del Front National, ovvero l’irrevocabile rifiuto di ogni concezione federalista della nazione e la concezione dura e centralista dello Stato, anche lui sarebbe stato più prudente circoscrivendo il “patto” ad un mero accordo tattico di convenienza.

Questa nostra raccomandazione a studiare attentamente il programma del Front National — per l’esattezza MON PROJECT. POUR LA FRANÇE ET LES FRANÇAIS, sul quale il FN ha condotto la campagna per le presidenziali del 2012 — vale a maggior ragione non solo per le sinistre che hanno la tremarella all’idea che i lepenisti vincano le prossime elezioni. Vale anzitutto per le disperse e litigiose forze che in Italia si battono per la sovranità e l’uscita dall’euro e dall’Unione.


Sovranisti che?

Nel campo sovranista, sarebbe colpevole omissione nasconderselo, esistono correnti che guardano con simpatia al Front National. Non parliamo solo di pezzi in libera uscita dal blocco berlusconiano — La Destra di Storace e l’ectoplasma che sta a cavallo tra Fratelli d’Italia, il gruppo di Alemanno e alcuni personaggi di Forza Italia come la Santanché —, parliamo di diverse associazioni anti-euro nate di recente e che non hanno apparentemente contatto alcuno con i cascami politici del berlusconismo. Per alcune di queste, che non nascondono di guardare a destra o addirittura di essere nostalgiche del fascismo, la simpatia per il Front National è, come dire, un riflesso condizionato.

Ci sono anche altre associazioni sovraniste che, pur proclamando ai quattro venti la loro matrice democratica, repubblicana e costituzionale, simpatizzano con il Front National e, seppure a mezza bocca, dicono che lo voterebbero se fossero in Francia.

Mi era già capitato di polemizzare con simili posizioni. Lo feci, alle porte delle presideziali francesi della primavera scorsa, polemizzando col compianto Costanzo Preve, sottolineando che :
«Il sovranismo nazionale di per sé, se non è una convenzione semantica, è solo un concetto che, calato nella pratica, può assumere diverse forme, e alle forme corrispondono diversi contenuti. Il sovranismo può essere revanchista, reazionario, sciovinista, razzista, fascista e imperialista, come appunto quello del Fronte Nazionale francese, o può essere, al contrario, democratico, antimperialista, socialista, internazionalista e rivoluzionario. Tra i più accaniti sovranisti, ad esempio, si annoverano nord-americani e israeliani, di cui speriamo Preve non nutrirà alcuna ammirazione — e che non vorrà, per una tarda infatuazione di matrice idealistica dello Stato-nazione, porre sullo stesso piano dei patriottismi cubano o palestinese».

Certi sovranisti nostrani commettono lo stesso errore di Preve, si fermano alla superfice, all’apparenza. Preve confessava che basava il suo giudizio solo sulla lettura di un recente libro della Le Pen (Pour que vive la France) mentre come si sa non bisogna mai giudicare qualcuno da ciò che dice di sé stesso. Non lesse con la dovuta attenzione il programma politico del Front National. I nostri amici sovranisti che si dicono democratici hanno letto e studiato davvero questo programma? Ne dubitiamo, poiché se ne avessero preso visione le cose sono due: o si sbagliano o la loro fede democratica è solo fuffa.

Keynesismo temperato o liberismo moderato?

Tutta la prima parte del programma del Front National è dedicata all’economia ed espone in dettaglio le misure che esso prenderebbe una volta salito al governo.

(1) Sui salari si promette un salario minimo di 1500 €. Il ribasso delle tariffe di gas ed elettricità del 5% [l’energia da fonte nucleare non si tocca, come l’alta velocità, Nda] e dei carburanti alla pompa. Per quanto riguarda il sistema pensionistico si promette un aumento delle pensioni minime portandole a 750€, ristabilendo il diritto alla pensione dopo 40 anni di lavoro o 60 anni di età. Nulla si dice contro il meccanismo contributivo vigente in Francia.

(2) Si promette la sovranità monetaria (ritorno al franco con l’euro che diventa “moneta comune”, [supponiamo di conto tra le diverse banche centrali, Nda] e il controllo sui movimenti di capitale.

(3) Per quanto non prometta una politica di piena occupazione (nel programma non c’è alcun accenno ad un piano centrale per il lavoro) si propongono il contrasto delle delocalizzazioni, la protezione delle produzioni francesi, la difesa del commercio al dettaglio contro la grande distribuzione.

(4) Si propone di colpire (senza esagerare però) la bancocrazia e la finanza speculativa. Non si chiede la nazionalizzazione del sistema bancario, né l’abolizione delle banche d’affari. Non si chiede nemmeno che la banca centrale torni in mano allo Stato, ma si afferma che deve prestare soldi al governo senza interessi.

(5) Sulla fiscalità si propone un sistema progressivo semplificato per le imposte sul capitale, un regime di agevolazione per le piccole e medie imprese, una mini-parimoniale e un ribasso dell’IVA sui prodotti di prima necessità.

Si tratta, come ognuno può capire, di un progranna all’insegna di un keynesismo temperato, molto temperato. L’obbiettivo centrale non è la piena occupazione (è evidente la preoccupazione di conservare una quota di disoccupati così da tenere sotto controllo le spinte salariali), mentre non c’è traccia di nazionalizzazioni, né dell’idea che lo Stato debba essere il perno attorno a cui deve girare l’economia.

Se mi è consentito: un keynesismo temperato che può ben sfociare in un liberismo temperato. Un programma attentamente calibrato per sfondare a sinistra e conquistare voti nel proletariato e nel ceto medio, ma senza spaventare affatto la borghesia, se non i suoi settori apertamente speculativi, e nemmeno la Germania e i centri oligarchici dell’Unione europea. Il grosso di queste misure sono tuttavia ampiamente condivisibili. Un eventuale governo popolare, contestualmente all’uscita dall’euro, non potrebbe che applicarle.

Tutto qui? magari!


Le dolenti note

Il programma continua, anzi la parte più corposa viene dopo. Vediamo.

(6) Sull’immigrazione e l’accesso alla cittadinanza (naturalizzazione) si propone una radicale modifica dell’attuale Jus soli, ovvero condizioni molto più severe per ottenere la cittadinanza — si chiede apertamente l’assimilazione degli stranieri. Gli immigrati, pur legalizzati, che si trovino senza lavoro, saranno “incitati” a tornare nel loro paese d’origine. I clandestini o coloro che si “mantegono illegalmente” [anche quelli che vivono alla giornata o lavorano precariamente?, Nda] saranno immediatamente espulsi. Le aziende saranno obbligate ad assumere anzitutto i cittadini francesi. Ogni legge che prevede di regolarizzare i clandestini sarà soppressa. Gli stranieri che fossero condannati al carcere saranno espulsi e dovranno scontare la pena nei loro paesi d’origine. Saranno infine, udite! udite!, vietate tutte le manifestazioni “ di appoggio ai clandestini”.

Misure draconiane che, per chi frequenta anche solo un poco, lo Stato di diritto, significa de facto la sua pur camuffata soppressione. Solo due esempi. Espellere uno straniero dopo una condanna di primo grado significa ledere i suoi diritti alla difesa, tra cui l’appello ad un’altra corte. Come potrà appellarsi un cittadino straniero gettato in una prigione lontana dalla Francia? Il divieto di manifestare per i diritti degli immigrati illegalmente entrati nel paese è un provvedimento inaudito, apertamente fascista. Ogni regime autoritario fa il primo passo per rompere la diga dello Stato di diritto infilandosi in una faglia. Dopo il primo, c’è il secondo, poi il terzo e così via. E quando la resistenza non s’arrende ecco il pretesto per giustificare poteri speciali e un regime di dittatura.

(7) “Una politica di tolleranza zero sarà instaurato sull’insieme del territorio nazionale”. Aumenti delle pene, privazione dei diritti sociali ai condannati a pene superiori ad un anno, più poteri ai corpi di polizia, aumento degli effettivi dei corpi repressivi, aumento del numero dei magistrati, avvio di un vasto piano carcerario per ottenere 40mila nuovi posti: Dulcis in fundo: ristabilimento della pena di morte e nessuno sconto di pena ai condannati all’ergastolo.

Tutto il capitolo sulla “sicurezza” è un delirio sicuritario. Ne vien fuori uno Stato di polizia in perenne Stato d’eccezione, che usa il pugno di ferro contro tutte le forme di anomalia e “devianza” sociale. Il limes oltre il quale c’è la repressione di ogni forma di antagonismo sociale è sottilissimo.

(8) E’ dentro questa cornice sicuritaria che il Front National inscrive lo specchietto per le allodole della “democrazia diretta”, ovvero della centralità dei referendum, che a malapena maschera una coerente concezione plebiscitaria e populista-totalitaria della democrazia. Scontata è dunque la difesa del sistema presidenzialistico, con la possibilità di un solo mandato. Inquietante la giustificazione: “L’elettoralismo è diventato una vera piaga per il nostro paese”.

(9) Per quanto riguarda la forza armata il Front National propone un grande programma di riarmo della Francia, la difesa e lo sviluppo della sua deterrenza nucleare, il rafforzamento della filiera industriale militare. E’ in questa cornice che si promette l’uscita della Francia dalla NATO. Qui non si tratta solo della famigerata grandeur française, o di semplice nazionalismo, ma di un vero e proprio richiamo al revanchsimo nazionale e allo sciovinsimo imperialista.

(10) Siamo quindi ai cosiddetti “diritti civili”. Il Front national si oppone ai matrimoni omosessuali come al diritto d’adozione da parte di coppie omosessuali. Sì invece ai PACS. Propone quindi politiche di incoraggiamento della natalità delle famiglie patriarcali mononucleari. Per finire FN liscia il pelo alla consolidata tradizione secolarista e laicista tipica della tradizione francese, proponendo  non solo il rifiuto di ogni finanziamento statale a qualsiasi comunità religiosa, ma pure il divieto categorico di ostentazione di simboli religiosi in ogni luogo pubblico (scuole, uffici, mezzi di trasporto, ecc.), un divieto che, secondo chi scrive, lede pesantemente un diritto fondamentale, quello alla manifestazione del proprio pensiero, oltre che alla effettiva libertà di culto, e quindi calpesta quelli di minoranze importanti (come quella islamica). Di qui la concezione nazionalista e centralista di uno Stato forte, come quando si stabilisce che la Costituzione sarà modificata ficcandovi il principio per cui “La Repubblica non riconosce alcuna comunità” se non la propria.

Conclusioni

I sovranisti italiani che si dicono di fede democratica e che, alla leggera, strizzano l’occhio al Front National sono avvertiti. Ora sanno quale è la Francia a cui aspira Marine Le Pen. Accetterebbero essi, in Italia, di aiutare una simile forza a salire al governo? Accetterebbero essi a cuor leggero di ottenere l’uscita dall’euro in cambio della democrazia e dei diritti di libertà? Infine: dal momento che siamo in molti a propugnare la nascita di un Comitato di Liberazione Nazionale per tirar fuori il Paese dalla gabbia eurista, accetterebbero essi un sodalizio o un’alleanza politica con una simile forza reazionaria? Che fine farebbero i vostri giuramenti sulla Costituzione?

Un ultimo pensiero corre ai seguaci della teoria secondo cui sarebbe destituita di fondamento ogni “dicotomia destra-sinistra”. Forse la sinistra si è eclissata, ma l’inabissamento di uno dei due poli non è la scomparsa della polarità, non è la fine della dicotomia, è la vittoria di un polo sull’altro. L’avanzata del Front National, verace partito della destra più dura e reazionaria, si spiega appunto con l’inganno ideologico che esso non è né di destra né di sinistra.

Occorre stare attenti alle trappole semantiche, che precedono quasi sempre la capitolazione politica.