E intanto il governo vuol ingrassare le banche regalandogli gli utili (e non solo) di Bankitalia
E guai a chi vuol discuterne in parlamento, che c’è il ricatto…dell’IMU!

Strana congiunzione astrale quella di questa fine gennaio. E più che strana, rivelatrice. Renzi ha fretta, l’Electrolux ha fretta, le banche italiane hanno fretta. Tutti hanno fretta di incassare alla svelta.

Un premio al 37% per una truffa al 100%

Il piccolo imbroglione fiorentino vuol fare il colpo grosso. Ha come compare un imbroglione d’altro calibro ed esperienza, dal quale riceve consigli, ma del quale sa di non potersi fidare del tutto. Dunque la trattativa va avanti, ma l’esito rimane incerto. Ora il numero magico è 37 (percento), stante ad indicare la nuova soglia del premio di maggioranza. Sarebbe questa la risultante delle telefonate sulla «linea rossa» Firenze-Arcore, la fenomenale mediazione tra il 35% iniziale e il 38% suggerito dal Quirinale.

Ora, cosa cambi questo aumento di due ridicoli punti percentuali dal punto di vista costituzionale, da quello dei più elementari diritti democratici, proprio non si sa. Truffa era e truffa rimane. Forse l’uomo del Colle, il lestofante numero uno che non si può criticare sennò quelli del Pd abbandonano l’aula, ha bisogno di un appiglio europeo per far passare la porcata.

E qui c’è un bel problema, perché in Europa un simile premio di maggioranza esiste in una sola nazione: la Grecia. Che sia un caso? Forse no, dato che anche in quel disgraziato paese è stato introdotto solo di recente, per l’esattezza nel 2007. Il premio ellenico è del 16% e, tornando all’Italia, con il passaggio da una soglia del 35% a quella del 37%, si abbasserebbe il premio dal precedente 18% portandolo appunto al 16%.

Ma, Grecia per Grecia, nascono allora altri problemi. Perché ad Atene il premio va al primo partito, non alla coalizione (ed in Italia, in base ai voti delle ultime politiche, il premio andrebbe al M5S…). Inoltre, il premio greco non garantisce la maggioranza assoluta, mentre lo sbarramento è per tutti al 3%. Giratela come volete, ma un sistema antidemocratico come quello congegnato dal duo Renzi-Berlusconi proprio non ha concorrenti.

(Sulle novità dell’ultimora in materia di legge elettorale vedi il PS in fondo all’articolo)


Gli 800 euro dei salari prossimi venturi

Ma la nuova Legge Truffa non la stanno congegnando per dilettarsi con i numeri. Certo, ognuna delle bande in lotta (non chiamiamoli partiti, per favore) ha i suoi specifici interessi, in ultima analisi traducibili in numeri. Ed è di questo che si stanno occupando alacremente i rispettivi capibanda. Ed è da qui che è sbucato il sorprendente 37. C’è però qualcosa di più: l’interesse del blocco dominante ad avere un governo stabile e sicuro a garanzia di una politica antipopolare che non deve ammettere troppe indulgenze. Un interesse certo non nuovo, ma che va facendosi sempre più necessità.

E qui arriva il numero 800 (euro), che è il salario cui dichiara apertamente di tendere la Electrolux per gli operai degli stabilimenti italiani, pena il trasferimento delle fabbriche in Polonia ed Ungheria.

Ecco un altro numero su cui riflettere: ottocento. Ora la domanda dovrebbe essere: ma si può davvero vivere con ottocento euro al mese? Ognuno sa la risposta, ma proprio per questo nella politica italiana nessuno si fa la domanda.

La conseguenza è che, anziché respingere al mittente la pretesa della multinazionale svedese – magari minacciando la requisizione di impianti che hanno fra l’altro goduto di lauti finanziamenti pubblici – la parola d’ordine è «trattativa». Ma su che cosa si dovrebbe trattare, sulla misura di una fame garantita, magari passando da 800 a 900 euro?

Che questa sia la logica di chi tratta per spostarsi da un 35 ad un 37 non c’è dubbio. Ma così come due punti percentuali non rendono costituzionale una Legge Truffa coi fiocchi, non saranno i piccoli aggiustamenti a cui pensa il governo a salvare gli operai della Electrolux da un futuro di miseria.

Già, ma quella della Electrolux è «una proposta razionale», come non si è certo vergognato di dire (anzi, twittare) a caldo il finanziere Davide Serra, il miliardario finanziatore di Renzi, giusto a dimostrare come tutto si tiene.

Proposta razionale. Certo, dal punto di vista capitalistico è così. Che questo sia accettabile socialmente dovrebbe essere però tutt’altra questione. O no?

E’ questo un passaggio davvero cruciale, che chiama in causa alcune questioni non più rinviabili. Esse attengono alla moneta unica, causa prima della perdita di competitività delle merci italiane,  attengono alle politiche di austerità, che attraverso la crescente pressione fiscale acuiscono ancor di più questa perdita. Ma attengono altresì – e non in misura minore – ai meccanismi della globalizzazione, da cui occorre sganciarsi ricorrendo anche a misure protezionistiche a difesa delle produzioni nazionali.

Orrore, orrore, tremendo orrore! Già mi sembra di sentire le alte grida dei difensori dell’«altra Europa», quella che non esiste, ma che a loro potrebbe servire per continuare a sproloquiare da qualche scranno parlamentare. Bene, sproloquino pure, ma ci dicano almeno per una volta come pensano di far fronte al disastro salariale, e dunque sociale, che si profila. Ce lo dicano, non per noi, ma per quegli operai che ancora vorrebbero rappresentare.

Eh già, perché il caso Electrolux non è certo destinato a rimanere isolato. E se non si vogliono affrontare i nodi di cui sopra, incluso quello della moneta e di una «svalutazione esterna» (cioè monetaria) pilotata politicamente da un governo popolare d’emergenza, quello che ci attende è la «svalutazione interna», di cui il taglio salariale sarà giocoforza il piatto forte.

C’è consapevolezza di tutto ciò? Che ce l’abbiano gli altreuristi non sappiamo, anche se non vorremmo far troppo torto alla loro intelligenza. Che ce l’abbiamo gli oligarchi che ci governano non c’è invece alcun dubbio, dato che quella della «svalutazione interna» è esattamente la loro linea.


Intanto un bel regalino alle banche

E mentre il dramma sociale avanza, di cosa si occupano costoro in questa strana fine di gennaio. Ma di fare un bel regalo alle banche, ci mancherebbe! Il 2014 entra nel vivo, e con esso i controlli della Bce sulle banche. Cosa c’è di meglio, allora, che passargli sottobanco un po’ di soldi pubblici!

Già, quei soldi pubblici per i quali milioni di italiani hanno fatto anche di recente la fila per aumentarli un tot con la mini-IMU. E che sono così preziosi quando c’è da aumentare di 3 euro una pensione…

In questo caso invece no. Le banche chiamano, lo Stato risponde. Di cosa si tratta in pochi lo sanno. Mica si occupano di questo i mezzi di informazione! E poco deve occuparsene lo stesso parlamento, altrimenti – è questa la minaccia – ripristiniamo la seconda rata 2013 dell’IMU, così imparate a farvi troppe domande: ecco il democraticissimo ragionamento del governo Letta.

Stiamo ovviamente parlando dell’Affaire Bankitalia, una sporca operazione che sta venendo alla luce nei suoi contorni reali solo grazie alla meritoria opposizione dei parlamentari del M5S. Contorni reali che stamattina appaiono anche sulle insospettabili pagine dell’Huffington Post.

Leggiamo:
«In cambio di un gettito extra per la tassazione una tantum delle plusvalenze, gli istituti potranno beneficiare di quote rivalutate da iscrivere al patrimonio di vigilanza in vista dei test europei e assicurarsi dividendi fino a 450 milioni di euro. In più grandi soci come Intesa e Unicredit, detentori di quote superiori al 3%, saranno costretti a vendere nei prossimi anni le proprie partecipazioni in eccesso. Al mercato, se ci saranno acquirenti. O allo Stato, che sarà obbligato a riacquistarle, con esborsi di diversi miliardi».

Se i beneficiari sono noti – trattandosi delle banche private che detengono le quote di Bankitalia – si calcola che la perdita annua per le casse dello Stato sarà di 750 milioni di euro a partire dal 2014. Bene, non contenti di ciò, ed allo scopo di imbrogliare le carte, il governo ha legato questa rapina di denaro pubblico alla seconda rata dell’IMU. Ed alla richiesta del M5S di scindere le due cose, in modo da procedere in tempi utili sull’IMU (il decreto è in scadenza), lasciando il tempo necessario alla discussione sull’Affaire Bankitalia, la risposta del governo è stato un secco no.

Un’arroganza degna di chi vuol prendersi il 53% dei seggi magari con il 20% dei voti (effetto del mix tra premio di maggioranza e soglie di sbarramento, di cui ci siamo occupati in quest’altro articolo). Degna di chi pensa bene che chi sgobba per otto ore e più lo debba fare per un salario da fame. Degna di una classe politica infame, da cacciare al più presto.

 

PS delle 14,30 – Avevamo appena pubblicato questo articolo, quando le agenzie hanno battuto la notizia del nuovo accordo Pd-Forza Italia o, se preferite, Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale. Il numero magico del 37% è confermato; il premio – udite, udite! – è stato abbassato al 15%; lo sbarramento per le liste coalizzate è sceso dal 5 al 4,5% (di quelle non coalizzate niente si dice); mentre viene accettata anche dal Pd la clausola salva-Lega. Di cos’altro c’è bisogno per ribadire che si tratta di una porcata al cubo, di una Legge Truffa senza precedenti?