Almeno sulla stampa, Alexis Tsipras appare come il personaggio del momento. Il tempo ci dirà per quanto, ma vediamo subito di capire il perché. Il leader di Syriza, nonché candidato alla presidenza della Commissione europea, sembra dire cose ragionevoli. Molto ragionevoli, forse un po’ troppo ragionevoli… E’ molto aperto, e di tutto dice di voler discutere, tranne che di una cosa. Eh sì, perché il giovane Alexis un tabù ce l’ha, ed è proprio quello a renderlo simpatico a certi nostrani tromboni.
Andiamo subito al sodo. Parlando ieri l’altro a Parigi (vedi il manifesto del 5 febbraio) Tsipras ha messo le cose in chiaro: l’euro non si discute. Secondo la corrispondente parigina del giornale, Anna Maria Merlo, questa è stata la premessa, il punto fermo, il cardine attorno al quale tutto il resto del ragionamento si svolge. Dunque: le politiche austeritarie vanno abbandonate (in qualche modo lo ha detto perfino Napolitano al parlamento di Strasburgo), ma l’uscita dalla moneta unica non può neppure essere oggetto di discussione.
Questa posizione non è certo nuova. Tsipras l’ha ripetuta in tutte le sedi. Ad esempio in questa recente intervista a la Stampa, dove insieme agli attacchi a Grillo e ad ogni movimento anti-euro, si legge questa affermazione: «Siamo pro europei, non antieuropei; vogliamo cambiare l’Europa, non distruggerla».
Colpisce questa professione di fede europeista, perché essa non è stata pronunciata in un momento qualsiasi da un personaggio qualsiasi. Qui l’Europa non è un continente, od un’area geografica, o l’insieme dei popoli che la abitano. In termini politici, Europa oggi si legge Unione Europea. E sono i vincoli europei, i trattati europei, la logica stringente su cui è stata edificata l’Unione e la sua moneta unica ad aver ridotto la Grecia alla fame. O no?
Ma quel che è ancora più importante è che questa è l’unica Europa realmente esistente. Non c’è alle porte una sua riforma, altro non fosse perché così hanno deciso i maggiori partiti (e con essi, va detto, la maggioranza assoluta degli elettori) tedeschi. Che, detto per inciso, in quel paese qualcosa ancora contano…
In questo quadro, reso ancor più chiaro dalle concrete decisioni europee, nonché dal reiterato rigorismo della Bce e delle oligarchie euriste, continuare a parlare di un’«altra-Europa», come se fosse un orizzonte possibile, senza prima passare dalla distruzione dell’Unione e della sua moneta unica è non solo sbagliato, è del tutto fuorviante.
Rispetto all’uscita dall’euro potremmo capire i dubbi, la riflessione sulle difficoltà, il computo di costi e benefici. Quel che proprio non si può capire, da chi pure dice di voler cambiare radicalmente le scelte economiche, è invece il tabù, il rifiuto della semplice messa in discussione di un tema che tutti sanno essere all’ordine del giorno.
Perché allora questo continuo mettere la testa sotto la sabbia? Probabilmente ci sono diversi motivi, tra i quali l’incapacità di una vera rottura culturale con un malinteso internazionalismo che, negando le nazioni, finisce tanto per somigliare alla cultura ed agli interessi delle oligarchie finanziarie dominanti.
Ma di motivi ce n’è, in tutta evidenza, anche un altro. Ed è che le forze della “Sinistra europea” non hanno certo smesso di guardare all’alleanza con quelle del Partito Socialista Europeo. Ad esempio, in Francia Tsipras ha dovuto incontrare separatamente i due suoi esponenti principali, Jean-Luc Mélenchon del Parti de Gauche e Pierre Laurent del Pcf. Motivo della discordia? L’alleanza del Partito Comunista Francese (Pcf) con il Partito Socialista di Hollande alle prossime amministrative, proprio mentre l’inquilino dell’Eliseo è sempre più protagonista di una politica liberista ed austeritaria.
E così, parlando della Francia, si arriva assai velocemente in Italia, dove Tsipras giungerà venerdì. E dove incontrerà sì il povero Ferrero – che perlomeno della “Sinistra Europea” da sempre fa parte. Ma incontrerà pure Nichi Vendola, il cui partito è il più fiero sostenitore dell’alleanza con il Pd, e – per non farsi mancare niente – Lady ghigliottina Boldrini, una delle principali protagoniste della svolta autoritaria in atto.
Del resto, se fosse solo per le amministrative, in Italia non dovrebbe neppure esserci il problema degli incontri separati. Il 16 febbraio si vota per le regionali sarde e Prc, Pdci e Sel sono tutti insieme nella coalizione che sostiene il candidato del Pd. Così, tanto per non perdere l’abitudine.
E’ in questo quadro che nel nostro Paese ha preso il via ufficialmente il cantiere della Lista Tsipras, nome provvisorio in attesa di quello che verrà deciso tramite consultazione on-line. Alla testa di questa ennesima armata Brancaleone i cosiddetti “garanti”: Spinelli, Camilleri, Revelli, Viale, Flores D’Arcais, Gallino. A questi generali senza truppa dovrebbero obbedire i militanti di Rifondazione, utili a quanto pare solo per raccogliere le firme.
L’obiettivo è chiaro: depotenziare l’opposizione di sinistra all’Unione e all’euro, incanalare la protesta contro la politica dei sacrifici nell’alveo di quel più Europa, di cui Barbara Spinelli è ferma sostenitrice. Non è dunque un caso se anche Sel si dice piuttosto interessata al listone che si va preparando.
Certo, per il partito di Vendola ci sono anche esigenze tattiche – evitare la sicura disfatta di una lista di partito, inviare un piccolo segnale al Pd in una fase in cui si decide la legge elettorale e la relativa (e vergognosa) clausola salva-Sel – ma c’è pure una consonanza strategica, dato che l’impostazione dei garanti è assai più vicina all’idea degli “Stati Uniti d’Europa” del documento congressuale di Sel, piuttosto che al concetto di irriformabilità dell’Unione assai presente in quello del Prc.
Il professor Revelli, uno dei generali autonominatisi sul campo, ha detto alla conferenza stampa di presentazione della lista, tenutasi ieri l’altro, che bisogna aprirsi uno spazio tra «i violenti antieuropeisti e gli europeisti contenti e concilianti». Descrizione davvero illuminante, dato che descrive gli antieuropeisti come dei violenti in quanto tali, mentre gli europeisti ci fanno la figura dei sinceri bonaccioni, colpevoli solo di qualche ingenuità.
A noi sembra che la realtà sia assai diversa, dato che degli oligarchi di Bruxelles, e dei loro compari nostrani – gli autori cioè della mostruosa violenza sociale esercitata in questi anni sui popoli del sud Europa -, tutto si può dire, ma non che siano degli sprovveduti. Ma la definizione del generale Revelli ha ovviamente un suo perché, ed esso sta nel fatto che mentre con gli antieuropeisti ogni futura alleanza è di certo respinta (populismo! populismo! populismo!), la stessa cosa non si può dire per quella con la sinistra oggi «troppo conciliante» (unità! unità! unità).
Comunque, la vera cartina di tornasole sarà l’atteggiamento di Sel, un partito ridotto ai minimi termini, il cui fondatore è ormai noto più che altro per la sua intimità con i vertici dell’Ilva. Così va il mondo: un tempo la Puglia dette al paese la ben nota sinistra ferroviaria di Claudio Signorile, oggi è invece la volta della sinistra siderurgica di Nichi Vendola.
Bene, questa corrente esterna del Pd sembra apprestarsi al bacio della morte alla Lista Tsipras. Di certo non gli verrà impedito né dai garanti né da Ferrero. Un bel successo, per chi ha festeggiato il bottino concesso alle banche con il voto sul decreto Bankitalia, cantando ignominiosamente Bella ciao insieme ai parlamentari del Pd.
Eh già, cari compagni di Rifondazione, vi piaccia o no qui si tratta di scegliere se stare con l’opposizione al governo Letta o con il partitino di Lady ghigliottina Boldrini. Un partito che non ha rivali in quanto ad arroganza, neppure quando quest’ultima porta a superare abbondantemente il muro del suono del più fragoroso ridicolo.
E qui veniamo ad un fatterello che apparentemente c’entra poco con il tema di questo articolo, ma ne voglio parlare lo stesso. Un po’ perché comunque c’entra, un po’ perché è davvero troppo illuminante sulla miseria di questa sinistra, un po’ perché è perfino divertente (oltre che istruttivo) vedere dove certi personaggi possono arrivare. La cosa è così goffa, da appartenere al genere «incredibile ma vero». L’autore è un giovincello, eletto deputato nelle file di Sel di cui ora è anche tesoriere.
Guardate cosa si inventa costui (dal sito di Sel):
«Sel: Grillo fa propaganda a pagamento, ma il conflitto di interessi?
“Su internet sono facilmente reperibili le date e i prezzi di un tour a pagamento di Beppe Grillo in primavera che toccherà diverse città italiane proprio a ridosso delle elezioni europee, dal titolo non casuale, Te la do io l’Europa”. Lo afferma Sergio Boccadutri, tesoriere e deputato di Sel, che prosegue: “Si tratta di veri e propri comizi a pagamento, il che rende evidenti due questioni: il signor Beppe Grillo utilizza la politica, e la sua notorietà come leader politico, per fare soldi. La seconda, che in Italia il conflitto di interessi non riguarda solo Berlusconi. Insomma, altro che politica ‘gratis’. Grillo utilizza il consenso per incassare soldi personalmente. Del resto con Berlusconi condivide la stessa idea proprietaria della politica. Insomma Beppe Grillo, conclude Boccadutri, è come Berlusconi e in più ci guadagna”.»
E qui qualcuno potrebbe concludere con una domanda politicamente scorretta: cosa gli direste ad uno così, non solo in macchina, ma al bar, allo stadio, alla bouvette, ovunque?
Ma questo non si può dire, pensate un po’, neppure ad uno che si chiama Boccadutri. Chiediamoci allora il perché lo fa. Forse per invidia, visto che ai comizi di Grillo c’è pure chi paga mentre ai suoi non c’è nessuno, neppure se pagato. Forse perché sparare su Grillo è una specie di sport nazionale che non abbisogna di particolari competenze. Forse, più semplicemente, perché costoro non hanno più niente da dire. Certo, per tutto questo, ma magari anche per la presentazione dello spettacolo in oggetto. Che in effetti non è niente male:
«Un mostro si aggira per l’Europa. Si chiama euro. Chi lo ha frequentato è finito spesso in miseria. Interi Stati sono diventati debitori di una banca, la BCE. Se non paghi, al posto del mafioso, arriva la Troika, che è molto peggio. L’Europa politica si è trasformata in un incubo finanziario. Le nostre vite, dal mutuo della casa, alla caccia al cormorano, sono decise altrove da funzionari sconosciuti. Un’Europa surreale, comica, insostenibile che nessuno ha mai raccontato».
Certo, è solo un comico con tanti difetti, e questa è solo la presentazione di uno spettacolo. Ma che forse non è mille volte più realistica dei discorsi sull’altra-Europa della signora Spinelli e del prof. Revelli? Bene, è tra questa consapevolezza dell’Europa reale e le fumose frasi altreuriste, magari recitate anche dal mirabolante Boccadutri, che alla fine si dovrà scegliere.
Auguri a tutti.