A proposito di un articolo del guerrafondaio Bernard-Henry Lévy (BHL) sull’Ucraina

Se non ci fosse andrebbe inventato. Di fronte ad una qualunque crisi internazionale, qualora uno si fosse distratto per un attimo, basta guardare cosa dice e cosa fa BHL per schierarsi dalla parte giusta. Cioè quella opposta ai proclami del “nuovo filosofo” francese.

A Kiev BHL va e viene. E’ a casa sua, come in ogni luogo dove l’imperialismo occidentale muove i suo pezzi sulla scacchiera. Ai bombardieri, ai ricatti economici, alle sanzioni naturalmente “umanitarie”, si affianca sempre il comiziaccio di BHL.

Ora, il mondo reale è un po’ più articolato di quel che immaginano sia BHL che, sull’altro versante, i “geopolitici” che vedono solo il “grande gioco” tra potenze e mai le lotte dei popoli (per non parlare della lotta di classe). Può accadere dunque che anche BHL possa incrociare – un po’ per caso un po’ per necessità – lotte e settori popolari legittimamente in rivolta, magari mischiati (come spesso avviene) con movimenti ed obiettivi di segno opposto. Ma il suo lavoro non è quello di distinguere, come magari ci si aspetterebbe da un “filosofo”. No, il suo lavoro è quello di reclamare sempre ed immancabilmente la guerra, lo scontro con il nemico fino al suo annientamento.

Ma chi è il nemico per costui? Il nemico di BHL è tutto ciò che sfugge, per una ragione o per l’altra, alla mera omologazione con i presunti valori dell’occidente. Il nemico è l’Islam, ma anche (vedi Gheddafi) il dittatore di turno finito nel mirino dell’imperialismo. Ma nemici sono gli Stati che perseguono una loro, magari parzialissima, autonomia dai meccanismi della globalizzazione capitalistica. E, in ultima istanza, nemiche sono tutte quelle forze che in qualche modo possono competere con il “regno del bene” di BHL: gli Stati Uniti, che egli vorrebbe sempre accompagnati, con servizievole accondiscendenza, dalla “sua” Francia.

Un obiettivo, quest’ultimo, decisamente raggiunto. Dopo il ruolo avanguardista avuto nell’aggressione alla Libia, dopo aver annunciato prima di Washington i bombardamenti (poi annullati) alla Siria, per l’Eliseo è ora la volta dell’Ucraina. Hollande, il “sinistro” Hollande – una mezza tacca che sta facendo rimpiangere ai francesi perfino il pittoresco Sarkozy – si è schierato subito dalla parte di Washington, superando perfino gli “americani europei” di Londra. Non che ciò sia dovuto solo ai pellegrinaggi di BHL, ma evidentemente il veleno che egli sputa ben si sposa con la nuova collocazione francese.

Ma perché occuparsi dei comiziacci di questo miliardario transalpino? Essenzialmente per un motivo: perché costui non solo ha sempre gli stessi nemici, ma ha sempre, ed immancabilmente, gli stessi amici. Perciò, a volte (come nel caso degli integralisti islamici della Cirenaica) le sue alleanze variano, ma sono sempre in linea con gli obiettivi dell’imperialismo. O perlomeno con quelli della sua frazione più aggressiva.

Veniamo dunque all’Ucraina, dove la posizione violentemente anti-russa di oggi appare la semplice continuazione del suo atteggiamento furiosamente anti-jugoslavo degli anni ’90. Con una differenza: che lì si trattava di disfare in tutti i modi un Paese, qui si tratta di fagocitarne un’altro, ma tenendolo unito in modo che il boccone sia più grande. E così il diritto all’autodeterminazione che valeva a Sarajevo o a Pristina, non dovrebbe valere più a Sinferopoli, a Donetsk o a Kharkiv.

Evidentemente, il nostro, è un uomo di grandi principi e di altrettanta coerenza. Chi volesse spendere due minuti per rendersene conto non ha che da leggere il suo articolo – che pubblichiamo integralmente in fondo a questo pezzo – uscito ieri a pagina 2 del Corriere della Sera. Eh già, perché BHL – forse per la comune militanza filo-sionista (a proposito, ma l’antisemitismo esplicito di una bella fetta di piazza Maidan in questo caso non preoccupa?) – ha grandi amici in via Solferino.

Quello di BHL è un testo menzognero e bellicista come raramente capita di leggere. Talmente menzognero e bellicista, che perfino l’insospettabile Gad Lerner ha dovuto prenderne le distanze. Leggiamo la sua dissociazione:

«…il filosofo francese Bernard-Henry Levy è partito lancia in resta nella sua difesa del nuovo governo ucraino scaturito dall’insurrezione di piazza Maidan. Quanto mi piacerebbe condividere le sue certezze! I militanti che hanno versato il sangue per deporre il regime di Yanukovich sono tutti eroi; solo una falsa propaganda russa su una presenza di squadristi reazionari e antisemiti fra loro; Julia Tymoshenko è un’eroina della lotta contro l’orso Putin; il nuovo primo ministro Arsenij Jatsenjuk è paragonabile a un eroe della rivoluzione francese e a De Gaulle…
Tutto questo leggo sul “Corriere della Sera” (che lo pubblica prudentemente in pagina interna). Con simili argomenti BHL sollecita l’Europa e gli Usa a rifiutare qualsiasi compromesso con la potenza imperiale russa, qui assimilata a suprema entità del Male
».

Per concludere che: «Stavolta la fa proprio troppo semplice. L’Ucraina ha ragione di rivendicare la sua indipendenza e la sua integrità, ma il suo popolo è un mosaico da non strapazzare con simile brutalità filosofica».

Fin qui il piddino Lerner, che ovviamente deve chiamare «certezze» le menzogne e «brutalità filosofica» la chiamata alle armi dell’intoccabile BHL.

Ora, nel testo in questione ci sono delle autentiche perle. Ad esempio il pugile Klischko viene paragonato a Danton, mentre Yulia Tymoshenko viene descritta come una gentildonna infangata non dalla sua acclarata corruzione (che corrotto era solo Yanucovich…), ma dalle calunnie del Cremlino. Tuttavia non è questo quel che conta. Più grave ancora è infatti il grido bellicista, accompagnato dalla più proterva negazione del diritto all’autodeterminazione per quelle parti dell’Ucraina che si sentono fortemente minacciate dall’attuale governo di Kiev.

E’ vero, o no, che i nuovi “padroni” dell’Ucraina hanno cancellato il bilinguismo? E non è questo un crimine, non solo nei confronti della minoranza russofona, ma più in generale di quella parte di ucraini che vogliono la convivenza tra le diverse nazionalità presenti nel Paese? Perché i difensori dei «diritti umani» in questo caso tacciono?

Domande retoriche. Il perché è chiaro. Per BHL chi ha vinto a Kiev deve imporre la sua legge a tutta l’Ucraina. Il diritto all’autodeterminazione che valeva per le minuscole repubbliche jugoslave deve essere preventivamente represso in Ucraina. Leggiamo: «Siete di nuovo riuniti per rifiutare che sia smembrato il vostro paese, che ha sofferto fin troppo, lungo i secoli». E più precisamente: «L’Europa deve proteggere l’Ucraina. Deve farsi garante delle frontiere della vostra nazione». E perciò: «L’Europa deve comportarsi con Putin come si è comportata con Yanucovich… Ha i mezzi per punirlo e deve utilizzarli».

Dunque, prepararsi alla guerra. Una guerra che in realtà l’Europa non sembra volere, ma questo è un altro discorso. Perché una cosa sono le chiacchiere, altra cosa i fatti.

Non siamo amici di Putin, ma se i suoi uomini hanno preso la Crimea senza versare una goccia di sangue una ragione ci sarà. Come si fa a non vedere che almeno mezza Ucraina si sente minacciata dalle forze ultra-nazionaliste e di destra che hanno preso il potere a Kiev?

Probabilmente gli occidentali – Usa in primis – hanno forzato un po’ troppo, ed ora sono in difficoltà. Hanno approfittato della straordinaria e motivata impopolarità (chi ha dei dubbi si legga le posizioni dello stesso Partito Comunista d’Ucraina) di Yanucovich. Ma la facilità con la quale hanno preso il potere li ha illusi di poter controllare l’intero Paese una volta conquistata Kiev. Un errore madornale, come dimostra la dissoluzione delle strutture statuali in Crimea.

Vedremo come si svilupperanno le cose nei prossimi giorni, ma intanto teniamo ben fermo il principio da cui siamo partiti, quello secondo cui BHL è un buon punto di riferimento, basta schierarsi in maniera esattamente opposta alla sua. Una semplificazione? Non troppo. Così come egli nega il diritto all’autodeterminazione, noi lo dobbiamo affermare.

Come? Con l’unità del Paese se – ovviamente con la cacciata dell’attuale governo – verranno garantiti i diritti di tutti; riconoscendo in caso contrario il diritto alla secessione per le entità nazionali e/o territoriali che non potrebbero sentirsi al sicuro se le forze ultra-nazionaliste dovessero restare al potere a Kiev.

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Qui sotto il vergognoso articolo di Bernard-Henry Lévy

“L’Europa venga a Kiev e impari a non aver paura”

(Corriere della sera – 4 marzo 2014)

Popolo della Maidan! Quasi a mani nude, avete fatto indietreggiare i miliziani del Berkut. Da soli, o quasi, avete costretto Yanukovich alla fuga. Con un sangue freddo degno dei grandi popoli, avete inflitto una disfatta storica alla tirannia. Dunque, non solo siete europei, ma i migliori fra gli europei. Certo, siete europei per la storia; ma anche, ormai, per il sangue versato. Certo, siete europei perché siete figli di Voltaire, di Victor Hugo e di Taras Shevchenko; ma anche perché, per la prima volta, qui, nella Maidan, dei giovani sono morti con la bandiera stellata dell’Europa fra le braccia.
Hanno voluto calunniarvi. Si è detto che siete i continuatori della memoria nera dell’Europa. Eh no! È il contrario! Le virtù di resistenza che costituiscono il genio dell’Europa e che un grande francese, il generale de Gaulle, ha portato al culmine, siete voi ad averle incarnate durante quei giorni cruenti; e il nazional-socialismo, l’antisemitismo, il fascismo che furono la vergogna del nostro continente erano dalla parte dei vostri nemici. Rendo omaggio ai vostri morti. Rendo omaggio al vostro coraggio e vi dico, ora più che mai: «Benvenuti nella Casa comune».
Oggi tuttavia una nuova forza si erge davanti a voi. Una forza che non conosce e non rispetta che la forza. Una forza che agisce impunemente nell’Est del vostro paese. Una forza che, amputando l’Ucraina, si appresta a fare quello che nessuna forza, in nessun altro paese d’Europa, ha osato fare da decenni a questa parte.
L’argomento è noto: è quello di Hitler che, nel 1938, invocò come pretesto per invadere la Cecoslovacchia che i Sudeti parlavano tedesco. Il metodo è noto: è quello di Hitler che approfitta, anche lui, delle Olimpiadi invernali a Garmisch-Partenkirchen per rimilitarizzare, pochi giorni dopo, la Renania.
Ma voi siete qui, popolo di Maidan, per impedire questo nuovo crimine. Siete qui, giovani di Maidan, per evitare che i vostri fratelli dell’Est ricadano sotto il dominio dell’Impero. Siete di nuovo riuniti per rifiutare che sia smembrato il vostro paese, che ha sofferto fin troppo, lungo i secoli.
L’altro giorno ero davanti all’ambasciata russa, a Kiev, dove sventolavano insieme bandiere ucraine ed europee. Poi in Parlamento, la Rada, dove ho incontrato i vostri dirigenti: Vitali Klischko, l’uomo che, come Danton durante la Rivoluzione francese, ha sollecitato una mobilitazione democratica; e la signora Yulia Tymoshenko, di cui Putin già cerca di macchiare la reputazione, che mi ha incaricato di dirvi: «Evidentemente non andrò a Mosca; Putin è mio nemico». Ma quel che più mi ha colpito è la loro volontà di resistere: il martirio e la potenza, la donna che porta sulla propria pelle le stigmate della sua lotta per la libertà e il campione, figlio della Maidan, simbolo di forza tranquilla e di probità. Se loro restano uniti, se restate tutti uniti, come oggi in questa piazza, sarete voi a vincere e Putin a cedere. Ma per vincerlo durevolmente avrete bisogno, popolo della Maidan, dell’aiuto dei vostri fratelli in Europa.
L’Europa deve proteggere l’Ucraina. Deve farsi garante delle frontiere della vostra nazione e della libertà delle vostre città. Deve firmare al più presto, cioè se possibile già da domani, l’accordo di associazione per il quale i vostri giovani e i vostri veterani si sono battuti e sono morti. L’Europa deve venire qui, a Kiev — perché no? — a firmare solennemente questo accordo: per voi, sarebbe una forma di tutela e, per lei, una sorta di nuovo atto di battesimo. L’Europa deve comportarsi con Putin come si è comportata con Yanukovich: deve agire di fronte al padrone come ha agito di fronte al valletto. Ha i mezzi per punirlo e deve utilizzarli.
E se l’Europa dicesse a Putin: «Abbiamo bisogno del tuo gas, ma tu hai bisogno dei nostri euro: allora, giù le mani dalla Crimea»? Se l’Europa dicesse a Putin: «Un uomo che dimostra di poter violare le frontiere in Europa non trova posto nelle sedi in cui la comunità internazionale si adopera per la stabilità del mondo: allora, signor Putin, o lei esce dall’Ucraina, oppure facciamo uscire lei dal G8 che, per ironia della sorte, si dovrà riunire a Sochi»?
E se Hollande, Merkel, Obama facessero sapere al predatore della Crimea e, Dio non voglia, di Donbass e di Donetsk, che non sarà il benvenuto quando, fra qualche mese, si festeggerà in Francia lo sbarco, settant’anni fa, degli eserciti della libertà?
Putin è forte solo della nostra debolezza. Putin va avanti solo perché noi abbiamo paura. E se la paura cambiasse campo? Se i dirigenti europei avessero una minima parte del coraggio dimostrato dal popolo della Maidan? Come? Voi non avete avuto paura, e noi ci lasceremmo prendere dallo spavento? Voi vi siete ribellati al nuovo zar e noi dovremmo piegarci davanti a lui? È assurdo. È impossibile. È quel che ho intenzione di dire, appena tornato in Francia, ai dirigenti del mio paese. No pasaran , gridavano i repubblicani spagnoli nel 1936. No pasaran, gridavate voi ai terribili miliziani del Berkut di Yanukovich che vi tenevano sotto mira. No pasaran, deve ripetere oggi l’Europa alla soldatesca di Vladimir Putin. Viva l’Ucraina: una, indivisibile e libera. Viva la Francia, viva l’Europa e viva l’Ucraina in Europa!