Un giudizio sul Quantitative easing alla tedesca

“Storica svolta”. Così è stato definito l’annuncio di Mario Draghi del 3 aprile scorso, che la Bce è pronta ad adottare una “politica monetaria non convenzionale”, ovvero aprire al massimo il rubinetto del credito, “immettendo così nell’economia” grandi quantità di quattrini.

Siccome questa disponibilità ad adottare il Quantitative easing (Qe) è una violazione del tabù monetarista tedesco, ovvero di uno dei dogmi su cui è stata fondata la stessa Bce, non è secondario segnalare che l’annuncio di Draghi (che puzza lontano un miglio di spot elettorale a favore dei partiti euristi) ha avuto il semaforo verde dei tedeschi, ed infatti è stato preceduto da un’intervista di Jens Weidmann presidente della Bundesbank.

Tab. 1 – La perdita di Pil

Quattro sono le domande che s’impongono: sono keynesiane le misure annunciate dalla Bce? Cosa ha spinto la Bundesbank e quindi la Banca centrale a questo passo? Chi ci guadagna con il Qe? Avrà successo?

1. Sono keynesiane le misure della Bce?

Il Qe consiste nella creazione di nuova moneta da parte della banca centrale che ne detiene il monopolio di emissione e la sua cessione in cambio di titoli. Tecnicamente ciò significa che la banca centrale presta denaro a Stato, banche e imprese acquistando titoli, azioni, obbligazioni (nonché titoli tossici ad alto rischio), emessi dagli stessi (si direbbe M1 per M2). Così facendo la banca centrale interviene nel mercato dei titoli allo scopo di provocarne un rialzo della domanda, ciò che determina un aumento dei loro prezzi e, di converso, un calo dei rendimenti. Con questa procedura la Banca centrale va in soccorso anzitutto delle banche, delle borse, dei mercati finanziari.

Guai a credere che questa sia una benemerita azione keynesiana.  
Si tratta semmai di un surrogato che non rompe affatto con le compatibilità liberiste. Di fronte alla cosiddetta “preferenza per la liquidità” — da cui la Trappola della liquidità, per cui i capitali preferiscono la tesaurizzazione (eufemisticamente “risparmio”) e la speculazione finanziaria agli investimenti produttivi — Keynes, che non credeva affatto all’equilibrio spontaneo dei mercati, non proponeva affatto di fornire ulteriore liquidità ai privati (“è inutile dare da bere al cavallo che non ha sete”) ma prospettava un intervento attivo dello Stato in economia con l’obbiettivo della piena occupazione e di far crescere la domanda aggregata.

Tab. 2 – Grazie al Qe la speculazione finanziaria è tornata ai livelli del 2007

Gettare un salvagente ai mercati finanziari, prendendosi sulle proprie spalle il rischio della loro insolvenza, quindi salvare il sistema di capitalismo-casinò dal collasso, ecco il vero scopo del Qe. Infatti, come mostra la Tabella 2 i mercati finanziari e le borse sono tornati a scoppiare di salute, ciò che fa temere lo scoppio di una nuova bolla.

Non è un caso che i primi ad esultare per la promessa di Draghi siano stati proprio i banchieri. Gli analisti sottolineano tuttavia che il Qe della Bce potrebbe non essere dello stesso tipo di quelli adottati dalle banche centrali americana, inglese e giapponese. I tedeschi si attengono infatti al dogma che la banca centrale non possa e non debba acquistare titoli emessi dai governi per finanziare i deficit pubblici. Precedendo Draghi Weidmann ha infatti precisato che la preferenza dovrà andare all’acquisto di asset privati, di titoli emessi dai privati — leggi: quelli di banche e grandi imprese quotate in borsa e ben capitalizzate.

In concreto, come anticipa il Frankfurter Allgemeine del 4 aprile la Bce potrebbe spendere 80 miliardi al mese per un anno per un totale di mille miliardi.


2. Cosa ha spinto la Bundesbank e quindi la Banca centrale a questo passo?

Ma è chiaro! La Bce ha preso atto che le politiche sin qui seguite, non solo hanno fallito l’obbiettivo dichiarato — far uscire le economie capitalistiche dell’eurozona dalla recessione — ma pure quello recondito — risanare i mercati finanziari, il sistema bancario e i bilanci degli stati. Rispetto allo scopo dichiarato: non solo i paesi “periferici” ma da mesi anche la “virtuosa” Germania con le sue appendici sono in recessione. Le cure da cavallo imposte dagli euro-oligarchi e dalla Bce seguendo i diktat tedeschi hanno infatti fatto precipitare il Pil — parametro alquanto aleatorio che non da pienamente la misura del disastro.

Tab. 3 – Malgrado i Qe l’occidente non è uscito dalla grande crisi

Ci si dirà, “sono stati salvati l’euro e l’Unione monetaria, che voi davate per morti”. E’ vero che le iniezioni di morfina della Bce, a base di LTRO, di SMP e cartolarizzazioni (ci torneremo più avanti) hanno rianimato il collassato euro evitando un default combinato di debiti pubblici e banche, ma i bilanci degli stati e quelli delle banche (e ciò ci porta all’obbiettivo recondito, in altre parole quello vero degli stratagemmi adottati) sono, malgrado le potenti trasfusioni di sangue fresco, più malandati di ieri , — per questo, tra l’altro, si ricorre all’unione bancaria, sulla cui efficacia, come scrissi nel gennaio scorso, c’è da dubitare fortemente.

Ora anche la borghesia tedesca è preoccupata, tra l’altro, per l’inflazione troppo bassa (la media dell’eurozona e dello 0.5%) leggi deflazione reale. L’euro troppo forte (siamo ad un cambio di circa 1,40 sul dollaro), se già penalizzava i paesi più deboli, è diventato oramai un cappio al collo anche per le esportazioni tedesche.

3. Chi ci guadagna con il Qe alla tedesca?

Quindi, dato che in Europa è la Germania che comanda, e siccome a Berlino conviene, si violino pure in via del tutto eccezionale i dogmi teutonici autorizzando la Bce ad immettere moneta per alzare l’inflazione e svalutare l’euro, così da far ripartire le esportazioni. Si cambia la modalità, resta l’istanza mercantilista, lo stesso di sempre lo scopo: andare incontro agli interessi delle grandi aziende capitalistiche globali, salvare le banche (tra esse le già meglio capitalizzate), quindi l’euro che ne rappresenta il fulcro.

Tab. 4 – Il cambio euro-dollaro

A dimostrazione che Keynes aveva ragione, non sortirono gli effetti sperati né il Programma SMP (Security Markets Programme) con cui la Bce nel tra il 2010 e il 2012 acquistò sul mercato secondario 175 miliardi di titoli dei paesi più colpiti dalla crisi; né le due operazioni LTRO (Long Term Refinancing Operation) del 21 dicembre 2011 e del 29 febbraio 2012, per un totale di ben di 1.028,5 miliardi; né il rilancio del mercato delle cartolarizzazioni basate sui prestiti bancari (ABS), e nemmeno la riduzione del tasso di sconto oggi allo 0,2%, che ha portato quello sulla liquidità depositata nei forzieri della Bce allo zero.

Ripetiamo: tutte queste misure contribuirono a salvare momentaneamente banche ed euro, per nulla ad invertire la curva recessiva rilanciando il ciclo economico, né a ridurre le divaricazioni tra i diversi paesi, che anzi sono cresciute.

Ai nostri critici vorremmo poi ricordare che senza le gigantesche operazioni di allentamento monetario delle banche centrali americana, inglese e giapponese, ovvero senza l’afflusso di ingenti capitali nella zona euro, in fuga dai cosiddetti “emergenti”, la moneta unica molto difficilmente si sarebbe salvata.

Dettaglio decisivo, poiché se adesso la Bce corre ai ripari è anche perché la Federal reserve, passando al tapering (la progressiva riduzione, da parte della Fed, degli stimoli monetari con cui ogni mese la banca centrale Usa immette liquidità nel sistema attraverso l’acquisto di titoli di stato e bond garantiti da mutui, ovvero il quantitative easing), ha iniziato a chiudere i cordoni della borsa, ciò che fa presumere imminente una nuova fuga di capitali dalla zona euro per tornarsene nell’eden americano. Ciò che determinerebbe, pressoché inesorabilmente, non solo un nuovo scoppio del bubbone dei debiti sovrani, ma un crollo dei prezzi delle azioni e delle obbligazioni delle banche, a cominciare da quelle sistemiche. Col che si riaffaccerebbe lo spettro di un default combinato di debiti pubblici e di banche.

Tab. 5 – La crescita dei debiti pubblici in Europa

Che poi la manovra della Bce possa porre davvero termine al Credit crunch diversi degli stessi analisti ne dubitano. Il “meccanismo di trasmissione della politica monetaria” non cambia. La banca centrale privata, monopolista dell’emissione monetaria, presterà soldi alle grandi banche private, le quali, tanto più perché navigano in cattivissime acque, potranno prestare a loro volta agli stati, il tutto in base al criterio del profitto, alimentando quindi l’infernale spirale del debito.

Tantomeno la mossa della Bce sortirà effetti risolutivi per l’economia italiana. Una maggiore liquidità, a patto che esca davvero dai circuiti delle bische e del gioco d’azzardo finanziario — non è detto che non si ripeta quanto accaduto nel 2011, che i finanziamenti alle banche furono usati per speculare sui titoli di stato e perciò non arrivarono alla “economia reale —, servirà ai pesci grossi a mangiare quelli piccoli, ad aiutare fondi stranieri a fare man bassa di aziende italiane in sofferenza (mai come oggi sono a buon mercato), ed infine ad aiutare le aziende italiane già globalizzate a delocalizzare all’estero gli impianti ed anche ad investire i loro capitali oltre frontiera.

Tab. 6 – Divergenza tra il Pil italiano e quello dell’area euro

Ma la mossa della Bce, ci diranno coloro che parlano di panacea, finirà per ridurre lo spread ed è quindi un aiuto prezioso agli stati altamente indebitati come il nostro. Ci permettiamo di segnalare che oggi lo spread (la forbice di differenza tra il rendimento offerto dal Btp a 10 anni e dal suo omologo tedesco, il Bund) si attesta a160-170 punti, che è la soglia che solo due anni fa Banca d’Italia e governo Monti stimavano come la soglia “normale” e auspicabile. Il debito continua tuttavia a crescere.

C’è infine da scommettere che come ieri anche domani la Bce condizionerà i suoi prestiti a misure draconiane e liberiste di tagli ancor più pesanti della spesa pubblica, quindi anche a privatizzare tutto il privatizzabile. Il Fiscal compact incombe.

4. Avrà successo il Qe alla tedesca?

V’è un’altra ragione che potrebbe avere spinto tedeschi e Bce ad annunciare il Qe all’europea. L’entrata in vigore del Fiscal compact, un vero salasso per i paesi già in recessione. Il rischio di esplosione di vasti conflitti sociali si farà alto. Si parla per questo di cambiare il Trattato in questione, di ammorbidirne le stringenti clausole. Ora anche i francesi si sono affiancati ai “periferici” chiedendo di addolcire l’amara medicina. La Germania tiene tuttavia duro: “non se ne parla”.

Tab. 7 – La crisi del ’29 e quella attuale in Italia

I risultati delle elezioni europee ci diranno se la resistenza di Berlino potrà essere vinta e di quanto potrà spostarsi dalle sue tetragone posizioni. Non molto riteniamo, anzi pochissimo. Per questo, accanto al bastone serve la carota del Qe. La mossa della Bce e l’avallo tedesco, sono un modo di ammorbidire il Fiscal compact, dunque di far capire che non molto di questo potrà essere cambiato.

Noi riteniamo dunque, che la mossa annunciata da Draghi non sarà risolutiva. Tantomeno potrà far uscire l’economia europea dalla depressione. Abbiamo spiegato perché Marx avesse ragione nella sua spiegazione delle grandi crisi o generali capitalistiche. Quando la sovrapproduzione attanaglia la maggior parte dei settori economici il processo di accumulazione può ripartire solo quando la distruzione di forze produttive sarà stata altrettanto grande e ampia. Dalla stessa grande crisi del 1929, repetita juvant, non se ne uscì nel con il New deal né con le politiche di piena occupazione naziste. Se ne uscì col secondo grande macello mondiale.

La mossa di Draghi è in linea con le politiche economiche che oligarchi e tecnocrati europei seguono sin dal 2008: mettere pezze, comprare tempo. Nel frattempo la disoccupazione di massa diventerà cronica, i salari continueranno a scendere, il ceto medio a pauperizzarsi, i popoli a fare la fame. Che l’Unione europea, ed anzitutto l’Unione monetaria possa resistere a lungo è impossibile. Prima o poi, più prima che poi, salterà in aria sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Quando la nave affonda è inevitabile che i topi scappino, che i singoli stati nazionali tendano a sganciarsi dalle pastoie europee per difendersi come possono.

La questione è squisitamente politica prima ancora che di terapie economiche: chi guiderà questi processi? Usciremo dalla irreversibile disgregazione europea e dalla catastrofe a destra o a sinistra?