Man mano che le elezioni europee si approssimano le nebbie si diradano ed i contorni del paesaggio politico italiano diventano più nitidi. In questo paesaggio, volenti o nolenti, spicca la figura di Beppe Grillo, testa d’ariete del Movimento Cinque Stelle.
Personaggio certo polisemico, contraddittorio, controverso. Per la sinistra politicamente corretta egli è “ambiguo”, “incoerente”, “equivoco”, “losco”, “populista”. Nella sinistra che si considera “radicale” se non addirittura “rivoluzionaria” il giudizio prevalente è più raffinato: Grillo è fascista.

Non fa problema, per certi anticapitalisti, che il loro verdetto rassomigli, come una goccia d’acqua, a quello dei capitalisti, anzitutto proprio di quelli grossi, di quelli che detengono le leve decisive del potere economico e politico.

Davvero istruttiva, da questo punto di vista, la lettura del Corriere della Sera di ieri, 11 maggio. Perché istruttiva? Semplice, ne vien fuori in maniera lampante quale sia il modo di vedere della grande borghesia eurista, il suo panico in vista delle elezioni.

Alle pagine 12-13 ci sono alcuni servizi dedicati a Berlusconi e ad un certo punto si può leggere:
«Quanto al leader dei Cinque Stelle, Berlusconi scomoda, per indicarne la pericolosità, niente meno che Adolf Hitler. “Quel movimento è una setta e i discorsi del suo leader assomigliano a quelli del capo del nazismo. Io ho il terrore che questi signori possano prendere la maggioranza dei voti degli italiani. Sono pe-ri-co-lo-si!»

Passiamo dunque a pagina 14, un attacco frontale a M5S, col pretesto dei casini interni al movimento in Emilia-Romagna.

Andiamo oltre. Pagina 15. Una corposa intervista a Martin Schulz, candidato socialdemocratico a Presidente della Commissione europea. Dopo una difesa d’ufficio non solo delle politiche di rigore e della “generosa” Germania, alla domanda del giornalista “Come giudica Grillo”, Schultz risponde:
«Grillo minaccia ammende ed espulsioni per i deputati che non votano come dice lui. L’ultimo a fare una cosa del genere  è stato Stalin. O forse Hugo Chavez. Se l’avesse detto in Germania, avrebbe dovuto temere l’intervento della magistratura. La libertà di mandato dei parlamentari è uno dei fondamenti della democrazia. Mi verrebbe da dire che Grillo è espressione di un totalitarismo moderno. Diciamo che si sente in Grillo una tendenza autoritaria. In Spagna si direbbe caudillismo».

Pronunciata da uno degli artefici del regime eurologarchico, da uno che ha sostenuto e sostiene le politiche liberiste di affammamento dei popoli europei, in primis quello greco, l’accusa di “autoritarismo” suona come minimo fraudolenta. Resta il fatto che entrambi i blocchi sistemici che in combutta tra loro governano l’Unione per nome e per conto del capitalismo finanziario e predatorio, considerano Grillo e M5S come i loro nemici principali. E la qual cosa dovrebbe far riflettere, sia chi da addosso a Grillo a prescindere, sia chi gli fa le pulci perché sulla questione dell’euro non pronuncia la parola magica dell’uscita.

Ma restiamo al Corriere di ieri. La parola definitiva ce la da il politologo Angelo Panebianco, quindi addirittura con un editoriale. E che storia ci racconta Panebianco? Che stiamo precipitando verso uno “sciagurato bipolarismo” quello in cui M5S rappresenta “per il grosso degli elettori il partito anti-sistema”, mentre tutti gli altri sono il blocco della conservazione e della stabilità. Occorre quindi, dice Panebianco, scongiurare come la peste una nuova affermazione elettorale dei Cinque Stelle. Massima iattura sarebbe poi andare al voto politico anticipato con la legge proporzionale “pura” emersa dalla recente sentenza della Corte costituzionale, che “spappolerebbe definitivamente il centro-destra berlusconiano” e metterebbe a rischio la governabilità e il sistema medesimo.

Panebianco, facendo gli scongiuri davanti alla possibilità che M5S continui ad avanzare, esprime il pensiero e la paura di chi comanda. A me ciò basta e avanza per giustificare il voto a Grillo. Più panico dilaga nel campo dei dominanti, meglio è.

da sollevAzione