Molti sono i fattori che determinano la scelta di voto dei cittadini. Si può votare questa o quella lista per adesione alla visione del mondo di cui è portatrice, per prossimità coi suoi principi etico-culturali, per il vincolo determinato dall’appartenenza ad una classe sociale, per simpatia verso uno specifico candidato, per un atteso vantaggio clientelare, perché votando questa lista si fa un dispetto a quell’altra. E si potrebbe proseguire.

Un fatto è certo: non siamo più nell’Italia del ‘900, dove al potente bipolarismo sociale tra le classi corrispondeva un’altrettanto radicale polarizzazione politica tra blocchi politici, ognuno dei quali era portatore di una visione della società, capitalista da una parte, socialista dall’altra.

Caduti il Muro di Berlino e l’Urss, trasformato, anche formalmente, il partito comunista in un partito borghese, squagliata la comunità proletaria coi suoi organismi difensivi, con la nascita della “Seconda Repubblica”, si riproponeva il bipolarismo di un tempo ma tra due blocchi entrambi capitalisti.

Poi è sopraggiunta la grande crisi sistemica la quale, come noi facilmente intuimmo, era destinata a terremotare l’intero contesto e quel peloso bipolarismo. Sarebbero cresciuti disoccupazione, precarietà, miseria, povertà, disperazione, rabbia, ciò che avrebbe creato lo spazio per un terzo campo politico.

Chi abbia occupato questo campo è evidente: il Movimento 5 Stelle il quale, nel giro di due o tre anni, è diventato il primo partito con influenza di massa: il partito più votato dagli operai, dai disoccupati, dai giovani, dagli studenti, dal popolo delle partite Iva, dai piccoli imprenditori.

Certo contano, e molto, le qualità istrioniche e pirotecniche di Grillo, ma il carburante della sua avanzata è la decomposizione sociale causata dalla crisi sistemica. Chi non capisce questo, come dire, è un cretino, e coi cretini discutere è solo tempo perso.

In poche parole proprio la grande crisi sta dando forma ad un blocco sociale, al blocco di chi sta sotto, di contro a quello di chi sta sopra. Questo organismo ancora informe, ma pulsante, sarà pure microcefalo, non è già un blocco antagonista, tuttavia solo nel “non ancora” c’è la potenza che può diventare atto, l’embrione dell’Italia che sarà.

Chi abbia davvero a cuore la possibilità di trasformare da cima a fondo questo Paese è accanto e con questo nuovo organismo vivente che deve stare, per dargli una forma adeguata, una testa, e non invece marcire nel regno dei morti. Noi di MPL questa scelta abbiamo fatto da tempo, e le prossime elezioni, per quel che valgono (e varranno) confermeranno che siamo nel giusto.

È forse più chiaro, ora, perché abbiamo deciso, l’anno passato, di dare indicazione di voto per M5S. Quanto accaduto da un anno in qua non ci ha fatto cambiare idea, al contrario!

Gli amici che fanno una scelta elettorale astensionista (stendiamo un velo pietoso su quelli che voteranno gli zombi della Lega o Fratelli d’Italia) si sbagliano profondamente.

In base al criterio binario “euro sì euro no”, considerata a torto la questione dell’euro il solo metro di giudizio, sono schiacciati sul presente, quindi lo distorcono e, del tutto incapaci di guardare in avanti, non riescono ad intuire o ad immaginare quali saranno le future dinamiche dello scontro sociale.

In secondo luogo il difetto del discorso astensionista è quello di fermarsi ad osservare con la lente potentissima la superficie dei fenomeni politici, mentre la lente a poco serve, poiché occorre il bisturi per squarciarla, e quindi capire cosa pulsi sotto la pelle e sia destinato a manifestarsi, a trasformarsi, quindi a mutare la pelle medesima. In terzo luogo c’è di mezzo una concezione della tattica e della funzione di una posizione politica. Per una piccola organizzazione rivoluzionaria una scelta è anzitutto il modo per posizionarsi (accanto ai vivi? accanto ai morti? accanto al nulla?), e quindi uno strumento, una leva, per incidere sui processi politici di massa. L’astensione, in questo caso, è una non-posizione, è una leva sul puro niente. E niente potrà produrre.

Addendum

Se sono stati colossali i fattori oggettivi la causa più profonda del successo di M5S, adesso, alle porte del 25 maggio, dobbiamo chiederci: i fattori oggettivi che hanno determinato lo sfondamento dei Cinque Stelle sono scemati? si sono affievoliti? oppure hanno aumentato la loro potenza? Io ritengo che questi fattori oggettivi sono ancora più determinanti di un anno fa.

Solo pochi ma indicativi dati.

La disoccupazione è cresciuta senza freni. Migliaia di aziende continuano a chiudere. Come dimostra la ridicola vicenda della TASI, la pressione fiscale continua a crescere (le entrate tributarie sono salite nel trimestre del 5,6% a 27,6 miliardi). Nel frattempo il debito pubblico ha sfondato la quota di 2.120 miliardi, con il particolare che è cresciuta la dipendenza dalla speculazione finanziaria (gli “investitori” esteri detengono ora 652 miliardi di titoli). I consumi, invece di salire, tra gennaio e marzo sono scesi del 3,7%. Il Pil è di nuovo sceso, compreso l’export (-0,8%. Parlavano di “ripresa” e l’inizio 2014 dice che l’Italia è sempre dentro la recessione.

In poche parole abbiamo sotto gli occhi non solo la crescita del pauperismo sociale, ma il totale fallimento delle cure da cavallo mercantiliste.

Le urne non potranno che fotografare questo stato di cose, portando consensi al partito della protesta sociale e diminuendo quelli al fronte della conservazione, approfondendo la crisi di regime e forse gettando il Palazzo nel panico.

I primi ad essere consapevoli che questa sia la tendenza sono proprio le forze dominanti le quali, dopo lo tsunami elettorale del febbraio 2013, sono corse ai ripari, muovendosi su due direttrici: primo, passare di corsa ad un sistema politico compiutamente oligarchico e post-democratico, che quindi blindasse il regime dalla possibilità di una sua caduta; secondo, hanno tirato fuori e fatto scendere in campo la “grande novità”, il “rottamatore” Matteo Renzi.

Per quanto attiene alla prima direttrice, di concerto, le forze di regime, hanno escogitato una legge elettorale fascista che ha uno scopo preciso: fare fuori il Movimento 5 Stelle. Lo ammettono gli stessi Lorsignori. L’ex- Ministro della difesa Mario Mauro, a fine gennaio, nella trasmissione Porta a Porta, apertis verbis, affermò: “Non è vero che la nuova legge elettorale è contro i piccoli partiti, è una legge per far fuori un grande partito, il Movimento Cinque Stelle”. Non fosse chiaro il concetto, il viceministro alle infrastrutture Riccardo Nencini ha ribadito: “L’Italicum è nato per mettere fuori gioco M5S”.

A chi convenga una sconfitta elettorale di M5S dovrebbe essere chiaro. Se il blocco dei dominanti terrà le sua posizioni (se cioè il Pd avanzasse in modo consistente) esso si sentirà legittimato a proseguire sulla strada tracciata. Se invece avanzerà M5S e il Pd non ottenesse la vittoria campale attesa, il regime potrebbe piombare in una crisi senza uscita.

Per quanto attiene alla seconda direttrice, i dominanti hanno puntato tutto su Matteo Renzi, considerato l’ultima risorsa prima del diluvio. Partito lancia in resta convinto di stravincere, man mano che la data fatidica del 25 maggio si è avvicinata, egli è passato dalla ostentata tranquillità ad un palese nervosismo. Nel suo comizio del 14 maggio a Palermo, tra i fischi, come in altre piazze, Renzi ha affermato minaccioso: “Le prossime elezioni europee del 25 maggio sono un referendum dove si sceglie la nostra Italia o l’Italia di Grillo“.

Non si poteva esprimere meglio il senso di queste elezioni.

La sera del 21 maggio, ospite della Gruber, Renzi ha ammesso che non spera nemmeno di raggiungere i risultati che il Pd ottenne come Veltroni. Indicativo! Ma ancor più significativo è quando, a domanda sui risultati che si attende, ha affermato: “Grillo prenderà, in voti assoluti, meno dell’anno scorso. Il Pd un po’ di più di quelli che prese con Bersani”. Un ridimensionamento evidente della aspettative iniziali.

Vedremo. Di certo è ai voti assoluti che occorre fare attenzione quando si dovrà capire come saranno andate le cose. Ammesso e non concesso che vada come prevede Renzi, per lui sarà una mezza sconfitta.

E se invece, come ritengo, M5S, i voti li aumentasse? Significherebbe che i fattori oggettivi della crisi si imporranno nelle scelte di milioni di elettori, a scapito dei tentativi diabolici e cosmetici del regime. La sconfitta apparirebbe inoppugnabile. E quindi saremmo entrati in una nuova fase della crisi, col regime indebolito e le forze sociali del cambiamento più forti.