Gli imbrogli di Barbara Spinelli: sugli impegni presi, sul perché li ha traditi e perfino sul numero di preferenze che si è attribuita
Se ieri sera i ballottaggi ci hanno mostrato un’Italia meno piddina e meno renziana di quel che si voleva far credere, i quotidiani di ieri mattina ci parlavano invece delle pittoresche contorsioni di una “sinistra altreurista” che mai saprà porsi come alternativa credibile. Se Livorno è il simbolo della fragilità del successo renziano, Barbara Spinelli è quello di una “sinistra” fagocitata dal partito di Repubblica.
Della resistibile ascesa del boy scout della P2 si è già scritto. Così pure del significato della discesa in campo della signora Spinelli, figlia dell’europeista Altiero e già compagna dell’eurista Padoa Schioppa.
Il voltafaccia
Quest’ultima vicenda merita però qualche commento.
Come tutti ricorderanno, in un primo momento la Spinelli aveva dichiarato di non volersi candidare, facendo solo da “garante”. Successivamente la decisione di candidarsi, insieme all’annuncio della sua rinuncia all’eventuale seggio. Poi, con il seggio arrivato, la decisione – naturalmente “sofferta” – di andare a Strasburgo. Che in fondo non dista troppo da Parigi, dove normalmente risiede, e dove ha preso la decisione di rimangiarsi la sua parola, alla faccia degli altreuristi che si riunivano in contemporanea a Roma dopo avergli attaccato i manifesti in campagna elettorale.
Mentre questi ultimi, che sia ben chiaro si meritano questo ed altro, si ritrovavano in un’assemblea evidentemente senza capo né coda nella capitale, l’ineffabile Maltese (altro eletto che andrà a rappresentare l’altreurismo al parlamento europeo) annunciava la decisione della Spinelli dal palco di Repubblica delle Idee di Napoli. Un luogo tutt’altro che casuale.
Con questa decisione resterà fuori Sel. Chi scrive considera il partitucolo di Vendola niente di più che una corrente esterna del Pd. Potete dunque immaginarvi il dolore e la prostrazione provata nell’apprendere la notizia, peraltro già nell’aria. E tuttavia l’arroganza del partito di Repubblica va segnalata. Non perché rappresenti una qualche novità, ma per far emergere fino in fondo a quale carro si è legato il Prc, insieme ad altre frattaglie della cosiddetta “sinistra radicale” che non vogliono fare i conti con il mostro chiamato UE.
Un’arroganza facilmente rintracciabile nelle parole del giornalista di Repubblica. Volendo fare lo spiritoso antiberlusconiano, Maltese ha detto «meglio lei di Iva Zanicchi». Dichiarazione assai singolare, dato che in alternativa a Spinelli non c’era l’ex aquila di Ligonchio bensì un candidato di Sel.
Il voltafaccia di Barbara Spinelli è stato davvero clamoroso. Una prova insuperabile di serietà, coerenza, signorilità. Una roba da vergognarsi, sulla quale tacere almeno per un po’. Ed invece – dopo giorni di assoluto silenzio, come se la questione non fosse di pubblico dominio – ieri il sito del Prc ha pubblicato un commento di Paolo Ferrero. Pieno il suo sostegno a Spinelli, di cui dice tutto il bene possibile e financo quello impossibile.
Ora, a parte una domandina che sorgerebbe spontanea a chiunque – ma Ferrero si sarebbe espresso allo stesso modo se Spinelli avesse optato per la circoscrizione sud, penalizzando il Prc anziché Sel? – c’è una questione politica assai tosta: la subalternità che si profila nei confronti del partito di Repubblica.
Comprensibilmente Ferrero cerca di scansare la questione, ipotizzando che ora, da una lista costruita verticisticamente per necessità (come egli ammette), sgorghi come d’incanto una Syriza italiana costruita dal basso. Perché mai dovrebbe compiersi un simile miracolo non ci viene spiegato, ma non chiediamo troppo a chi ha passato un’intera settimana dietro i ripensamenti di Spinelli.
Qualche difficoltà con le addizioni?
Tra tutti i ridicoli argomenti utilizzati per giustificare l’ingiustificabile, ne citiamo solo uno. Nella lettera scritta dalla giornalista troviamo infatti un argomento che si commenta da solo: il voltafaccia non sarebbe opera di chi l’ha compiuto (quando mai una Spinelli potrebbe fare una simile porcheria?) bensì degli elettori. I quali, si sa, hanno sempre l’ultima parola. Che affidano, naturalmente, a chi è in diuturno contatto con loro.
Leggere per credere:
«So che molti sono delusi: il proposito espresso all’inizio di non andare al Parlamento europeo sarebbe disatteso, e questo equivarrebbe a una sorta di tradimento. Non sento tuttavia di aver tradito una promessa. I patti si perfezionano per volontà di almeno due parti e gli elettori il patto non l’hanno accettato, accordandomi oltre 78.000 preferenze».
Avete capito? Lei non avrebbe voluto, ma gli elettori l’hanno convinta!
E qui siamo ad un misto di presunzione e falsità davvero degno della revenderissima laica signora. Che il simbolo stesso della lista prendesse più preferenze degli altri candidati non dovrebbe troppo stupire chi per mestiere fa la giornalista. Chiunque al suo posto, e nelle sue condizioni, avrebbe ottenuto senza sforzo alcuno un identico risultato. Se poi ci si presenta in due circoscrizioni anziché in una, sommare le preferenze è un trucchetto un po’ ignobile da politicanti da strapazzo.
Ma visto che ci siamo occupati della somma, ci è venuto un dubbio: almeno l’addizione è giusta?
Ci siamo dunque rivolti al Ministero degli interni, laddove risultano le seguenti preferenze attribuite a Spinelli Barbara: circoscrizione Centro 36.759, circoscrizione Sud 27.955, totale 64.714. Da dove siano saltate fuori le 78.000 preferenze indicate dalla stessa non lo sappiamo. Che ci sia un errore del Ministero? Che un membro della famiglia Spinelli abbia qualche difficoltà con le quattro operazioni? Che sia semplicemente in malafede? Davanti ad ipotesi così politicamente scorrette ci ritraiamo con pudore, tanto ognuno potrà rispondersi da solo.
Però, già che sul sito del Ministero siamo andati, togliamoci qualche altra soddisfazione. Siccome sembra che tutti l’abbiano votata, vediamo in che misura l’hanno fatto davvero. Le 64.714 preferenze sono state ottenute in due circoscrizioni in cui la Lista Tsipras ha avuto un totale di 506.908 voti. Dunque ha votato Spinelli, pur disponendo di ben tre preferenze, solo il 12,76% degli elettori della lista. Non ci sembra un granché.
Ma, si dirà, è pur sempre arrivata prima. Vero, ma di quanto? Nella circoscrizione Centro dietro le 36mila preferenze accordate a Spinelli, il secondo è stato Furfaro (23mila), il terzo Amato (18mila). Questo invece l’ordine d’arrivo al Sud: Spinelli 27mila, Forenza 22mila, Cataldo 21mila, Riccio 20mila. Come si vede, distacchi assai limitati rispetto a candidati assai meno conosciuti. Se una chiamata divina è davvero arrivata in quel di Parigi essa non è partita certo dal Dio elettore.
Una “sinistra” altreurista?
Forse qualcuno penserà che mi sia dedicato troppo a questi aspetti un po’ folcloristici. Giusto, è ora il momento di arrivare alle conclusioni politiche. Il fatto è che non sopporto la disonestà intellettuale e detesto le oligarchie, ancora di più quelle di “sinistra”. Ed è questo che rappresenta Barbara Spinelli, anche se certi “antagonisti” allo sbando, ma pur sempre al traino, non lo capiranno mai.
Fin dall’inizio denunciammo il senso dell’«operazione Spinelli» come un’operazione sistemica (vedi ad esempio L’Opa di Natale della signora Spinelli). Ora che la frittata è fatta, che il partito di Repubblica ha preso il sopravvento, e non solo nella composizione della delegazione a tre che siederà a Strasburgo, è chiaro che avevamo visto giusto.
Scrivevamo a dicembre:
«La sua Opa è l’offerta d’acquisto, che più pubblica di così non si può, di una posizione critica sull’Europa, sui trattati, sull’attuale direzione politica e sulla sua linea austeritaria. Una posizione critica che si vuole normalizzare a tutti i costi, principalmente per una ragione. Quella di impedire la nascita di un polo sovranista di sinistra. L’obiettivo è duplice: indebolire la lotta contro la gabbia dell’euro, delimitare nel campo della destra le forze che si oppongono alla moneta unica.
Senza dubbio la debole posizione rappresentata da Tsipras, a dispetto dell’ampio consenso ottenuto in Grecia, è un varco nel quale operazioni come quella di Spinelli possono provare ad inserirsi. Nella crisi le élite non stanno ferme. Ed anche uno spazio come quello rappresentato dalla Sinistra Europea va in qualche maniera presidiato».
Ora qualcuno ci accuserà di esagerare, che in fondo le europee sono passate, che presto tornerà fuori lo spirito militante. Non ci crediamo proprio. La vittoria del partito di Repubblica è avvenuta anzitutto sui contenuti. In Italia la Lista Tsipras è stata la lista del «più Europa», dell’Europa federale di cui Spinelli parla anche nell’ultima lettera. Vittoria culturale piena, vittoria politica garantita.
Ma, dirà qualcun altro, se così stanno le cose perché penalizzare Sel, formazione eurista al pari del Pd? Per prendere i classici due piccioni con una fava. Da un lato, anche grazie all’asse con Tsipras, ci si garantisce l’appoggio rifondarolo. Dall’altro, con lo sgarbo a Furfaro (esponente della componente di Sel meno subalterna al Pd), si sospinge il partito di Vendola nelle braccia di Renzi, smantellando di fatto ogni ipotesi di strutturazione della Lista Tsipras in vero soggetto politico.
Soggetto che se nascerà non potrà comunque prescindere dai «garanti» che si sono messi in testa al carrozzone, tantomeno da colei che è felicemente passata dal ruolo di «garante» a quello di garantita.
Potrà avere successo un simile progetto? Ci auguriamo proprio di no.
Il suo scopo è quello di ancorare la cosiddetta “sinistra radicale” in un ambito protestatario e rivendicativo, magari rumoroso ma politicamente sterile ed ininfluente. Ininfluente non per i numeri, che possono sempre cambiare, ma per la sua natura altreurista, quella cioè di ruota di scorta del blocco dominante che ha nel sistema euro il suo punto decisivo.
Volete una prova di quanto detto? Giorni fa, in vista della manifestazione di apertura del controsemestre europeo, che si terrà a Roma il prossimo 28 giugno, la segreteria del Prc ha chiesto (e purtroppo ottenuto, certo non da noi) che si cancellasse dall’appello ogni riferimento critico alle istituzioni dell’Unione Europea. Vi sembra poco?
Di fronte ad un’impostazione del genere il discorso è chiaro: o noi, o loro. Dove per “noi” si intende l’insieme di forze che hanno preso a muoversi per arrivare alla costruzione di un soggetto politico che sappia unire la questione di classe con quella nazionale.
Questo è il punto. Il problema non è quello di un seggio in più o in meno nel parlamento di Strasburgo. Il problema è il futuro della sinistra in Italia.
E l’alternativa è chiara: o con le oligarchie euriste, sia pure nella critica dell’austerità e dei sacrifici, a fare il controcanto nel coro del blocco dominante; o con una sinistra sovranista che sappia parlare alle grandi masse in maniera non minoritaria, per la conquista del governo del Paese.
Ho ricordato all’inizio il segnale che ci giunge da Livorno. Solo chi saprà guardare in quella direzione – non minoritaria e non identitaria – potrà giocare la partita dei prossimi anni. Anni in cui il nodo sarà sempre più l’Europa (per i precisini l’UE): un mostro da sconfiggere e disintegrare nell’interesse dei popoli che vi abitano. Altro che Altra Europa!