Domenica 15 giugno si è svolto in Colombia il ballottaggio delle elezioni presidenziali, il cui esito è stato la rielezione di Juan Manuel “Jena” Santos al Palazzo di Nariño.

Óscar Iván Zuluaga, sostenuto dalla coalizione uribista dall’improbabile nome “Centro democrático – mano firme corazón grande”, ha riconosciuto la vittoria del suo avversario, attestandosi al 45% dei consensi, contro il 50,95% di Santos, sostenuto dalla coalizione di Unidad Nacional.

Il vero vincitore quantitativo delle elezioni, anche stavolta, è l’astensionismo; ha votato meno del 48% degli aventi diritto, cui va tolto un ulteriore 4% di voti in bianco. Durante tutta la campagna elettorale i media di regime si sono affannati a ripetere l’assunto che nell’eleggere Zuluaga o Santos si sceglieva fra Guerra e Pace, cosa che è, con tutta evidenza, assolutamente falsa.

In primo luogo perché i risultati elettorali c’entrano poco o nulla con la volontà popolare, che si presume sovrana. D’altronde, dell’illegittimità delle elezioni in Colombia, dice molto l’infinita serie di scandali che le caratterizza: brogli, voto di scambio, voto estorto, campagne finanziate da paramilitari, intercettazioni illegali e chi più ne ha più ne metta.

In secondo luogo, non tanto perché il candidato uribista Zuluaga non sia per la guerra, dato che in effetti risponde agli interessi della più ottusa, reazionaria e criminale oligarchia latifondista, quanto perché parlare di “Jena” Santos, già ministro della Guerra di Uribe, come uomo della Pace è cosa a dir poco ridicola. Santos non ha nemmeno accettato il cessate il fuoco bilaterale proposto (e realizzato unilateralmente a più riprese) dall’insorgenza.

Ciò detto, Santos si è imposto non per l’efficacia delle sue politiche socio-economiche, rigorosamente neoliberiste, o per il consenso costruito attorno alla sua figura, comunque logora. Santos ha vinto perché, a differenza di Zuluaga, ha promesso di portare avanti i dialoghi dell’Avana, vero baricentro del presente e del futuro prossimo del popolo colombiano.

Dai risultati elettorali si può estrarre un altro dato significativo, concernente i rapporti di forza interni all’oligarchia; l’impressione è che Santos, per l’ennesima volta, si trovi al comando in una situazione di debolezza, che riflette le contraddizioni interne della sua classe di riferimento.

I fatti dimostrano che occorre disarticolare lo stato fascista colombiano: finché questo compito non sarà portato a termine, la presunta “democrazia” colombiana non potrà mai esprimere elezioni legittime.

da Associazione nazionale Nuova Colombia