A proposito di un editoriale di Angelo Panebianco

Il prof. Panebianco è un liberista a tutto tondo. E come tutti i liberisti porta con sé parecchie contraddizioni. Una di queste, forse la più clamorosa, sta nel fatto che quelli come lui hanno un’ossessione sia per le tasse che per il debito pubblico. Vorrebbero ridurre le prime, nello stesso tempo in cui si prefiggono di tagliare il secondo. Come chiunque può ben capire, un po’ troppo anche per dei propagandisti ben retribuiti del verbo mercatista.

Questa contraddizione, grande come un macigno perfino in tempi ordinari, diventa grossa come una montagna in tempi come questi. Certo il prof. non è l’unico ad infischiarsene allegramente, a far finta che non ci siano problemi. Lorsignori stanno dalla parte vincente, da quella del pensiero unico dominante. Mica devono chiedersi se per caso c’è qualche falla nel loro ragionamento. A loro basta l’ideologia liberista, anche se naturalmente sono i primi a dire che “le ideologie sono tutte morte”.

Nell’editoriale pubblicato domenica scorsa sul Corriere della Sera, Panebianco prende in esame le prospettive del renzismo. A Renzi concede di essere il «Blair italiano», per lui un punto di merito senza precedenti, vista «la sua comprovata capacità di sfidare alcune convenzioni, tic e luoghi comuni della sinistra». Il Nostro parla del rapporto con i sindacati, ma è evidente che si riferisce all’attacco ai diritti di lavoratori, altro che tic e luoghi comuni! Fin qui, dunque, Renzi piace tantissimo al professore.

Ma, si sa, a quelli come lui mica può bastargli. Ecco allora la sua critica. Secondo l’editorialista del Corsera, Renzi avrebbe colpito certi luoghi comuni ma non altri. E, per l’esattezza, ne individua due: l’immigrazione e le tasse.

In questa sede concentriamoci solo sul secondo «luogo comune» dello pseudo-ragionamento del Panebianco. Il nodo delle tasse è infatti un punto assai dolente delle argomentazioni degli euro-liberisti, che merita di essere portato alla luce in tutta la sua evidenza.

Nel suo articolo, il prof. non cita mai l’Europa, i suoi vincoli, la sua struttura, il suo orientamento, le sue regole, i suoi trattati. Tutto ciò è come se non ci fosse. C’è invece un’eterna lotta tra il bene e il male, laddove il male sarebbe rappresentato da una specie di «sinistra delle tasse». Formula che riecheggia i ventennali comizi di un signore che sulle tasse, e soprattutto su come evaderle, in effetti una certa esperienza l’ha maturata.

Ora, però, chi scrive non è affatto un sinistrato accecato dall’antiberlusconismo. E dunque non gli è difficile concedere a Panebianco che quella che lui intende come «sinistra delle tasse» esiste davvero. Solo che non ha niente di «sinistra», trattandosi piuttosto di un blocco politico eurista e liberista quanto Panebianco. Se così viene ancora qualificato è solo per una convenzione linguistica, per altro molto utile nel teatrino bipartisan con il quale ci si ingegna a turlupinare a più non posso i creduloni.

Panebianco si tranquillizzi, dunque. Renzi è un liberista come lui, solo che deve governare. E deve farlo nel contesto europeo. Panebianco intende mettere in discussione l’Unione Europea? Bene, lo faccia. Anzi, lo scriva. In caso contrario, per favore, taccia.

Rendendosi conto della contraddizione da cui siamo partiti, ecco come il prof. cerca penosamente di aggirarla: «Ufficialmente le tasse non possono scendere perché non lo permettono i conti dello Stato. È così solo in parte. Le tasse non possono scendere anche per ragioni ideologiche o culturali».

«Ufficialmente»? Sì, solo ufficialmente, perché «è così solo in parte». Quanta parte, professore? Non si sa, ma si sa per fortuna dove sta il male: nelle «ragioni ideologiche o culturali» della «sinistra». Boom! Boom! Triplo boom! E chi sarebbe l’alfiere di questa «sinistra»? Ovviamente Matteo Renzi. E qui Panebianco oltre a sfidare il senso del ridicolo rischia anche due querele per diffamazione: una da Renzi e l’altra, se esistesse politicamente, dalla sinistra.

Ora vi chiederete, ma perché sprecare tanto inchiostro per questo ridicolo “argomentare” del professore? Per una ragione, solo per una: per evidenziare come le contraddizioni in cui si dibatte Panebianco sono le stesse che finiranno per stritolare Renzi.

Pensare di rilanciare l’economia con una politica draconiana di tagli alla spesa pubblica, unico modo per poter anche solo ipotizzare una riduzione delle tasse, è un’emerita stupidaggine. Non lo diciamo noi, lo dicono i fatti, e per la verità anche l’insospettabile Fondo Monetario Internazionale. Se fosse come dicono i liberisti, il governo Monti avrebbe avuto il Nobel all’economia. Invece a Stoccolma fanno finta di non averlo mai neppure conosciuto, il Monti.

Ma lasciamo stare, perché alla fine il punto fondamentale è ancora un altro. E si chiama Europa. Quell’Europa che l’editorialista non cita e che Renzi cerca senza successo di esorcizzare.

Ammettiamo pure per un attimo che Matteo Renzi sia un tardo social-comunista del ventesimo secolo, timorato del proletariato oltre che di Denis Verdini, ma ci vuole spiegare il Panebianco come mai nello stesso vicolo cieco venne a trovarsi anni fa un certo Silvio Berlusconi? Di certo, egli non aveva i «tabù culturali della sinistra». Ma guarda caso il risultato fu lo stesso: tante chiacchiere sulla riduzione delle tasse, tanti provvedimenti per aumentarle. Che proprio l’euro e l’Europa non c’entrino nulla con tutto ciò?

Finirà così anche questa volta. Ma finirebbe nello stesso modo anche se al Ministero dell’Economia vi fosse Panebianco. Del quale non condividiamo nulla, meno che mai la sua idea di redistribuzione del reddito verso l’alto.

Ma il punto che qui ci interessa è un altro. Quel che Panebianco ci dimostra è in quale ginepraio si aggiri lo stesso blocco dominante: con le oligarchie euriste per interesse, ma anche per codardia; ad agitare la bandiera anti-tasse solo per ragioni propagandistiche, senza alcuna proposta minimamente credibile.

Insomma, in un certo senso sono davvero tempi duri per tutti. Anche per questi pappagalli del «libero mercato», delle «liberalizzazioni», delle «privatizzazioni» e dei «tagli». Che però, guarda caso, non bastano mai. Altro che «tic» della sinistra! Qui è la strana figura dell’eurista anti-tasse a non stare in piedi, anche se Angelo Panebianco continuerà di certo a fare finta di non rendersene conto.