L’appoggio di Obama ai criminali sionisti

Alla fine Israele ha deciso di non accontentarsi dei raid aerei. Le centinaia di morti e le migliaia di feriti provocati dai bombardamenti di questi giorni evidentemente non potevano bastare a Netanyahu. Dalla notte scorsa è iniziato anche l’attacco terrestre. Un attacco che forse non avrà le dimensioni del 2008-2009, ma che i media israeliani prevedono possa durare una decina di giorni.

Il momento di inizio di questa nuova azione criminale del governo sionista non è probabilmente casuale: l’attacco è infatti scattato poche ore dopo l’abbattimento dell’aereo di linea della Malaysia Airlines nei cieli dell’Ucraina orientale. In questo modo la gravità della nuova iniziativa israeliana è stata messa parzialmente in ombra da quanto accaduto nel Donbass.

Lo scopo dichiarato dal governo di Tel Aviv è quello di “distruggere i tunnel”. E ancora una volta è giunto un sostanziale sostegno dall’occidente. Se il Consiglio Europeo, pur manifestando ipocritamente la sua “preoccupazione”, ha ribadito il “Diritto di Israele di difendere la sua popolazione”, ancora più netto l’appoggio di Obama, secondo cui: “Nessuna nazione potrebbe accettare che si sparino razzi entro i suoi confini”.

Certo, nessuna nazione vorrebbe veder arrivare razzi sul proprio territorio. Tra queste nazioni, siamo sicuri che neppure l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, la Jugoslavia li desideravano. Eppure li hanno dovuti subire, erano cento volte più potenti dei razzi di Hamas ed erano tutti targati USA ed alleati. Ed il bello è che quando queste nazioni, questi popoli, si sono ribellati ad una simile violenza sono stati sempre etichettati come “terroristi”.

Ma lasciamo perdere queste “piccole” contraddizioni argomentative del presidente americano. C’è in effetti una questione ancora più grande. Una nazione ha certo il diritto di difendersi se attaccata, ma può pretendere che chi è vittima della sua pluridecennale oppressione rinunci alla lotta? Non esiste forse da sempre un diritto di resistenza, tanto più grande quanto è grande la sopraffazione subita?

Sarebbe ovviamente ridicolo rivolgere queste domande ad Obama, cioè al capo della superpotenza imperialista americana. Ma siccome la forza dell’imperialismo è anche nella sua capacità di costruire egemonia culturale, le rivolgiamo invece a tutti quanti hanno supinamente accettato questa visione imperiale, che nega ai popoli ogni speranza, ogni diritto, ogni arma per la propria liberazione.

Quello che le belve israeliane vogliono è esattamente questo: la resa del popolo palestinese. I razzi che partono da Gaza hanno purtroppo una potenza ed un’efficacia assai limitata. Non è la loro pericolosità materiale ad impensierire Israele, quanto piuttosto il loro valore simbolico. Essi ci dicono che la lotta continua, che la resa che i sionisti non hanno ottenuto in tanti anni non l’avranno mai neppure in futuro.

Le hanno provate di tutte: dalla distruzione delle case e dei villaggi alla costruzione del muro; dall’oppressione quotidiana alla repressione aperta; dall’edificazione del lager di Gaza al suo periodico bombardamento. Le hanno provate di tutte per fiaccare un intero popolo, per spingerlo all’esilio ed alla rinuncia della lotta. Non ci sono riusciti. Ma la logica sionista non prevede una politica diversa  da quella del genocidio quotidiano. Ecco perché siamo ora arrivati all’attacco terrestre.

Il sionismo è fatto così. Non potendo neppure prendere in considerazione, anche a causa della sua natura intrinsecamente razzista, ogni ipotesi diversa dalla sua espansione e dal suo dominio, esso – per sopravvivere – è costretto alla pura e semplice “coazione a ripetere”. Per l’esattezza, quella del serial killer. Un serial killer applaudito, sia pure con qualche ipocrita remora, da un Nobel per la pace e dai suoi vassalli europei. Così va il mondo, così vorrebbero che andasse. Ma che si scordino la resa del popolo palestinese!